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G7 avaro: per la decarbonizazione solo prestiti e niente più contributi a fondo perduto alle nazioni in via di sviluppo

Le politiche climatiche del G7 non sono che debito improduttivo per i paesi in via di sviluppo e ne affonderà l’economia

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I ministri delle finanze del gruppo G7 si sono appena riuniti, tra le altre questioni globali, dei finanziamenti per il clima e di come rendere disponibili più fondi per le nazioni più povere del mondo, che secondo i sostenitori della transizione subiscono la maggior parte degli effetti negativi dell’industrializzazione.

Si scopre, tuttavia, che ciò che molti amano chiamare finanza climatica non è, in realtà, un aiuto per le nazioni più povere del mondo. Si tratta invece di uno strumento per arricchire le entità  finanziarie del G7 – e per indebitare le nazioni povere. Più che una transizione energetica è una transizione verso la bancarotta.

La Reuters ha fatto questa rivelazione in un’inchiesta dettagliata in cui si afferma che Germania, Giappone, Francia e Stati Uniti sono stati tra i Paesi ricchi che hanno offerto alle nazioni in via di sviluppo prestiti e accordi di transizione che alla fine hanno avvantaggiato le aziende e le organizzazioni di questi stessi Paesi ricchi, aumentando il carico di debito delle nazioni in via di sviluppo.

Dopo aver esaminato i dati delle Nazioni Unite e aver parlato con una serie di analisti, attivisti per il clima e funzionari governativi che hanno preso parte ai negoziati sui finanziamenti per il clima, la Reuters ha riferito che i membri del G7 hanno, come prassi, offerto ai Paesi in via di sviluppo prestiti a tassi di mercato e invece di sovvenzioni.

I dati forniti da Big Local News, il programma di Stanford per la fornitura di dati ai giornalisti, hanno mostrato che i quattro Paesi del G7 sopra elencati hanno concluso accordi di prestito relativi alla transizione energetica per un valore di almeno 18 miliardi di dollari con i Paesi in via di sviluppo. Di questi, il Giappone è quello che ha offerto di più, con 10,2 miliardi di dollari, seguito da 3,6 miliardi di dollari di prestiti offerti dalla Francia, 1,9 miliardi di dollari dalla Germania e 1,5 miliardi di dollari dagli Stati Uniti.

La Reuters sottolinea nella sua esposizione che i prestiti a tassi di mercato non sono una pratica standard quando, presumibilmente, si cerca di aiutare una nazione povera ad affrontare i presunti effetti di un cambiamento climatico catastrofico. Eppure i tassi di mercato sono esattamente ciò che Giappone, Francia, Germania, Stati Uniti e altri membri del G7 hanno chiesto ai loro mutuatari.

Non solo, ma l’indagine condotta da Reuters ha dimostrato che i finanziatori spesso hanno posto delle condizioni ai loro prestiti, ossia che i beneficiari di tali prestiti assumessero determinate aziende per svolgere il lavoro che il denaro avrebbe dovuto consentire. In sostanza, questo significava non solo che i finanziatori beneficiavano del rimborso dei prestiti, più gli interessi di mercato, ma anche che davano un vantaggio alle proprie aziende, invece di lasciare che fosse il mutuatario a decidere l’affare migliore.

Questo accade spesso con i prestiti concessi dalla Cina e viene stigamtizzato come uno dei fattori della cosiddetta colonizzazione economica cinese, ma i paesi Occidentali non si sono comportati meglio. Questi comportamenti avvenivano anche con i contributi a fondo perduto, i cosiddetti grant, ma quelli erano dei veri e propri regali.

La Reuters ha citato un attivista che ha definito questa situazione “profondamente riprovevole” e ha detto che “la fornitura di finanziamenti per il clima non dovrebbe essere un’opportunità di business”. Anche Liane Schalatek, della ONG ambientalista tedesca Heinrich-Boll Foundation, ha affermato che invece di portare profitti, i finanziamenti per il clima dovrebbero “servire le esigenze e le priorità dei Paesi in via di sviluppo beneficiari”.

Questo non dovrebbe stupire più di tanto: molti attivisti del cambiamento climatico e campioni della transizione nel governo e nel settore NOG stanno presentando la transizione energetica proprio come un’opportunità di profitto. Gli investitori vengono convinti che investire in società di sviluppo solare o nella ricerca sull’idrogeno verde non solo aiuterebbe il pianeta, ma farebbe guadagnare anche loro. E ai governi dei Paesi in via di sviluppo viene detto che la transizione proteggerà le loro economie dalle devastanti perdite future causate da un cambiamento climatico non mitigato – ipoteticamente.

Colonizzazione economica tramite il clima

Quindi, sembra che i Governi del G7 che hanno stipulato i contratti di prestito, stiano semplicemente approfittando delle opportunità che la transizione energetica presenta loro. Il fatto che questo metta in difficoltà le nazioni in via di sviluppo che non possono permettersi di trarre lo stesso vantaggio è un fatto spiacevole che sarà senza dubbio utilizzato dai leader di queste nazioni per reagire alle pressioni dell’Occidente su di loro, affinché evitino di sviluppare le loro risorse naturali di idrocarburi e passino direttamente alla fase eolica e solare dell’approvvigionamento energetico.

Molti leader africani hanno già espresso la loro comprensibile indignazione per le condizioni legate ai finanziamenti forniti dal FMI e dalla Banca Mondiale, che essenzialmente vincolano l’erogazione di questi prestiti a determinati impegni di transizione. Ora, con l’inchiesta di Reuters, l’indignazione potrebbe diventare più forte – e perfettamente giustificata.

Le nazioni del cosiddetto “Sud globale stanno vivendo una nuova ondata di debiti causati dai finanziamenti per il clima”, ha dichiarato a Reuters un ex funzionario ecuadoriano che si occupa di cambiamenti climatici. Ciò che la dichiarazione suggerisce è una conferma dell’affermazione di cui sopra, ossia che le nazioni ricche – o meglio i loro governi e le grandi aziende – stanno approfittando dell’opportunità che la transizione energetica presenta, ma non nel senso forse immaginato dagli attivisti del clima.

A questo punto l’estremismo climatico e il fatto che alcuni dogmi in materia siano indiscutibili potrebbe tranquillamente essere letto come uno strumento culturale per la colonizzazione economica del sud del mondo. Se un tempo il pretesto era

Non solo, ma questi governi e queste aziende stanno offrendo più prestiti che sovvenzioni, come ha dimostrato l’indagine Reuters, con l’ammontare dei debiti climatici forniti alle nazioni povere e a medio reddito che finora rappresentano il 54% dei finanziamenti climatici totali nell’ambito dell’obiettivo internazionale di 100 miliardi di dollari, che il mondo non è riuscito a raggiungere.

Quindi, sembra che alcuni dei più accesi sostenitori governativi della transizione energetica possano avere più di un tipo di motivazione per sostenere la transizione. Si tratta di una rivelazione piuttosto imbarazzante, mentre i Paesi in via di sviluppo aumentano la loro pressione sul mondo ricco affinché paghi per ciò che gli attivisti sostengono essere un cambiamento climatico di propria creazione.

I prestiti per la transizione climatica abbassano la qualità di vita delle nazioni a cui sono concessi: si tratta di debito estero, che viene ad essere utilizzato da aziende estere per impiegare risorse provvenienti dall’esterno. La ricaduta economica locale è stata minima, e quello che, alla fine, rimane è solo il debito e il deflusso finanziario. Le politiche climatiche, per questi paesi, sono fame e povertà.


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