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Generali Contro: ricordiamo l’unico ottimo generale che diede le dimissioni di fronte a un governo fallimentare. Oggi invece…

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Un generale dell’esercito dovrebbe obbedire agli ordini anche questi sono assurdi e impossibili da compiere? Una bella domanda, di incredibile attualità dopo le affermazioni stupefacenti del generale Figliolo:

Un generale esegue gli ordini, ma se questi sono assurdi, impossibili, illogici, deve applicarli? Fino a che punto?

Voglio ricordarvi le vicende di un grande generale italiano, un nome sconosciuto ai più, ma il cui apporto alla vittoria italiana nella Grande Guerra fu enorme, e che ebbe il coraggio di dare le dimissioni quando si rese conto che le richieste della politica andavano ben oltre la realtà.

Il generale Alfredo Dallolio era nato a Bologna il 21 giugno 1853 da una famiglia di tradizione patriottica e liberale. Entrato all’Accademia Militare di Artiglieria e Genio nel 1870, ne usciva sottotenente d’artiglieria nel 1873 (ma con anzianità 16 luglio 1872). Le sue eccellenti qualità gli meritarono in ogni caso di divenire Maggiore Generale per promozione a scelta eccezionale il 22 maggio 1910. Il 4 maggio 1911 divenne direttore generale di artiglieria e genio al ministero della Guerra e tenne ininterrottamente l’incarico fino al 9 luglio 1915. In tale ruolo si occupò dell’approvvigionamento e della conservazione per l’esercito di tutte le armi, le munizioni, il materiale tecnico, i mezzi di trasporto e di comunicazione.
Tecnico raffinato ed economista industriale ante litteram conosceva bene i processi produttivi della armi e attrezzature moderne, dalla radiofonia alle armi automatiche all’aviazione, ma conosceva bene anche l’industria e i legami fra economia, programmazione pubblica e volumi di produzione.
Il 9 luglio 1915  Dallolio fu chiamato a reggere il sottosegretariato alle forniture militari che comprendeva anche presieder il Comitato supremo per i rifornimenti delle armi, carica che tenne, nonostante i cambi di governo, sino alla fine della guerra. Nel 1917 il suo sottosegretariato diventò ministero. Praticamente Dallolio  dirigeva e comandava tuta l’industria bellica italiana, e lo fece benissimo. Dopo Caporetto assicurò che tutte le armi perse nella disastrosa ritirata sarebbero state sostituite nell’arco di 15 giorni, e tenne fede alla parola data. le forniture militari arrivarono in quantità copiosa, anche con l’aiuto degli Alleati, ma l’industri nazionale marciò come un treno e a fine guerra le forniture erano molto superiori a quelle austro ungariche. Ad esempio all’epoca di Vittorio veneto un tetto di 3 mila aerei copriva le teste dei nostri fanti.  . Egli mostrò eccezionali capacità organizzative, una straordinaria capacità di lavoro e una fermezza di carattere fuori dal comune. Aveva capito che nella guerra moderna a fianco dell’esercito combattente l’esercito della produzione aveva un peso non minore ai fini del conseguimento della vittoria. La struttura realizzata da Dall’lio concentrava tutti i contratti in poche mani, ma , nello stesso tempo, si rivelò efficace e flessibile, riuscendo a gestire perfino le vertenze sindacali in modo equilibrato. nel mezzo delle lotte politiche nel 1918 si dimise da ministro per la creazione di un ispettorato sulla sua attività e di una commissione d’inchiesta. Questa terminò i lavori nel 1922, ma non trovò nulla a suo carico, anzi espresse ampi apprezzamenti al suo lavoro.

Nel 1923 tornò a essere  Commissario generale per le fabbricazioni di guerra: influì però in modo relativo sulla dotazione e sull’approntamento degli armamenti e sull’organizzazione e coordinamento dell’industria connessa. Il problema è che l’Italia rimaneva finanziariamente debole, ma era anche squassata, nonostante il fascismo da lotte interne fra i gradi militari e del partito che rendevano impossibile quel lavoro fatto nella Grande Guerra di coordinamento industriale. Ad esempio le forniture di artiglieria definite nel 1932 e stabilite nel 1934 erano programmate per l’inizio della consegna solo nel 1940, per i ritardi dei gradi militari. Una situazione insostenibile di cui Dallolio era ben conscio.

Il 3 settembre 1939, due giorni dopo l’invasione tedesca della Polonia e lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, il generale si dimise. Aveva 86 anni, ma era in ottima salute (mori a 99 anni). I motivi reali erano altri: la sua matrice risorgimentale gli rendeva impossibile combattere al fianco dei tedeschi, ma soprattutto era ben conscio della totale impreparazione del nostro sistema industriale alla guerra moderna. Le sue dimissioni fecero una grande impressione su quegli ufficiali più lucidi e meno legati alla politica.

Un generale che ha capito quando era il momento di andarsene, con onore, di fronte a richieste impossibili di una politica impazzita. Però erano altri tempi, e altri uomini.


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