Attualità
La risposta al problema corruzione? L’opposto di quanto dicono: via i privati dal settore pubblico.
La corruzione non ha nulla a che vedere con la crisi economica. Ne abbiamo parlato a più riprese qui su SE (leggi qui) ne ho parlato direttamente io più volte (leggi qui) e ne ha parlato molto spesso anche il Presidente della V Sez. del Consiglio di Stato, Dott. Luciano Barra Caracciolo (leggi qui).
Premesso questo sentiamo continuamente inveire contro la corruzione ma accompagnamo questa cantilena al mantra delle privatizzazioni quale soluzione di ogni male. Tuttavia è evidente, empiricamente evidente, che più il settore pubblico si mischia con il privato e più la corruzione aumenta. Quando il pubblico si interfaccia al pubblico per definizione non può esserci corruzione. È impossibile.
Peraltro se il privato è disposto a pagare una tangente per avere un appalto, privatizzare comporta semplicemente che chi voleva corrompere si troverà ad aver vinto in partenza ottenendo il controllo di quel mercato che desiderava. Il problema è che ci sono mercati che, secondo il modello economico sposato dalla nostra Costituzione, debbono essere sottratti alla logica del profitto poiché di interesse pubblico. Acqua, energia, sicurezza, salute, istruzione, informazione, welfare, giustizia, infrastrutture, credito sono tutti settori di preminente interesse pubblico.
Rammento poi che la spesa pubblica è fondamentale per l’economia poiché è il modo con cui il denaro viene immesso in circolazione dallo Stato. La moneta non cresce nei campi. Qualcuno la deve immettere in circolazione creandola fisicamente dal nulla. La spesa pubblica deve rappresentare il target della quantità di moneta che si vuole immettere in circolazione ogni anno. Per massimizzare l’efficacia della moneta emessa occorre che essa circoli il più possibile ergo una la maggiore propensione al risparmio, benché il risparmio sia un diritto costituzionalmente tutelato ex art. 47 Cost., obbliga ad introdurre più moneta nel sistema per avere la medesima quantità di moneta circolante che ci si era prefissati.
La sottrazione di moneta circolante avviene certamente anche con l’accantonamento a risparmio del profitto della corruzione. Ergo come fare a massimizzare la circolazione nell’economia della moneta immessa con la spesa pubblica e ridurre la corruzione? La risposta è semplice, basta ridurre il più possibile i rapporti pubblico-privato. Se esistono aziende pubbliche che eseguono appalti ed il rapporto diventa committente pubblico con appaltatore pubblico gran parte della spesa pubblica finirebbe in stipendi. La propensione al risparmio di un lavoratore dipendente è certamente inferiore a quella del titolare di un’impresa. Ecco che si otterrebbe un duplice risultato: una quota maggiore di spesa circolerebbe invece che rimanere nei risparmi con la conseguenza di avere un effetto moltiplicatore della spesa sul pil più alto, inoltre si ridurrebbe matematicamente la corruzione.
Ovviamente non in tutti gli ambiti sarebbe possibile tale ragionamento non potendo avere aziende pubbliche che coprano ogni bisogno, ma certamente si potrebbe aumentare la loro incidenza anziché pensare di ridurla in ogni modo.
Sento già le obiezioni dei liberisti. Arriva il mantra “i dipendenti pubblici non renderebbero, sono fannulloni”. È la cosa più stupida che si possa dire. Se si legifera adeguatamente e si impone concretamente l’efficienza nel pubblico nel pieno rispetto dell’art. 97 Cost. chi non lavora potrebbe essere sanzionato o licenziato. Il controllo non è affatto più complesso di quanto avviene in una qualsiasi azienda privata. Peraltro se l’impresa che esegue un appalto è pubblica non vi sarebbero costi aggiuntivi che non siano materiali, mezzi e stipendi con la conseguenza che anche il principio dell’economicità sarebbe ampiamente rispettato con ovvia riduzione dei costi per la collettività rispetto ad un appalto privato ove deve trovare necessariamente spazio anche il profitto dell’imprenditore. Che poi lo Stato si metta a costruire con proprie aziende anche i mezzi necessari, ad esempio, al settore edile (mettendoli ad esclusiva disposizione del settore pubblico), non sarebbe certamente uno scandalo. Vorrebbe solo dire migliorare il moltiplicatore della relativa spesa. I dipendenti, ben pagati, stimolerebbero i consumi con beneficio per tutti. Lo stipendio dei pubblici dipendenti tornerebbe a diventare fisiologicamente la soglia minima di retribuzione anche per il settore privato con conseguente incremento dei salari. Dunque l’opposto di quanto avviene oggi in cui per avere una moneta ipertrofica e che non svaluta si tagliano gli stipendi con conseguente distruzione della domanda interna. Pagare di più il lavoro porta a più consumatori per ciò che si produce, Henry Ford lo capì già agli inizi del secolo scorso ed infatti incrementò le paghe dei propri dipendenti così trasformandoli in consumatori. Sono pochi i privati che hanno una simile visione d’insieme. Se tutti puntano al risparmio pensando di massimizzare gli utili si ottiene esattamente il risultato opposto. In economia si chiama “paradosso della parsimonia”.
Cari liberisti, se sapete ribattere a queste osservazioni con qualcosa di diverso di qualche botta di comunista fatelo. Io non nego il libero mercato, io dico semplicemente che l’interesse pubblico deve sempre prevalere. Il modello che immagino non è nulla di diverso da quello imposto nella Costituzione… Il modello che immaginate voi è quello che distruggerà la nostra società. La ripresa ci sarà solo quando si seguiranno politiche macroeconomiche espansive.
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