Economia
Crisi in Germania: il motore dell’Europa si inceppa, tra salari insufficienti e mercato del lavoro in trasformazione
Il “motore d’Europa” sta collassando? La Germania affronta una crisi profonda: PIL in stagnazione, disoccupazione in aumento e centinaia di migliaia di lavoratori costretti ai sussidi. Un futuro incerto attende la nazione che deve reinventarsi o rischiare il tracollo. Scopri i dettagli di un declino inaspettato

L’economia globale sta vivendo una fase di profonda trasformazione, e anche i colossi che per decenni hanno dominato la scena internazionale iniziano a mostrare segni di cedimento.
La Germania, un tempo considerata il motore trainante dell’Europa, sta affrontando una crisi che ne mette in discussione il modello economico.
La stagnazione del PIL, il calo del PIL pro capite e salari sempre più inadeguati per una fetta crescente della popolazione stanno spingendo il Paese verso un bivio: reinventarsi o soccombere. Il PIL pro capite per persona impiegata è mediocre, se confrontato con gli altri paesi industrializzati:
Sebbene la Germania parta da una posizione di forza, con una società ricca e competitiva, il processo di transizione non sarà indolore e sta già producendo i suoi “perdenti”.
Il Bürgergeld e l’aumento dei lavoratori in difficoltà
Un dato preoccupante emerso nel 2024 evidenzia la profondità di questa crisi: circa 826.000 lavoratori tedeschi dipendono dal Bürgergeld, il sussidio di cittadinanza introdotto il 1° gennaio 2023 per integrare redditi da lavoro insufficienti a coprire le necessità di base.
Questo numero segna un aumento di 30.000 unità rispetto al 2023, interrompendo un trend di calo che durava dal 2015, anno dell’introduzione del salario minimo (inizialmente a 8,50 euro l’ora). Nel 2023, i beneficiari del sussidio erano scesi a 796.000, ma l’inversione di tendenza registrata quest’anno, emersa grazie a un’interrogazione parlamentare dell’opposizione, è un campanello d’allarme.
Il Bürgergeld, che ha sostituito l’Arbeitslosengeld II (noto come Hartz IV), copre spese essenziali come cibo, vestiario, alloggio, riscaldamento, assicurazione sanitaria e trasporti per chi ha un reddito inferiore al minimo vitale. Questo strumento, nato dalle riforme del mercato del lavoro dell’era Schröder, è oggi un termometro della crescente difficoltà economica: sempre più tedeschi, nonostante un lavoro, non riescono a far quadrare i conti.
Un modello economico in crisi
La Germania si trova a fare i conti con una combinazione di fattori esterni e interni che ne hanno inceppato il motore economico. Il modello di successo basato su esportazioni ad alto valore aggiunto, che ha garantito prosperità per decenni, è stato messo in crisi da una Cina sempre più competitiva, passata da cliente privilegiato a rivale diretto, e da un rapporto meno amichevole con gli Stati Uniti, importante mercato di sbocco.
L’invasione russa dell’Ucraina ha poi privato l’industria tedesca di un’arma fondamentale: il gas a basso costo, essenziale per il settore manifatturiero ad alta intensità energetica. A questi shock esterni si aggiungono problemi strutturali interni: eccessiva burocrazia, scarsi investimenti in infrastrutture, un inverno demografico che riduce la forza lavoro e un’austerità talvolta controproducente.
L’aumento dei tassi di interesse, introdotto per contrastare l’inflazione post-pandemica, ha ulteriormente colpito le tasche dei tedeschi, mentre l’industria automobilistica, simbolo dell’eccellenza tedesca, affronta una crisi esistenziale, con tagli di posti di lavoro che alimentano insicurezza e pessimismo.
Un mercato del lavoro in trasformazione
Il mercato del lavoro riflette questa crisi. A giugno 2025, la disoccupazione è salita a 2,97 milioni, il livello più alto degli ultimi dieci anni, con un aumento di 11.000 unità rispetto al mese precedente e 500.000 disoccupati in più rispetto a due anni fa.
Secondo Andrea Nahles, direttrice dell’Agenzia federale per l’impiego, “il mercato del lavoro mostra segnali di debolezza economica, con aziende riluttanti ad assumere”. Gran parte della crescita occupazionale recente si basa su lavori part-time e a basso salario, i cosiddetti “mini-job” tanto celebrati nell’era Merkel, ma che oggi contribuiscono a redditi insufficienti.
Nel 2024, l’orario di lavoro totale è diminuito dello 0,1%, attestandosi a 61,37 miliardi di ore, secondo l’Istituto per la Ricerca sull’Occupazione (IAB). La crescita occupazionale è trainata dal lavoro part-time (+1,2%), mentre i lavoratori a tempo pieno sono diminuiti dello 0,2%, scendendo a 25,58 milioni. La quota di lavoratori part-time è salita al 39,5% (o al 29% secondo Eurostat), e il numero di lavoratori autonomi è calato dell’1,9%, a 3,77 milioni. In media, ogni dipendente ha lavorato 1.332 ore nel 2024, 3,5 ore in meno rispetto al 2023, con una riduzione anche delle ore di straordinario, vitali per molti lavoratori.
Le cause profonde e il dibattito pubblico
Holger Schäfer, economista dell’Istituto Economico Tedesco (IW), sottolinea che la maggior parte dei beneficiari del Bürgergeld non lavora a tempo pieno: “Il salario minimo non basta, perché il problema non è il salario orario, ma il numero insufficiente di ore lavorate”, cosa che in Italia non molti hanno ancora compreso. Degli 826.000 beneficiari, solo 81.000 hanno un lavoro a tempo pieno.
Un recente rapporto del FMI evidenzia come l’elevata stabilità occupazionale, rafforzata da misure come la cassa integrazione, abbia rallentato il necessario cambiamento strutturale, ostacolando la transizione verso settori più produttivi, ma questo necessita di nuovi settori che, per ora, non si vedono.
Il nuovo governo, guidato dal cancelliere conservatore Friedrich Merz e sostenuto da un’alleanza tra CDU/CSU e SPD, promette uno stimolo fiscale, un aumento del salario minimo a 15 euro l’ora e una riduzione delle tasse.
Tuttavia, le tensioni interne sono evidenti: i conservatori spingono per ridurre i sussidi, considerati disincentivi al lavoro, mentre i socialdemocratici difendono il Bürgergeld e altre misure di sostegno.
La Germania si trova a un crocevia. La sua capacità di reinventarsi è fuori discussione, ma la transizione sarà complessa e dolorosa. I consumi stagnano, i risparmi aumentano per paura dell’incertezza e il pessimismo si diffonde, zavorrando ulteriormente la crescita economica. Per il governo Merz, la sfida è chiara: modernizzare il Paese senza perdere la coesione sociale, in un contesto globale sempre più competitivo. Questo rischiederebbe perlò anche uno sforzo verso la sicurezza sociale, cosa che in Europa, con lo stato attuale della magistratura, è impossibile. Merz è destinato al fallimento, l’unica cosa veramente incerta è sui tempi.
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