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Le buste paga negli USA? Cadranno. A quel punto perché la FED dovrebbe continuare con la politica restrittiva?

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WASHINGTON, DC – MAY 19: A gold plated seal outside inside the Eccles Building, the place of the Board of Governors of the Federal Reserve System and of the Federal Open Market Committee, May 19, 2016 in Washington, DC. (Photo by Brooks Kraft/ Getty Images)

 

La FED guida la propria politica monetaria su due fattori: inflazione e occupazione. Ancora recentmente il numero di buste paga negli USA, uno degli indicatori cardine dell’occupazione, è stato positivo, anzi perfino superiore alle attese, come potete vedere dal grafico sottostante:

Questa situazione però non andrà avanti a lungo.  Yuri Seliger, stratega del credito di BofA ha scritto che, sebbene i dati sui salari di settembre siano buoni “dovremmo iniziare a vedere presto un rallentamento dei posti di lavoro”.

E a differenza di altre banche che continuano a fingere che gli Stati Uniti possano magicamente evitare una recessione con mutui al 7%, tassi di credito record e tassi di risparmio quasi da record, lo stratega di BofA (il cui datore di lavoro ha recentemente previsto una recessione come ipotesi di base) ha scritto che gli economisti della banca prevedono che le buste paga scenderanno a circa la metà del ritmo nel 4° trimestre rispetto al 3° trimestre e poi diventeranno negative nel 1° trimestre del 2023, dove rimarranno fino alla fine dell’anno.

Se inizia a calare il numero delle buste paga e soprattutto le condizioni finanziarie risulteranno troppo restrittive e peseranno sull’economia, perché la FED dovrebbe proseguire con la propria politica restrittiva? Un cambiamento di rotta non sarebbe forse più sufficiente a evitare la recessione, ma potrebbe limitarne le conseguenze.

 

 

 

 


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