Politica
IL MIRACOLO FA PAURA
Perché Renzi, pur tanto simpatico, è allarmante
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È noto che, se un medico ha un figlio malato, si rivolge a un collega. Non perché non si fidi della propria competenza ma perché, essendo emotivamente implicato, potrebbe essere meno sereno e meno professionale del dovuto. In America dicono che l’avvocato che difende sé stesso, in Court, “ha per cliente un cretino”. Il meglio non lo si ottiene cercandolo disperatamente, ma agendo con fredda razionalità. E questo vale in tutti i campi.
Chi in buona fede promette miracoli è più allarmante di chi lo fa in malafede. Il truffatore finisce col rendere guardingo l’interlocutore prudente, mentre chi prospetta prodigi in cui crede da un lato induce gli altri ad abbassare la guardia, dall’altro, pur di potersi vantare di strabilianti risultati, è capace di provocare grandissimi guai. Infatti non agisce nell’interesse delle persone che vuole beneficiare ma in quello della propria immagine.
Ciò vale anche in politica. La gente si preoccupa del fatto che qualcuno, giunto al potere, si arricchisca a spese dello Stato, e non comprende che il peggio è la voglia di passare alla storia come padre della patria. Mussolini e Hitler erano persone di specchiata onestà, volevano soltanto l’uno la gloria dell’Italia e l’altro l’Impero di Mille Anni per il suo Popolo di Signori. E poi hanno fatto più danni della miriade di politici che hanno allungato le mani sull’erario.
Naturalmente è già avvenuto che qualcuno abbia promesso un miracolo e poi l’abbia effettivamente fatto. Si è visto con Ronald Reagan. Seguendo i suggerimenti di Laffer, quel Presidente si convinse che avrebbe risanato l’economia statunitense e incrementato il gettito fiscale abbassando drammaticamente le tasse. Naturalmente i competenti americani per la maggior parte lo irrisero. Parlarono con disprezzo di “Voodoo economics”, inventarono il termine derisorio di “reaganomics”, e dipinsero il Presidente come un incompetente attore di serie B che voleva improvvisarsi innovatore e taumaturgo. Di fatto le Reagonomics funzionarono e gli Stati Uniti conobbero un periodo di boom che durò per i due mandati di Reagan ed anche dopo, con Bill Clinton.
Ma le eccezioni sono eccezioni. Se si è prudenti, bisogna seguire la regola che quanto più i progetti sono mirabolanti, tanto più lo scetticismo è giustificato. Houdini riusciva a sopravvivere alle prove più pericolose ma non è detto che il primo venuto possa fare altrettanto. E così arriviamo a Matteo Renzi.
Il giovanotto è simpatico ed ispira fiducia. Per dirla all’americana, “da lui si comprerebbe volentieri un’auto usata” e infatti lui ne approfitta per vendere le auto blu. Inoltre è uno straordinario comunicatore. Purtroppo la comunicazione serve a far conoscere qualcosa, non a crearla. E se non si ha niente da offrire, la comunicazione rischia di fare soltanto danni.
Ecco perché dopo i brillanti annunci di Renzi tanta gente è perplessa. Le promesse sono troppe, troppo grandi e a scadenza troppo ravvicinata. Sembra che il giovane Presidente del Consiglio intenda dire all’economia italiana paralizzata: “Alzati e cammina”. Non è da tutti.
Si potrebbe obiettare che lo stesso scetticismo suscitò Reagan, a suo tempo: ma ci sono delle differenze. Il Presidente americano proponeva un cambio fondamentale di politica fiscale, mentre Renzi si muove nell’ambito della vecchia politica, con gli strumenti della vecchia politica. E allora perché mai lui dovrebbe riuscire dove tutti gli altri hanno fallito? Si propone fra l’altro un compito impossibile. Non può contrarre nuovi debiti (perché lo vietano l’Europa e i mercati), non può creare inflazione (perché non può manovrare l’euro), e il discorso dei “tagli” lo hanno già fatto tutti. Non può nemmeno aumentare la pressione fiscale, perché è già assassina, e dunque gli rimane soltanto la possibilità di spostare il peso fiscale da una cosa all’altra. Ma tutti gli spostamenti hanno delle controindicazioni. Infine – but not least – il nostro attuale modello sociale è l’unico che l’Italia concepisca. Dunque non si può effettuare nessuna seria modificazione – come sarebbe ad esempio sottrarre allo Stato una marea di compiti e di spese – perché l’Italia si ribellerebbe. E allora?
Egli pensa che catturando l’approvazione degli italiani sui risultati sperati, si creerà delle armi per piegare il Parlamento al suo volere, ma l’ostacolo non è la Camera e neppure il Senato, è il nostro modello socio-economico che non funziona. Ed è un modello che il popolo italiano non vuole cambiare.
Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it
13 marzo 2014
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