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Il paradosso della “Civilizzazione”: perché l’arrivo dei Romani in Britannia fu un disastro per la salute pubblica

L’arrivo dei Romani in Britannia fu un disastro sanitario? Un nuovo studio svela come l’urbanizzazione e il piombo abbiano distrutto la salute di donne e bambini rispetto all’Età del Ferro.

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Siamo abituati a pensare all’Impero Romano come al portatore di civiltà, igiene e progresso. Acquedotti, terme, fognature e strade lastricate sono i simboli di un miglioramento della qualità della vita che, secondo la narrazione comune, avrebbe salvato i “barbari” dal loro stato primitivo. Eppure, la realtà dei dati archeologici ci racconta una storia molto diversa, quasi un monito per i moderni sostenitori dell’urbanizzazione forzata.

Un recente studio pubblicato dalla Cambridge University Press e condotto da Rebecca Pitt getta una luce sinistra sulla “Pax Romana” in Britannia. Analizzando i resti scheletrici di centinaia di individui, la ricerca dimostra inequivocabilmente che l’arrivo dell’amministrazione romana coincise con un netto peggioramento delle condizioni di salute, specialmente per le donne e i bambini nelle aree urbane.

Lo studio: le ossa non mentono

La ricerca si basa sull’ipotesi DOHaD (Developmental Origins of Health and Disease), un approccio biomedico che suggerisce come i primi 1000 giorni dal concepimento (inclusa la vita intrauterina e l’allattamento) siano cruciali per la salute futura. Se una madre è stressata, malnutrita o malata, il bambino ne porterà i segni nelle ossa per tutta la vita, o morirà prematuramente.

Are interessata dallo studio – Oxford University

I ricercatori hanno esaminato 646 scheletri (274 donne adulte e 372 bambini sotto i 3 anni e mezzo) provenienti da siti dell’Età del Ferro e del periodo Romano, sia rurali che urbani. I risultati sono impietosi e sfidano la nostra concezione di progresso lineare.

Ecco cosa è emerso dai dati:

  • Peggioramento Urbano: I bambini che vivevano nelle città romane avevano tassi di malattie significativamente più alti rispetto ai loro antenati dell’Età del Ferro.

  • Gap tra Città e Campagna: Mentre le comunità rurali hanno mantenuto standard di salute simili al passato pre-romano, i centri urbani sono diventati focolai di infezioni e stress metabolico.

  • Donne sotto pressione: Le madri nelle città romane mostravano segni evidenti di stress nutrizionale e fisico, molto più delle donne delle campagne o dell’epoca precedente.

Roman non-adult pathology: a) flattening of humeral heads, suggestive of vitamin D deficiency; b) cribra orbitalia; c) non-specific infection (distal femur); d) new bone on the greater wings of the sphenoid bone, suggestive of vitamin C deficiency; e) dental enamel hypoplasia on deciduous incisors, presenting as a grooved depression; f) lytic foci on the proximal head of a radius, suggestive of tuberculosis (figure by author).

Urbanizzazione: la trappola mortale del IV secolo

Perché la civilizzazione ha fatto male? Il passaggio dall’Età del Ferro all’occupazione romana (43-410 d.C.) ha comportato una ristrutturazione sociale radicale. La creazione di grandi centri urbani, amministrativi e commerciali, ha portato a un sovraffollamento che, paradossalmente, ha favorito la diffusione di patogeni.

I dati parlano chiaro:

  • Il 61,5% dei bambini nelle aree urbane romane mostrava segni di patologie scheletriche.

  • Nelle aree rurali romane la percentuale scende al 41%.

  • Nell’Età del Ferro, considerata “primitiva”, solo il 26% dei bambini presentava tali segni.

Le patologie riscontrate includono la cribra orbitalia (segno di anemia), infezioni ossee, rachitismo e scorbuto. Questi sono indicatori inequivocabili di carenze vitaminiche (D e C) e di un sistema immunitario sotto costante attacco. L’urbanizzazione romana, con la sua densità abitativa, ha creato l’ambiente perfetto per la tubercolosi e altre malattie respiratorie, trasformando le città in vere e proprie trappole biologiche.

Il Killer silenzioso: il Piombo e l’infrastruttura “avanzata”

C’è un aspetto ancora più insidioso che potrebbe spiegare il crollo della salute nelle città romane, un dettaglio tecnico che affascinerà chi si occupa di materiali e industria. L’infrastruttura romana, tanto lodata, era letteralmente velenosa.

