Economia
La Cina potrebbe rispondere ai dazi di Trump Svalutando lo Yuan
Secondo quanto riportato da Reuters la Cina starebbe valutando di svalutare lo Yuan rispetto al Dollaro e di valutarlo su un basket di valute che comprenderebbe l’Euro. Quali sono gli effetti di una simile scelta
I leader e i politici cinesi stanno valutando la possibilità di indebolire lo yuan nel 2025, in vista di un aumento delle tariffe commerciali statunitensi in seguito al ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca.
La mossa prevista riflette la consapevolezza della Cina di aver bisogno di maggiori stimoli economici per combattere le minacce di Trump di misure commerciali punitive, secondo quanto riportato da Reuters.
Trump ha dichiarato di voler imporre una tariffa universale del 10% sulle importazioni e una tariffa del 60% sulle importazioni cinesi negli Stati Uniti.
Lasciare che lo yuan si deprezzi potrebbe rendere le esportazioni cinesi più economiche, attenuando l’impatto dei dazi e creando impostazioni monetarie più allentate nella Cina continentale. Questo avrebbe anche l’effetto di importare un po’ più di inflazione in Cina, qualcosa che dovrebbe essere tenuto sotto controllo.
La People’s Bank of China (PBOC) non ha risposto immediatamente alle richieste di commento della Reuters, e questo è ovvio. Anche l’Ufficio informazioni del Consiglio di Stato, che gestisce le domande dei media per il governo, non ha risposto immediatamente a una richiesta di commento.
Financial News, la pubblicazione della PBOC, ha successivamente pubblicato un articolo in cui si afferma che le basi per un tasso di cambio dello yuan “fondamentalmente stabile” rimangono “solide” e che è probabile che lo yuan si stabilizzi e si rafforzi verso la fine di quest’anno. Attualmente è introno ai 7,2 Youan per dollaro.
Secondo le fonti, consentire allo yuan di deprezzarsi l’anno prossimo significherebbe discostarsi dalla prassi abituale di mantenere stabile il tasso di cambio.
Lo yuan, gestito in modo rigoroso, può muoversi del 2% su entrambi i lati di un punto medio giornaliero fissato dalla banca centrale. I commenti politici degli alti funzionari di solito includono l’impegno a mantenere lo yuan stabile.
Una Banca Centrale che scopre le proprie carte? Improbabile
Difficilmente una banca centrale, tanto meno la PBOC, molto prudente, rivelerebbe il fatto di non voler difendere la propria moneta, ma, magari qualcosa di diverso è sottinteso in queste voci.
In occasione della riunione del Politburo di questa settimana, l’organo decisionale dei funzionari del Partito Comunista, la Cina si è impegnata ad adottare una politica monetaria “adeguatamente allentata” l’anno prossimo, segnando il primo allentamento della sua posizione politica in circa 14 anni.
I commenti non hanno incluso un riferimento alla necessità di uno “yuan sostanzialmente stabile”, menzionato per l’ultima volta a luglio ma assente anche nella lettura di settembre. Quest’anno la politica dello yuan è stata molto presente nelle note degli analisti finanziari e in altre discussioni dei think-tank.
In un documento pubblicato la scorsa settimana dal principale thinktank China Finance 40 Forum, gli analisti hanno suggerito che la Cina dovrebbe passare temporaneamente dall’ancorare lo yuan al dollaro statunitense a collegarlo invece a un paniere di valute diverse dal dollaro, in particolare l’euro, per garantire la flessibilità del tasso di cambio in un periodo di tensioni commerciali.
Una seconda fonte al corrente delle riflessioni della banca centrale ha dichiarato a Reuters che la PBOC ha preso in considerazione la possibilità che lo yuan scenda a 7,5 per dollaro per contrastare eventuali shock commerciali.
Si tratta di un deprezzamento del 3,5% circa rispetto agli attuali livelli di 7,25. Prima che lo Yuan fosse lasciato fluttuare e quando il cambio era controllato il valore era di 8 Yuan per un dollaro.
In realtà una svalutazione verso il dollaro viene a significare un riposizionamento complessivo dello Yuan nei confronti di tutte le vanute, compresi Yen ed Euro, quindi la mossa non può essere senza conseguenze. Inoltre l’imposizione di dazi del 60% verrebbe oggettivamente a non essere compensabile con nessuna svalutazione: comunque vi sarà un impatto sull’export. Quindi tutto il gioco di possibile svalutazione verso il dollaro avrà degli effetti incerti che potranno essere valutati e gestiti solo ex post.
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