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Economia

La battaglia fiscale sui dati: Meta, X e LinkedIn contro il Fisco italiano

Meta, X e LinkedIn ricorrono contro richieste IVA miliardarie sui dati utente in Italia. La battaglia legale sull’IVA per lo scambio “gratuito” di dati potrebbe riscrivere il futuro del digitale in Europa. Scopri le implicazioni.

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Un’ombra minacciosa si addensa sulle piattaforme social più popolari: Meta (Facebook, Instagram), X (ex Twitter) e LinkedIn stanno affrontando una sfida legale di proporzioni epiche in Italia. Al centro della contesa, un’interpretazione innovativa e potenzialmente rivoluzionaria dell’IVA sui dati degli utenti.

Reuters ha rivelato che le tre Big Tech hanno presentato ricorso contro le ingenti richieste di versamento IVA notificate dall’Agenzia delle Entrate, per un totale che sfiora il miliardo di euro. Il debitore più grande sarebbe Meta, con oltre 840 milioni da pagare al Fisco.

La  posta in gioco è un nodo giuridico cruciale: l’accesso alle piattaforme social è davvero “gratuito” o si tratta di una forma di baratto, dove gli utenti cedono i propri dati personali in cambio dell’accesso ai servizi? Se prevalesse quest’ultima tesi, il cosiddetto “scambio dati/servizio” diventerebbe imponibile ai fini IVA, con conseguenze economiche e legali di vasta portata per il settore digitale.

La normativa del baratto e l’IVA: un dettaglio cruciale

L’Agenzia delle Entrate italiana si basa su un’interpretazione che vede le registrazioni gratuite come un trasferimento di valore economicamente rilevante, assimilabile a una prestazione imponibile. Questo si ricollega all’articolo 13 del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, che disciplina la definizione dell’IVA in Italia.

Tale articolo, in particolare il suo comma 3, stabilisce che la base imponibile per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo di baratto è costituita dal valore normale dei beni o servizi scambiati. In altre parole, se l’utilizzo dei dati personali viene equiparato a una controprestazione per l’accesso ai servizi della piattaforma, allora su tale “valore” dovrebbe essere applicata l’IVA.

Se il baratto succede fra aziende entrambe emettono fattura e quste potrebbero anche compensarsi perfettamente, annullando la transazione dal punto di vista IVA. Ma qui abbiamo un privato che non emette fattura, per cui il saldo non può essere nullo.

La reazione delle Big Tech e i prossimi passi

Le piattaforme, dopo aver ignorato le contestazioni formali iniziali, hanno deciso di impugnare gli accertamenti dinanzi alle commissioni tributarie di primo grado, gettando le basi per una battaglia legale che potrebbe riscrivere le regole del gioco.

Per dirimere la questione, il governo italiano si prepara a chiedere un ulteriore parere consultivo al Comitato IVA presso la Commissione Europea. Una richiesta formale, predisposta dall’Agenzia delle Entrate e inoltrata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, punta a ottenere un pronunciamento entro la primavera del 2026. Sebbene un primo segnale da Bruxelles, giunto il 14 maggio durante la 127ª riunione del Comitato IVA, abbia chiarito che il baratto non implica automaticamente l’applicazione del valore normale come base imponibile, la questione è tutt’altro che chiusa. L’intero dossier potrebbe infatti approdare davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, dove i giudici sarebbero chiamati a pronunciarsi in via pregiudiziale sulla corretta applicazione della Direttiva IVA (Direttiva 2006/112/CE) in relazione allo scambio tra dati personali e accesso gratuito alle piattaforme.

Implicazioni drammatiche per il futuro digitale

Questa controversia, ben oltre i numeri imponenti delle richieste fiscali, rappresenta un vero e proprio spartiacque per il modello di business delle piattaforme digitali. La decisione finale, che sia a livello nazionale o europeo, avrà un impatto titanico non solo sulle finanze delle Big Tech, ma anche sulla percezione del valore dei dati personali e sulle future normative che regoleranno l’economia digitale. Sarà l’Europa a definire se la nostra “gratuità” online ha un prezzo in termini di IVA, o se il modello attuale potrà continuare indisturbato.


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