Attualità
LA RIFORMA DEL MECCANISMO EUROPEO DI STABILITA’, ENNESIMO COLPO BASSO ALL’ITALIA (di Domenico Caruso)
La riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) che dovrebbe vedere la luce nel prossimo mese di dicembre, rappresenta per il nostro Paese una ulteriore perdita della sovranità economica e finanziaria essendo da collocare nell’ambito del deprecato disegno ordoliberista di graduale e progressiva erosione degli istituti di democrazia rappresentativa degli Stati nazionali a favore di entità sovranazionali prive di legittimazione popolare.
Non può essere revocato in dubbio che le misure di governance dell’eurozona finalizzate a mantenere sane le finanze pubbliche con il progressivo rientro del debito pubblico, l’aumento del prelievo fiscale, la contrazione della spesa pubblica, l’introduzione di sistemi di controllo sulle politiche di bilancio nazionali, hanno determinato una progressiva devoluzione dei poteri a favore della Commissione UE unitamente al ridimensionamento generalizzato dei livelli di welfare previsti dagli ordinamenti costituzionali.
In tale contesto, l’esigenza di mobilitare risorse e fornire sostegno agli Stati dell’eurozona in difficoltà finanziaria, ha portato all’istituzione di organismi atipici esterni al diritto primario della UE che includono istituzioni europee, ne escludono altre e comprendono altre istituzioni che nulla hanno a che fare con la UE.
E’ il caso del MES, il cosiddetto fondo salva Stati, istituito nel 2012 come organizzazione intergovernativa sulla base di un accordo stipulato da alcuni Stati UE intervenuti come soggetti di diritto internazionale al di fuori del diritto dell’Unione Europea così come avvenuto per il Fiscal Compact (e prima ancora con il Patto Europlus) che ha comportato la perdita pressochè totale dell’autonomia in materia di politiche di bilancio da parte degli Stati aderenti.
Il MES, come ben si sa, è un soggetto finanziario internazionale con sede in Lussemburgo con una governance formata dal Consiglio dei governatori di cui fanno parte i Ministri delle Finanze degli Stati membri; dal consiglio di amministrazione composto da tecnici; da un direttore generale posto sotto il controllo decisionale del consiglio dei governatori.
Appare di meridiana evidenza che l’importanza del MES nella gestione delle crisi del debito sovrano, il suo status di creditore privilegiato, il ruolo ad esso attribuito nel cosiddetto processo di integrazione economica europea collidono con la totale mancanza di legittimazione democratica resa evidente dalla estromissione dal processo decisionale e da ogni funzione di controllo del Parlamento Europeo, dall’inclusione in qualità di osservatore del FMI che nulla ha a che fare con la UE e, infine, dalla completa irresponsabilità dei gestori del MES.
La riforma alla quale, con molta probabilità, ha già prestato acritica adesione il Governo italiano attribuisce al MES i poteri sulla gestione delle crisi che ha ora la Commissione Europea ed è sempre il MES e non la Commissione a valutare la solvibilità dello Stato che chiede assistenza finanziaria concessa solo a condizione che il debito sia giudicato sostenibile, non sia stata attivata la procedura di deficit eccessivo e che negli ultimi due anni siano state rispettate le previsioni del Fiscal Compact ovvero zero deficit, rapporto debito/PIL inferiore al 60% ed un tasso di riduzione del debito in eccesso nella misura di 1/20 all’anno.
Appaiono evidenti le criticità per l’Italia che, non essendo in regola con i requisiti di deficit e di debito, potrebbe subire una valutazione di non sostenibilità del debito pubblico con conseguente obbligo di ristrutturazione ex ante del debito stesso e conseguente default di fatto ben prima di ottenere il finanziamento e questo nonostante il considerevole impegno finanziario già assunto nell’ordine di 15 miliardi di euro versati e 125 miliardi di capitale autorizzato.
In altri termini, la ristrutturazione del debito che deve avvenire in vista del finanziamento equivale ad un bail in generalizzato a danno dei risparmiatori che hanno dato fiducia allo Stato sottoscrivendo titoli del debito pubblico che potranno essere decurtati nel loro valore nominale così come avvenuto in Grecia nel recente passato.
E’estremamente grave che il Governo abbia prestato acquiescenza a clausole capestro per l’Italia senza ravvisare l’esigenza di informare preventivamente le Camere dal momento che la riforma del MES dovrà essere oggetto di ratifica da parte del Parlamento che ben potrebbe porre il veto considerata la natura di Trattato intergovernativo e non di vincolo derivante dall’ordinamento comunitario immediatamente precettivo ai sensi del famigerato art. 117 della Costituzione.
A sommesso parere dello scrivente, l’istituzione di un Fondo Monetario Europeo (tale è in sostanza il MES) potrebbe essere prodromica all’avocazione della potestà impositiva finalizzata all’inasprimento generalizzato del trattamento fiscale dal momento che l’entità delle entrate erariali incide sull’obiettivo del saldo strutturale di bilancio e sulla riduzione del debito e soprattutto per impedire che l’imposizione diretta possa essere utilizzata come strumento di politica sociale e di redistribuzione del reddito in conformità con l’impostazione ordoliberista dell’intera architettura UE che vede come fumo negli occhi la vocazione sociale di alcune Costituzioni contemporanee tra le quali quella italiana che tutelano il lavoro, il risparmio, la sicurezza sociale.
Non a caso la gestione della crisi del debito sovrano di alcuni Paesi periferici dell’area euro ha comportato la concessione di aiuti finanziari (finiti nelle tasche di investitori professionali tedeschi e francesi) in cambio di riforme strutturali che hanno comportato liberalizzazioni, tagli alla spesa pensionistica e sociale, alla sanità, all’istruzione, il ridimensionamento della Pubblica Amministrazione, l’introduzione di meccanismi di flessibilità del mercato del lavoro e, sul versante delle entrate, privatizzazioni e cessione di infrastrutture strategiche.
E’ accaduto in passato e potrà accadere anche in futuro per l’Italia se la sciagurata riforma del MES non sarà bloccata dal Parlamento con un sussulto di dignità.
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