L’uso massiccio del piombo (plumbum) era onnipresente nella vita urbana romana:

  1. Tubature: L’acqua corrente arrivava nelle case attraverso tubi di piombo.

  2. Oggetti quotidiani: Stoviglie, giocattoli e pentole contenevano spesso questo metallo.

  3. Alimentazione: Il piombo veniva usato persino come dolcificante nel vino e nei medicinali.

L’avvelenamento da piombo è devastante, specialmente per i bambini, poiché interferisce con l’assorbimento dei nutrienti e danneggia lo sviluppo neurologico e scheletrico. Nelle città, dove l’infrastruttura idrica era più sviluppata, l’esposizione era inevitabile. Anche le classi sociali più basse, che forse non avevano accesso al vino costoso, bevevano l’acqua contaminata dalle condutture pubbliche.

Tubi in piombo d’età romana

Questo spiega in parte l’alta incidenza di malattie metaboliche nei centri urbani: il piombo bloccava l’assimilazione delle vitamine, rendendo i bambini fragili e malati nonostante l’apparente abbondanza di risorse della città.

La resilienza delle campagne e la dieta

Un altro fattore determinante è stato il cambiamento nella dieta. Le città romane dipendevano fortemente dai cereali, facili da stoccare e trasportare, ma poveri di nutrienti essenziali se confrontati con una dieta varia. Al contrario, le comunità rurali, pur sotto il giogo romano, hanno mantenuto uno stile di vita più tradizionale.

La tabella seguente riassume le differenze riscontrate nello studio tra i vari gruppi:

Indicatore di SaluteEtà del FerroRomano RuraleRomano Urbano
Patologie nei bambini26.0%41.0%61.5%
Carenze metabolicheRareModerateAlte (19.2%)
Ritardo nella crescita3.1%25.5%51.9%
Salute donne adulteBuonaSimile al passatoCompromessa

È evidente come la “campagna arretrata” abbia protetto i suoi abitanti meglio della “città avanzata”. Le comunità rurali hanno continuato a seguire tradizioni locali, probabilmente mantenendo una dieta più ricca di proteine fresche e subendo meno lo stress dell’affollamento e dell’inquinamento da metalli pesanti.

Una lezione economica e sociale

Questo studio ci offre una prospettiva affascinante e un po’ cinica sul concetto di progresso. L’economia romana, basata su grandi centri amministrativi, commercio a lungo raggio e specializzazione produttiva, ha generato ricchezza per l’élite, ma ha imposto un costo biologico terribile alla popolazione media urbana.

La disuguaglianza sociale, tipica delle società stratificate romane, si rifletteva direttamente nelle ossa. Mentre le ville dei ricchi (escluse dallo studio per concentrarsi sulla popolazione media) potevano forse offrire condizioni migliori, per la gente comune la città significava malnutrizione, malattie e una vita più breve.

In conclusione, l’arrivo dei Romani in Britannia non fu l’alba dorata che spesso immaginiamo. Fu un periodo di shock biologico, dove l’imposizione di nuovi modelli abitativi e tecnologici (come l’uso del piombo) peggiorò la qualità della vita reale. La “civilizzazione”, quando calata dall’alto e non accompagnata da una reale comprensione dell’ambiente e della salute, può essere più letale della presunta barbarie. Forse, guardando alle nostre moderne megalopoli inquinate, c’è una lezione che non abbiamo ancora imparato.


Domande e Risposte

Perché l’uso del piombo era così dannoso per i Romani?

Il piombo è un metallo tossico che si accumula nell’organismo, interferendo con i processi vitali. Nei Romani, l’esposizione avveniva tramite l’acqua corrente (tubi di piombo), il vino (dolcificato con acetato di piombo) e utensili da cucina. Nei bambini, il cui corpo assorbe i metalli più velocemente, il piombo causava gravi disturbi metabolici, inibendo l’assorbimento di vitamine e minerali essenziali, portando a rachitismo, debolezza immunitaria e ritardi nello sviluppo cognitivo e fisico.

Le donne e i bambini furono i più colpiti?

Sì, lo studio si concentra su donne in età fertile e bambini piccoli perché sono i più sensibili ai cambiamenti ambientali. Secondo l’ipotesi DOHaD, la salute della madre influenza direttamente il feto.2 Le donne nelle città romane, sottoposte a stress nutrizionale e malattie infettive, trasmettevano questa fragilità ai figli. I bambini, crescendo in ambienti affollati e inquinati, subivano il “doppio colpo” di una costituzione debole alla nascita e di un ambiente ostile nei primi anni di vita.

C’è stata una differenza tra chi viveva in città e chi in campagna?

Assolutamente sì. Le comunità rurali hanno mostrato una sorprendente resilienza. Pur essendo sotto il dominio romano, hanno mantenuto stili di vita, diete e densità abitative simili all’Età del Ferro. Questo “conservatorismo” culturale le ha protette dalle epidemie e dall’inquinamento tipici delle città. Al contrario, i centri urbani, pur essendo il cuore della “civiltà”, erano luoghi insalubri dove il sovraffollamento e la dipendenza dai cereali creavano condizioni di salute nettamente peggiori.

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