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Gli USA ritirano, teoricamente, le forze dall’Iraq, ma….

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Questa settimana  il Pentagono ha annunciato la fine formale della missione di combattimento degli Stati Uniti in Iraq, ma tutti i 2.500 soldati che sono attualmente nel paese rimarranno in un ruolo consultivo. Cioè passano alla classica funzione di “Consiglieri militari”, modo edulcorato per non mettere in evidenza una presenza militare.

L’amministrazione Biden ha concordato con l’Iraq a luglio la fine alla missione di combattimento degli Stati Uniti entro la fine di quest’anno, ed è stato chiaro quando è stato fatto l’annuncio che le truppe statunitensi sarebbero rimaste e nulla sarebbe davvero cambiato.

Il governo iracheno è sotto pressione per espellere gli Stati Uniti dal gennaio 2020, quando gli Stati Uniti hanno ucciso il generale iraniano Qasem Soleimani e il leader della milizia irachena Abu Mahdi al-Muhandis in un attacco di droni a Baghdad. Sulla scia dell’assassinio, il parlamento iracheno ha votato all’unanimità per cacciare gli Stati Uniti.

Le tensioni sono esplose all’inizio di quest’anno quando il presidente Biden ha bombardato le milizie sciite irachene nella Siria orientale e poi di nuovo in Iraq. L’accordo per porre fine formalmente al ruolo di combattimento degli Stati Uniti aveva lo scopo di placare le milizie che gli Stati Uniti hanno preso di mira, ma senza un significativo ritiro di truppe, probabilmente non saranno soddisfatte.

“Ricordate, questo è un cambiamento nella missione, giusto? Non necessariamente un cambiamento nella collocazione fisica sul campo”, ha detto il portavoce del Pentagono John Kirby. “Non ci sarà un cambiamento drammatico da ieri a domani, in base a come abbiamo già lavorato noi stessi in questa nuova missione”.

Mantenere le truppe in Iraq servirà a poco, ma creerà un filo conduttore per ulteriori conflitti con le milizie sciite irachene. Le truppe statunitensi stanno tecnicamente in Iraq per consigliare e addestrare il governo nella sua lotta contro i resti dell’ISIS.

Alla fine la presenza in Iraq serve agli USA per controbilanciare la presenza iraniana nell’area e quindi andrà avanti comunque, nonostante gli accordi con il governo iracheno.

 


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