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Il senso di Zelensky per la democrazia

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Nel delirio di notizie false spacciate per vere e di notizie vere occultate per fare spazio a quelle false, abbiamo finalmente maturato una-certezza-una su questa guerra: Zelensky è davvero un comico. Su questo, zero dubbi ormai. Lo diciamo perché solo un comico provetto sarebbe stato in grado di proporre, come soluzione ai problemi dell’Ucraina, l’ingresso dell’Ucraina nella Ue. E siccome i capetti dell’Unione non hanno il senso del ridicolo, cioè non sono comici (anche se, sovente, lo sembrano), il nostro ha trovato le porte spalancate. “Va bene, amico” hanno risposto in coro i Commissari, “se vuoi più democrazia e più libertà, vieni da noi che c’è posto. Aggiungiamo un posto a tavola”.

A questo punto, qualsiasi persona mediamente informata su cosa è davvero l’Unione avrebbe riso. Zelensky no. E questo dimostra inconfutabilmente la verità di quanto ci è stato raccontato: Zelensky era, anzi è, un comico. Un comico Nato, diciamo. Già per tenere insieme le parole “Ue” e “democrazia” nella stessa frase, ci vuole talento da vendere. Ma cercare una via di fuga dall’invasione di un dittatore puntando dritti alle braccia di una dittatura, è da fuoriclasse dello show business. Qualcuno potrebbe pensare che  Zelensky non è ben informato, ma non ci crediamo. Sa benissimo cos’è la Ue. E ci vuole portare i suoi concittadini. Sotto sotto, probabilmente pensa: “Andate avanti voi, che mi viene da ridere”. Allora qualcuno potrebbe fare un’opera buona e spiegare agli ucraini in cosa consista quella Ue in cui vogliono entrare.

A tal fine, basterebbe rileggere le dichiarazioni di non pochi personaggi autorevoli del recente passato per capire in che “brace” rischino di precipitare i connazionali di Zelensky partendo dalla “padella” in cui si trovano. Margaret Thatcher lo aveva capito con larghissimo anticipo: «Lo scopo di quel tipo di Europa con una banca centrale non è la democrazia, togliendo i poteri a ogni singolo parlamento e avendo una moneta unica, una politica monetaria e tassi d’interesse che ci tolgono ogni potere politico». Jacques Attali (uno dei famosi “padri nobili”) ebbe a dire,  il 24 gennaio 2011: «Abbiamo minuziosamente dimenticato di includere l’articolo per uscire da Maastricht. […] Non è stato molto democratico, naturalmente, ma è stata un’ottima garanzia per renderle le cose più difficili, per costringerci ad andare avanti».

Helmuth Kohl, il 9 aprile 2013, ha così commentato, davanti ai taccuini de The Telegraph, l’ingresso nell’euro da parte della Germania: «Sapevo che non avrei mai potuto vincere un referendum in Germania. Avremmo perso il referendum sull’introduzione dell’euro. Questo è abbastanza chiaro. Avrei perso sette a tre […]. Nel caso dell’euro sono stato come un dittatore». Jean Monnet (coautore della dichiarazione Schuman e primo presidente della CECA) sintetizzò insuperabilmente il concetto quando dichiarò: «Le nazioni europee dovrebbero essere guidate verso un superstato senza che le loro popolazioni si accorgano di quanto sta accadendo».

Queste sono solo alcune delle “confessioni” facilmente reperibili sull’origine e sulla natura intimamente anti-democratica del progetto unionista. Quindi, pretendere di salvare la “democrazia” ucraina (ammesso che essa esista nella realtà) trascinando la sua gente nella Ue è come pensare di salvare un tacchino dal forno infilandolo in uno spiedo. O come difendere la libertà di un paese affidandosi a dei battaglioni neonazisti. E solo un comico consumato può desiderarlo, anzi pretenderlo, senza scoppiare a ridere. Il che ci porta necessariamente a concludere che – se a Kiev c’è un vero, consapevole,  comico al potere – in Italia ce ne sono a bizzeffe che non sanno di esserlo.

Francesco Carraro

www.francescocarraro.com


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