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Economia

Il MES deve essere riformato, ma perché perde denaro e costa un mare di soldi

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La scorsa settimana la bocciatura da parte del parlamento della riforma del MES ha acceso un dibattituto sui media che, come ovvio, si sono schierati massicciamente contro il parlamento che ha compiuto il sacrilegio di rifiutare la rettifica delle modifiche del trattato perché ritenute non convenienti per il nostro paese.

Eppure il MES, come istituzione, dovrebbe essere riformato, ma non nel senso di quanto concordato fra i paesi, assegnandogli maggiori poteri anche sulla definizione della solvibilità dei singoli paesi. Dovrebbe essere riformato perché la sua gestione genera delle perdite consistenti e non brilla per efficienza ed economicità.

Prima di tutto ricordiamo che, da statuto, gli organi dirigenziali del MES godono, come quelli della BCE, di una immunità totale e assoluta di carattere civile e penale. Perché è necessaria una immunità così ampia?

Inoltre ricordiamo che il MES è un’organizzazione internazionale nata dalle ceneri di un ente privato, l’EFSF, che gestisce un fondo che può giungere sino a un massimo di 700 miliardi, ma che attualmente ne ha versati solo 80. Il versamento dei fondi non è solo virtuale-contabile: i soldi sono stati versati effettivamente, e qui cominciano i guai.

Perché il MES non gestisce questa liquidità in modo particolarmente efficiente. Prendiamo il bilancio chiuso al 31 dicembre 2022:

Nel 2022 il MES, senza avere nessuna perdita su crediti, quindi senza perdite legate alla propria attività di prestatore, è riuscito a macinare perdite per 75 milioni di Euro, alla cui base ci sono perdite per le operazioni finanziarie pari a 1,3 miliardi di Euro. Per una istituzione che vorrebbe vantare la capacità di giudicare la solvibilità dei debiti pubblici dei vari paesi e essere in grado di risanarli è un po’ pochino. Certo, 

Il MES vanta 228 dipendenti che, in media, costano 184 mila euro  a testa, contributi inclusi. Del resto l’organizzazione ha sede a Lussemburgo, dove il costo della vita è elevato. Perché un’organizzazione internazionale non è stata posta, come sede, ad esempio a Madrid, a Lisbona o a Roma, dove il costo della vita più basso avrebbe permesso sicuramente dei risparmi nei costi operativi? Per emettere titoli di diritto lussemburghese? Per questo bastava una semplice delega. Forse per non ferire gli occhi dei dipendenti con gli effetti del loro operato. Ma proseguiamo.

Nel 202o, quando i tassi della BCE erano negativi, la liquidità enorme in mano al MES, gestita in modo banale, ha generato ben oltre 300 milioni di perdite.

I depositi liquidi,  lasciati depositati presso la BCE, hanno generato perdite importanti, eppure qualcosa si poteva fare per evitare queste perdite. Però, alla fine, proprio il fatto che il CdA sia, letteralmente, intoccabile, impedisce lo stimolo verso politiche più efficienti nell’impiego dei fondi. Alla fine gli errori non sono pagati da nessuno, se non dalle tasse dei cittadini.

La riforma dei trattati, così come impostata, non migliora di un centesimo l’efficienza del MES come istituzione. Lo rende più potente, ma non migliore. Il parlamento, checché ne dicano i giornaloni, ha fatto benissimo a bocciare la riforma. Se il problema fosse affrontato in modo onesto si potrebbe anche impostare una riforma, che però sarebbe completamente diversa da quella attualmente in discussione.

 


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