Attualità
La “Normativa sullo stato di diritto” applicata dal Parlamento Europeo contro l’Ungheria? Una decisione politica senza base giuridca
Se volete capire le azioni del parlamento europeo dovete ricordare che la base giuridica è veramente sottile. Il famoso TFUE, quello che rimase dopo la bocciatura della “Costituzione europea” di Nizza, è soprattutto uno strumento di organizzazione burocratica e di divisione dei poteri, alquanto complesso e confuso, non uno strumento di indirizzo etico. Con la definizione di “Stato di diritto” così come deliberata dal parlamento si è andati “Ultra Vires”, cioè si è espresso ben al di fuori dei propri poteri, “Creando” diritto che non c’era, e non c’è.
Per spiegare meglio riprendo un estratto di quanto scritto da Musso e ripreso anche da Porro nel suo blog:
(I) novativo. Contiene una definizione di “violazione dello Stato di diritto” (artt. 2a e 3), priva di riferimenti normativi nei Trattati, dunque bastante a se stessa, dunque auto-fondante. Come se fosse una modifica del Trattato. Il che è tanto più vero, in quanto priva di riferimenti normativi nei Trattati è pure la definizione di “Stato di diritto” (art. 2). Entrambe sono tanto auto-fondanti, da essere introdotte esplicitamente “ai fini dell’applicazione del presente regolamento”. Molto significativamente, il regolamento non contiene una definizione di ‘buona gestione finanziaria’, perché questa è assodata, all’opposto della precedente.
(II) due volte novativo. Introduce una procedura sanzionatoria (art. 5) e de-sanzionatoria (art. 6) sconosciuta ai Trattati. Di nuovo, come se fosse una modifica del Trattato. Il che è tanto più vero, in quanto i Trattati già conoscono procedure sanzionatorie di tutela, alle quali il Regolamento giunge a sovrapporsi: nel caso del ‘principio dello Stato di diritto’, si tratta della sospensione di “alcuni dei diritti derivanti allo Stato Membro in questione dall’applicazione dei trattati, compresi i diritti di voto del rappresentante del governo di tale Stato membro in seno al Consiglio” (art. 7 Tfeu).
Il fatto che non esista una chiara fattispecie allo “Stato di diritto” nei trattati viene a rendere le decisioni in merito, che per fortuna devono anche passare sotto il controllo del Consiglio, piuttosto arbitrarie. Tra l’altro, come nota sempre Musso, viene rotto il principio, essenziale questo si nei trattati, di non discriminazione fra gli stati dell’Unione: ora abbiamo uno stato chiamato in modo obbligato a concorrere ai pagamenti, ma che teoricamente non dovrebbe ottenere fondi, tra l’altro bloccando anche fondi indiretti quali quelli BEI.
La votazione del Parlamento di Strasburgo quindi si configura come un errore, anche politico: il passaggio della decisione vi è stato solo per una certa sudditanza psicologica del PPE ai socialisti, ma questo vento sta cambiando un po’ in tutti gli stati. Anche i “Liberali”, come mostra quanto accaduto in Francia, o si differenziano dalla Sinistra o rischiano di essere travolti da destra e da sinistra. La decisione sull’Ungheria indebolirà, non rafforzerà , l’autorità del Parlamento, e con lui quella delle altre istituzioni europee.
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