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Cultura

La “Rivoluzione dei Taş Tepeler”: Quando l’Uomo inventò le istituzioni (Prima del Granaio)

Scoperte in Turchia ribaltano la storia: non fu l’agricoltura a creare la civiltà, ma la necessità di “istituzioni” sociali. I misteri di Karahantepe e dei templi sepolti volontariamente svelano una società complessa millenni prima del previsto.

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La provincia di Şanlıurfa, nel sud-est della Turchia, si estende oggi come un altopiano semi-arido ai piedi dei monti Tauro. È una terra di contrasti, dove estati torride e inverni miti con scarse piogge sostengono a malapena le coltivazioni di pistacchi – il locale “oro verde” – e dove la fauna selvatica lotta contro bracconaggio ed espansione urbana. Eppure, se potessimo riavvolgere il nastro della storia di circa 11.000 anni, ci troveremmo di fronte a uno scenario radicalmente diverso: foreste lussureggianti, fiumi ricchi di vita e una biodiversità tale da liberare l’uomo dalla schiavitù della ricerca quotidiana di cibo.

È qui, in questa regione nota come Taş Tepeler (le Colline di Pietra), che l’archeologia sta riscrivendo i manuali di storia, smontando un dogma che credevamo intoccabile: l’idea che l’agricoltura sia nata prima della civiltà stanziale. Al contrario, sembra che l’uomo abbia prima imparato a organizzarsi, a costruire “il pubblico”, e solo dopo abbia sentito la necessità di addomesticare la terra. Una lezione di pianificazione sociale che, forse, ha qualcosa da insegnare anche agli economisti moderni.

Il surplus della natura e la nascita dell’arte

Più di 11.000 anni fa, durante il Neolitico pre-ceramico (circa 12.000-10.200 anni fa), l’abbondanza di risorse naturali in questa parte dell’Anatolia permise ai cacciatori-raccoglitori di fare qualcosa di impensabile per i loro vicini del sud più arido: fermarsi. Come nota l’archeologo Mehmet Özdoğan, questo ambiente fertile liberò le comunità dalle mere preoccupazioni dietetiche. In termini economici, si creò un surplus di tempo ed energia. E come spesso accade quando una società supera la soglia della sussistenza, questo surplus fu investito in due settori chiave: l’architettura monumentale e l’arte.

Gli scavi degli ultimi decenni hanno portato alla luce oltre 20 siti, tra cui spiccano:

  • Nevalı Çori: I primi esempi di architettura monumentale (ora sommersi dalla diga di Atatürk).
  • Göbeklitepe: Il celebre sito scoperto negli anni ’90, con i suoi pilastri a T.
  • Sayburç e Karahantepe: Le scoperte più recenti che stanno offrendo dettagli narrativi senza precedenti.

Non stiamo parlando di semplici rifugi, ma di strutture pubbliche complesse, con panche di pietra decorate, sculture di esseri umani e animali predatori. È l’evidenza di una “spesa pubblica” ante litteram, volta a creare coesione sociale.

Ritrovamenti a Karaham Tepe

Il primo “storytelling” della storia

Se pensate che la propaganda o la narrazione visiva siano invenzioni moderne, il sito di Sayburç vi farà ricredere. Nel 2021, l’archeologa Eylem Özdoğan ha portato alla luce un rilievo scolpito su una panca di pietra che rappresenta la più dettagliata “storia” neolitica mai trovata.

La scena è vivida:

  1. Un uomo che impugna un sonaglio o una fionda, con sei dita sulla mano sinistra.
  2. Un secondo uomo che si tiene il fallo, circondato da leopardi.
  3. Un toro in rilievo.

Non sono immagini casuali. La loro disposizione suggerisce una progressione temporale, una narrazione condivisa che serviva a legare la comunità. Douglas Baird, dell’Università di Liverpool, sottolinea un punto fondamentale: questi edifici rappresentano nuove istituzioni sociali. In assenza di uno stato centralizzato come lo intendiamo oggi, queste strutture erano il collante che teneva uniti segmenti diversi della comunità per uno scopo comune.

Karahantepe: Ingegneria sociale e rituali complessi

A circa 30 miglia da Göbeklitepe, il sito di Karahantepe offre una visione ancora più complessa di questa società. Esteso su 25 acri, il sito presenta una chiara zonizzazione urbanistica (un concetto incredibilmente avanzato per l’epoca), divisa tra aree residenziali e “strutture speciali”.

Tra queste, la Struttura AB è particolarmente affascinante e inquietante. Si tratta di uno spazio ovale scavato nella roccia, contenente 10 pilastri fallici e una testa umana scolpita che emerge dalla parete, forse con un corpo di serpente.

La struttra AB con il motivo a forma di serpente

Necmi Karul, che guida gli scavi, suggerisce che questi spazi fossero legati a riti di iniziazione. L’ingresso e l’uscita contrapposti indicano un percorso obbligato, un rituale di passaggio. È interessante notare l’assenza quasi totale di figure femminili e la predominanza di simboli di potere maschile e violenza (animali feroci, trappole per la caccia su larga scala). Questo suggerisce una società gerarchica e fortemente organizzata, capace di coordinare non solo la costruzione di monumenti, ma anche battute di caccia complesse che richiedevano la gestione di grandi gruppi di persone.

