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Il bruco che mangia e digerisce… la plastica!!! di Daniele Parlante

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La plastica, come è ben noto, è uno dei materiali più inquinanti al mondo. Da quando è stata inventata, 150 anni fa, è stata usata per produrre gran parte degli oggetti che ci circondano, è versatile e resistente ma non biodegradabile, ed è la causa di un problema sempre più grave di inquinamento della terra e del mare.

L’inquinamento da plastica rappresenta per la nostra società un problema decisamente serio, soprattutto per il ciclo vitale di questo materiale che sembra essere “eterno”. Un bruco comunemente usato come esca dai pescatori riesce a mangiare e a degradare in tempi rapidissimi la plastica. È la larva della tarma della cera, nota col nome scientifico di Galleria melonella, un parassita che infesta gli alveari, ma che ora una biologa italiana ha scoperto essere anche ghiotta di polietilene, una delle plastiche più diffuse e che più inquinano l’ambiente, questo piccolo bruco è in grado di degradarla in tempi rapidi e potrebbe salvare l’ambiente.

La scoperta è avvenuta per caso grazie all’osservazione della biologa e apicultrice italiana, Federica Bertocchini, dell’Istituto spagnolo di Biomedicina e Biotecnologia della Cantabria. La ricercatrice stava rimuovendo le larve di tarma della cera dagli alveari, le aveva poggiate in una busta di plastica. Quando ha preso in mano la busta ha notato dei buchi sospetti, così ha programmato un esperimento insieme a Paolo Bombelli e Christopher Howe dell’Università di Cambridge.

Un centinaio di larve sono state poste vicino a una busta di plastica nella quale, già a distanza di 40/50 minuti, sono comparsi i primi buchi. Dopo 10/12 ore la massa della busta si era ridotta di 92 milligrammi; un tasso di degradazione che i ricercatori hanno giudicato estremamente rapido, rispetto a quello finora osservato in altri microrganismi studiati per lo stesso scopo (si suppone essere di 0,13 milligrammi). Questa scoperta potrebbe essere uno strumento importante per liberare acque e suoli dalla grandissima quantità di buste di plastica finora accumulata. La speranza ora è che dalla scoperta si possa davvero passare ad una soluzione per la biodegradazione della plastica che rappresenta un vero problema per la nostra società. Ed io mi auguro che la nostra ricercatrice faccia rientro nel nostro bel paese, visto che la scoperta è tutta italiana…

Daniele Parlante


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