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“Get woke, go broke”. Gli inserzionisti che lasciano twitter perché non più “di sinistra” vanno piuttosto male

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Il detto americano “Get woke, go broke“, “diventa ‘socialmente corretto’, poi fallisci” si rivela assolutamente sempre più corretto ogni giorno che passa. Del resto la funzione economica della aziende non è quella di fare politiche LGBT o pseudo sociali, e parlo di pseudo perché di Adriano Olivetti non se ne vedono in giro, ma di massimizzare gli utili di medio lungo periodo, ovviamente nel rispetto delle leggi dello stato. Sta poi allo Stato fare la politica sociale e dei diritti che ritiene più corretta.

Invece negli USA e in Europa le società nascondono performance economiche spesso mediocri dietro una patina di buonismo ipocrita. Non parliamo questa volta di FTX e Bankman-Fried, ma di Twitter.

Elon Musk è entrato in Twitter per fare utili, ovviamente, ma ha pensato di farlo togliendo un po’ di censura imposta dai Dem, oltre che cambiando parzialmente la struttura del business. Quindi Twitter è diventato un social media un po’ meno “Liberal” e un po’ più “Liberale”, almeno nelle intenzioni. (intanto sottoscrivete in nostro profilo, @scenarieconomic)

Nonostante la fuga annunciata da tutte le vestali del politicamente corretto, pare che la cura funzioni e Musk annuncia anche un aumento dei sottoscrittori:

Però numerosi brand “Socialmente corretti” hanno deciso di interrompere la propria collaborazione con il social media, timorose di essere accoppiate al tanto odiato “Hate speech”. Però, in realtà, come stanno andando queste Vestali del Politicamente Corretto?

Zerohedge si è preso la briga di elencarle, come da lista sottostante:

 

Quindi ha creato un vero e proprio indice borsistico delle loro azioni, che ha confrontato con l’indice di borsa S&P 500.

Dall’inizio di giugno, quando i dati economici a sorpresa degli Stati Uniti hanno iniziato a scendere e la debolezza economica è stata riconosciuta, le società che compongono il paniere di titoli che hanno deciso di ritirarsi dalla pubblicità su Twitter hanno sottoperformato rispetto all’indice di riferimento(-11,4% contro S&P -1,9%). Inoltre, il paniere dei titoli anti-Twitter ha registrato una significativa sottoperformance dal 25 marzo, quando Musk ha fatto la sua offerta iniziale per l’acquisto di Twitter (-17% contro S&P -11%) e anche da quando Musk ha preso il controllo di Twitter il 27 ottobre (+3,3% contro S&P +5,1%), anche se il mercato generale ha registrato un notevole rialzo.

Insomma alla fine pare che “Segnalare”, come dicono gli americani, di essere socialmente consapevoli non porti bene economicamente. Oppure la fuga da Twitter non è altro che un passo nella riduzione dei costi di comunicazione legata ad un taglio generale delle uscite. Però fa fine darne la colpa a Musk

 


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