Analisi e studi
La tempesta perfetta (di Paolo Becchi)
Troppo occupati dai problemi di casa nostra non vediamo quello che accade al di là delle nostra mura, eppure ci sono segnali preoccupanti che stanno indicando un cambiamento globale. Il mondo intero sta andando a passi lenti verso una nuova crisi senza precedenti, e senza che neppure sia stata ancora, per lo meno in Italia, metabolizzata quella precedente, una crisi che sarà più catastrofica e devastante di quella iniziata nel 2007, e questa volta forse avrà il suo epicentro proprio in Europa.
I segnali di un collasso tedesco sono evidenti da tempo, anche se i dati economici reali sono di questi ultimi mesi con la contrazione delle espotazioni (-3,4%) e della produzione industriale (-1,9%). Deutsche Bank, la più importante banca tedesca, quella che – vale la pena ricordarlo – ha speculato sullo spread tra il 2010 e il 2011 per far cadere l’ultimo governo Berlusconi, è da tempo al centro di scandali internazionali con vere e proprie operazioni di riciclaggio di denaro sporco per centinaia di miliardi di dollari, è inoltre stracolma di titoli tossici, esposta con oltre 48 mila miliardi di euro in derivati (più o meno 27 volte il PIL dell’Italia), e in più ha circa 6 miliardi di debiti dichiarati. Vi ricordate il crac di Lehmann Brothers e le sue conseguenze, ecco la banca tedesca può esplodere da un momento all’altro. Non è un caso che l’agenzia di rating Fitch abbia in questi giorni tagliato il rating della banca a BBB, e non escluda un rating ancora inferiore, anche se la notizia in Italia è passata quasi inosservata. Tutto ciò avviene in un quadro internazionale preoccupante. Non c’è solo la „guerra delle tariffe“ tra Cina e Usa, tra Germania e Usa è in atto da tempo una guerra commerciale e Trump ha un bersaglio molto facile da colpire se vuole far saltare la Germania. Ma c’è anche un altro problema di natura globale e non solo in Europa. Concentriamoci sulla crisi del debito, di cui oggi tanto si parla.
Una volta la cosa riguardava la Grecia, dopo aver ridotto quel Paese ad una colonia, ora tocca (o dovrebbe toccare) all’Italia. Eppure a livello globale il debito greco è del tutto irrilevante. E lo stesso può dirsi anche per il nostro debito. Il vero problema, di cui poco si parla, è semmai il debito globale. Il debito mondiale pubblico e privato, nel primo trimestre del 2018 è aumentato di 8 mila miliardi di dollari raggiungendo la cifra di 247mila miliardi di dollari. Questa cifra rappresenta il 318 % del PIL delle economie industrializzate. E dal 2007 la combinazione di debito pubblico e privato è aumentata del 36%. A differenza che in passato, inoltre, ora anche le economie emergenti, con il rafforzamento del dollaro e il crollo del prezzo del petrolio, stanno accumulando debiti elevati.
Questi alti livelli di debito globale sono stati fomentati da anni di denaro a basso costo, o per meglio dire a costo zero, fornito dalla Federal Reserve, poi anche dalla BCE e dalla Bank of England e ora persino dalla Banca centrale cinese.
Si è cercato di affrontare i mali dell’economia planetaria con l’esclusivo strumento della politica monetaria, e il risultato è disastroso: i mercati finanziari sono ora eccessivamente dipendenti dalla politica monetaria delle Banche centrali. L’eccesso di credito, lungi dal rilanciare l’economia reale, sta aprendo la strada ad una nuova fase recessiva, una stagnazione globale: i mercati sono stati drogati da flussi di liquidità che invece di alimentare l’economia reale non hanno fatto altro che incrementare la speculazione finanziaria e aumentare l’indebitamento planetario a livelli ormai insostenibili.
Un eccesso di liquidità e di credito/debito in assenza di una effettiva crescita porterà ad una situazione in cui quei debiti/crediti non riusciranno più ad essere esigili. Iniettando sempre più liquidità nei mercati i governatori delle Banche centrali credono come Billy Tyne, capitano della Andrea Gail, di aver ottenuto il risultato sperato, e non si accorgono che dietro alla calma apparente si sta preparando „la tempesta perfetta“. Le regole del libero mercato impediscono che il denaro arrivi ai governi che dovrebbero spederlo per soddisfare i bisogni dei propri cittadini. Il denaro passa così, ad esempio nell’ Unione europea, dalla BCE ai forzieri delle banche che invece di immetterlo nel circuito dell’economia reale acquistano altri titoli per rivederli a loro volta alla BCE, incassando sicuri dividendi. E così non fanno altro che autoalimentare una bolla speculativa destinata inevitabilmente a scoppiare. Il „libero mercato“, abbandonato a se stesso, porta evidentemente alla sua distruzione.
Altro che uscita dalla crisi: ne stiamo preparando una nuova, dalle proporzioni globali sinora mai viste. Altro che uscita dal tunnel. Stiamo passando da una galleria all’altra, senza neppure in Italia aver visto la luce. L’inflazione resta ancora debole e il dollaro forte: La FED, come la BCE del resto, sta in realtà soltanto comprando ulteriore tempo. Una ritira fuori il suo bazooka e rilancia il Quantitative Easing, l’altra ribadisce che taglierà ulteriormente i tassi. Difficile pensare che questi strumenti – sino ad oggi fallimentari – ci porteranno fuori dalla crisi. Draghi uscirà presto di scena, e sarà lodato da tutti, in realtà, se ci pensate bene, nei suoi otto anni di presidenza non è cambiato assolutamente nulla. Ogni tanto ci vogliono soltanto illudere con un po’ di sole, ma d’improvviso un’onda enorme rovescerà la nave. Fuor di metafora Il cambio ciclico è ormai alla porte e prima o poi saranno cazzi amari per tutti.
Un vecchio saggio direbbe: non se ne esce pompando nuovo denaro, ma probabilmente trovando qualcosa di meglio del denaro. Il problema però è che la nostra civiltà è costruita proprio sul denaro. E non se vedono di nuove all’orizzonte. E allora che fare? Forse si potrebbe cominciare a pensare, come ai vecchi tempi, ad un bel Giubileo del debito globale.
Paolo Becchi
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