Difesa
Tensioni nel Pacifico: Jet cinese minaccia aereo giapponese. Due portaerei cinesi intervengono assieme
Un caccia cinese J-15 si è avvicinato pericolosamente, soli 45 metri, a un aereo giapponese nel Pacifico, sollevando timori di collisione. Scopri le tensioni crescenti e le implicazioni geopolitiche

Il Giappone ha espresso forte preoccupazione per un episodio definito “di grave allarme” avvenuto sopra le acque internazionali del Pacifico, dove un caccia cinese J-15, decollato dalla portaerei Shandong, si è avvicinato pericolosamente a un velivolo da pattugliamento P-3C delle Forze di Autodifesa giapponesi (SDF), volando a soli 45 metri di distanza.
L’incidente, avvenuto nel fine settimana, ha sollevato timori di una possibile collisione accidentale, come sottolineato dal segretario di gabinetto giapponese Yoshimasa Hayashi, che ha esortato Pechino a prevenire simili episodi in futuro.
Un secondo episodio, altrettanto preoccupante, ha visto lo stesso J-15 sorvolare la traiettoria di un altro velivolo SDF a circa 900 metri di distanza, un’azione definita “pericolosa” dal Ministero della Difesa giapponese. Sebbene non ci siano stati danni fisici o feriti, il comportamento è stato giudicato “anomalo” e ha innescato un allarme diplomatico.
Manovre cinesi nel Pacifico: un segnale di forza L’episodio si inserisce in un contesto di crescenti attività militari cinesi nel Pacifico. Durante lo stesso fine settimana, le portaerei cinesi Shandong e Liaoning hanno operato all’interno della zona economica esclusiva (ZEE) giapponese, che si estende per 200 miglia nautiche dalla costa. La Shandong è stata avvistata a circa 550 km a sud-est dell’isola di Miyako, in Okinawa, mentre conduceva esercitazioni di decollo e atterraggio di caccia e elicotteri. La Liaoning, invece, si trovava a 300 km a sud-ovest dell’isola di Minamitori, per poi spostarsi fuori dalla ZEE per ulteriori esercitazioni. Si è trattataa della prima esercitazione congiunta fra le due navi.
Queste operazioni congiunte delle due portaerei, un evento raro, rappresentano un chiaro segnale della volontà cinese di espandere la propria influenza militare oltre le cosiddette “prime e seconde catene insulari”, confini marittimi strategici che includono Giappone, Taiwan, Filippine e Guam, un’importante base militare statunitense. Si tratta della prima volta che una portaerei cinese opera a est della seconda catena insulare, un’azione percepita come una dimostrazione di forza.
La risposta di Pechino e le reazioni regionali
Il Ministero degli Esteri cinese ha difeso le proprie azioni, sostenendo che le attività militari nelle acque internazionali sono “in linea con il diritto internazionale” e che la politica di difesa cinese è di natura “difensiva”. Un’affermazione un po’ curioa quando queste attività avvengono vicino alle coste giapponesi.
Tuttavia, il Giappone non è l’unico a esprimere preoccupazione. Negli ultimi anni, paesi come Filippine, Australia, Stati Uniti e Canada hanno denunciato comportamenti pericolosi da parte di piloti cinesi. A febbraio, ad esempio, la Cina ha condotto esercitazioni a fuoco vivo nel Mar di Tasman, tra Australia e Nuova Zelanda, attirando ulteriori critiche.
Il ministro della Difesa giapponese, Gen Nakatani, ha dichiarato che la Cina sta cercando di potenziare le capacità operative delle sue portaerei e di estendere la propria presenza in mare aperto. Nel frattempo, i media di stato cinesi hanno accusato il Giappone di violare la sua costituzione pacifista post-bellica, criticando i piani di Tokyo per schierare nuovi sistemi missilistici Type 12 a Kyushu. Secondo Pechino, tali mosse sono “confrontazionali” e potrebbero minare la stabilità regionale.
Un’escalation da evitare Con l’aumento delle esercitazioni militari, l’introduzione di armamenti avanzati e incontri ravvicinati sempre più frequenti, cresce il timore che la situazione nel Pacifico possa sfuggire di mano. Le tensioni, specialmente intorno a Taiwan, che Pechino considera parte del proprio territorio, aggiungono ulteriore complessità. Analisti e osservatori internazionali sottolineano la necessità di un dialogo per evitare che questi episodi si trasformino in un conflitto più ampio.
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