Attualità
E se il Toto-ministri fosse un esercizio inutile?
In questi giorni vi sono, contemporaneamente, due fatti di carattere politico, il primo che investe tutta la stampa italiana, il secondo trattato con minore evidenza e solo dagli analisti più interessati e preparati. Parliamo de :
- il toto ministri e il gioco dei nomi, soprattutto per i ministeri più rilevanti, come interni, MEF, esteri etc;
- il processo di revisione delle regole di stabilità del bilancio che verrà discusso il prossimo 26 ottobre nel vertice dei ministri delle finanze.
Iniziamo dal secondo punto: inutile attendersi che ci sia una profonda revisione dei trattati che coinvolga i due limiti, ormai anacronistici, del debito (60% del PIL) e del Deficit (3%), stabiliti nel 1992 e ormai insensati nel post covid. Come sottolinea Giuseppe Liturri su la verità non c’è il tempo per una loro variazione e, soprattutto, non c’è l’accordo politico per poterla fare. La Germania non vuole che siano toccati, sono parte del suo dominio europeo e hanno un valore anche psicologico, perché fanno sentire il peso della “Catena” al collo dei vari paesi. Quindi ci si limiterà ad alcune revisioni metodologiche, per quanto rilevanti, che, sempre secondo Liturri, consisteranno:
- nella variazione dell’orizzonte temporale nel quale percorrere la riduzione del debito, non più annuale, ma quinquennale e corrispondente al ciclo politico. In questo modo si controlleranno meglio i governi e il loro operato;
- nella variazione del parametro di deficit del 3% che diventerebbe “Strutturale” e non “Congiunturale”, cioè legato alla congiuntura economica. non è un grosso passo avanti, anzi subentra un grosso fattore di soggettività nelle valutazioni, perché tornano i vari giochetti di NAWRU, NAIRU e capacità di crescita, introdotti dagli econometristi di Bruxelles e estremamente opinabili. Alla fine si sarà nelle mali della personale valutazione di una variabile in un’equazione, e questo non è per nulla un passo avanti.
A questi problemi se ne aggiungono altri: la prossima settimana la BCE quasi sicuramente aumenterà nuovamente i tassi d’interesse. La finalità dichiara è quella di combattere l’inflazione, fatto che non accadrà, almeno nel breve periodo, perché l’inflazione è esterna, legata ai prezzi energetici, non all’eccesso di offerta monetaria. Se l’inflazione cadrà questo sarà dovuto, come abbiamo già scritto, quasi esclusivamente alla recessione economica che questa mossa restrittiva verrà ad introdurre in un’economia già in difficoltà per la crisi energetica.
I tassi sui titoli italiani decennali sono già al 4,6% sui mercati secondari, un valore quattro volte superiore a quello di un anno fa
La politica restrittiva della BCE, unita al “Tapering” cioè al calo di acquisto dei titoli di stato dei paesi dell’area euro, già in atto, avrà come effetto l’aumento ulteriore dei tassi di interesse. Un fenomeno visto nel Regno Unito dopo gli annunci delle politiche economiche della Truss, dove la BoE ha risposto riprendendo ad acquistare titoli. In Area Euro la BCE difficilmente seguirà l’esempio, sia per i vincoli di bilancio, sia perché non ci crede. A questo punto, per fermare un crack dei titoli italiani, non resterà che lo strumento del TPI, che è però limitato nei volumi e altamente condizionale. La BCE chiederà il perseguimento degli obiettivi fissati dalla Commissione, probabilmente le famose “Riforme” legate al PNRR.
A questo punto passiamo a trattare il primo tema dei giornali attuali: il toto-ministri. Con una politica economica, e non solo, definita da Bruxelles, a cosa serve il Ministro dell’Economia? Potrà essere tecnico, politico, o preso per la strada e sarà perfettamente inutile, perché la vera politica sarà fatta altrove. In questo modo però anche la base della democrazia verrà devastata, con la cancellazione del principio fondamentale del “Nessuna tassa senza rappresentanza”, dato che le tasse saranno decise da chi non è stato votato, la tecnocrazia di Bruxelles.
Questa è la vera sfida del nuovo governo, difficile e superabile solo con un attento equilibrio di relazioni internazionale, europee ed extra-europee, e di politica interna che segua comunque le spinte democratiche interne. Altrimenti il nuovo governo rischia di essere esclusivamente l’impopolare esecutore di ordini scritti altrove.
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