Il mistero della “rottamazione” dei templi

Qui arriviamo all’aspetto forse più sconcertante per la mentalità moderna, ossessionata dalla conservazione del patrimonio. Queste magnifiche strutture, costate immane fatica, non venivano abbandonate per decadenza, ma intenzionalmente sepolte.

La struttura AB intenzionalmente sepolta

A Karahantepe, la Struttura AB è stata riempita con cura. Sul fondo è stato posato uno strato di “suolo sterile” (privo di reperti, portato da altrove), quasi a voler sigillare puramente l’ambiente, seguito da pietre e detriti. Perché investire capitale umano e risorse per costruire qualcosa destinato a essere cancellato? Le ipotesi sono diverse:

  • Rituale di chiusura: La fine del ciclo di vita dell’edificio (o della generazione che lo ha costruito) richiedeva una sepoltura, simile a quella umana.
  • Rinnovamento: Sigillare il vecchio per permettere il nuovo, mantenendo però la memoria del luogo (infatti, non si costruiva mai sopra le strutture sepolte, ma accanto).
  • Occultamento: La volontà di nascondere conoscenze o rituali.

Anche le statue venivano spesso “uccise” ritualmente, con nasi e bocche deliberatamente danneggiati prima di essere deposte. È un comportamento che denota una concezione del manufatto non come oggetto inerte, ma come entità viva, dotata di un potere che doveva essere neutralizzato o terminato.

Statue abbattute e lasciate nel luogo in cui si trovavano

Conclusioni: L’organizzazione precede la produzione

Le scoperte dei Taş Tepeler ci costringono a rivedere la nostra teoria dello sviluppo economico e sociale. Per decenni abbiamo pensato: l’agricoltura crea surplus -> il surplus permette la sedentarietà -> la sedentarietà crea la civiltà complessa. La realtà che emerge dalla Turchia inverte i fattori: l’organizzazione sociale e rituale complessa crea la sedentarietà -> la necessità di mantenere queste grandi comunità stanziali spinge verso l’invenzione dell’agricoltura.

Come nota Lee Clare dell’Istituto Archeologico Germanico, questa regione è un laboratorio perfetto che copre l’intero Neolitico. Ciò che vediamo è una società che, in tempi brevissimi, ha compiuto un salto quantico nell’organizzazione, passando da bande nomadi a costruttori di cattedrali di pietra. Forse, la vera “rivoluzione” non fu piantare il primo chicco di grano, ma convincere centinaia di persone a collaborare per erigere un pilastro di pietra verso il cielo, per un motivo che non fosse la semplice sopravvivenza. Un promemoria utile: le istituzioni e la cultura condivisa sono le vere fondamenta su cui si poggia l’economia, non viceversa.

Oggetto neolitico trovato in loco


Domande e risposte

Perché gli abitanti del Neolitico seppellivano intenzionalmente le loro costruzioni?

Non esiste una risposta certa, ma l’ipotesi prevalente è rituale. Non si trattava di discariche, ma di una chiusura formale del ciclo vitale dell’edificio. Gli archeologi hanno trovato “suolo sterile” (pulito) alla base del riempimento e oggetti posizionati con cura, talvolta “uccisi” (danneggiati intenzionalmente). Questo suggerisce che l’edificio, una volta esaurita la sua funzione sociale o rituale, doveva essere “sepolto” come un essere vivente, preservandone la memoria ma impedendone l’uso futuro. Un investimento a perdere, diremmo oggi, ma fondamentale per la loro coesione sociale.

Queste popolazioni erano già agricoltori quando costruirono Göbeklitepe e Karahantepe?

Sorprendentemente, no. Nelle fasi iniziali, queste popolazioni erano ancora cacciatori-raccoglitori. La ricchezza dell’ambiente (foreste, selvaggina abbondante) permetteva loro di essere stanziali senza coltivare la terra. L’agricoltura e l’allevamento si svilupparono successivamente, probabilmente come risposta alla necessità di nutrire comunità sempre più grandi che si erano stabilite per motivi sociali e rituali. È la prova che la città (o il villaggio complesso) è nata prima della fattoria.

Che tipo di organizzazione sociale suggeriscono questi ritrovamenti?

Indicano una società gerarchica e altamente organizzata, molto più complessa di quanto si pensasse per l’epoca. La costruzione di monumenti megalitici, la gestione di grandi trappole per la caccia e la zonizzazione degli insediamenti richiedevano una pianificazione collettiva, una suddivisione del lavoro e probabilmente una leadership definita. L’esistenza di edifici pubblici (“istituzioni”) suggerisce che diverse famiglie o clan si riunivano per prendere decisioni comuni o celebrare riti condivisi, superando la semplice organizzazione familiare.

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