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Economia

Dazi UE-USA, è tempesta su Bruxelles. Orbán: “Von der Leyen mangiata a colazione da Trump”. Germania calcola danni miliardari

L’intesa sui dazi al 15% spacca l’Unione. L’Ungheria attacca frontalmente la Presidente della Commissione, la Francia lo definisce “sbilanciato” e uno studio tedesco quantifica in 6,5 miliardi di euro le perdite per la sola Germania. Un accordo che doveva portare pace commerciale rischia di innescare una crisi interna all’UE.

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L’accordo quadro sui dazi raggiunto in extremis tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti, che introduce una tariffa generalizzata del 15%, sta già scatenando un terremoto politico ed economico nel Vecchio Continente.

L’intesa, che esenta il settore aereo, lascia invariati i super-dazi al 50% su acciaio e alluminio e rimanda a un negoziato separato il settore farmaceutico, è vista da molti come una capitolazione negoziale di Bruxelles. Le reazioni dei singoli stati membri non si sono fatte attendere e disegnano il quadro di un’Unione divisa e indebolita.

L’affondo di Orbán: “Von der Leyen, un peso piuma divorato da Trump”

La critica più feroce arriva, come prevedibile, da Budapest. Il primo ministro ungherese, Viktor Orbán, non ha usato mezzi termini per descrivere quella che considera una disfatta per l’UE, paragonandola sfavorevolmente all’accordo che la Gran Bretagna è riuscita a strappare con Washington.

“Il presidente Donald Trump ha mangiato a colazione la presidente della Commissione (Ursula) von der Leyen. È successo, e lo sospettavamo, dato che il presidente degli Stati Uniti è un peso massimo nei negoziati, mentre la presidente è un peso piuma,” ha dichiarato Orbán.

Una metafora brutale che mira a dipingere l’immagine di una leadership europea impreparata e soccombente di fronte alla determinazione americana. Questa è l’immagine trapelata all’esterno della capacità di trattativa europea.

La Francia critica un accordo “sbilanciato”

Più diplomatica ma altrettanto netta la posizione di Parigi. Il Ministro francese per gli Affari Europei, Benjamin Haddad, pur riconoscendo che l’intesa offre una “temporanea stabilità” ad alcuni settori, l’ha bollata come fondamentalmente iniqua.

“L’accordo commerciale negoziato dalla Commissione Europea con gli Stati Uniti […] è sbilanciato,” ha scritto Haddad sulla piattaforma X.

Il ministro ammette i benefici per alcuni settori chiave dell’esagono, come l’industria degli alcolici che ottiene un’esenzione, ma la critica di fondo rimane: l’UE avrebbe concesso troppo, ricevendo troppo poco in cambio. La Francia è in deficit commerciale con gli USA e da sola , probabilmente, avrebbe potuto concludere un accordo molto più vantaggioso con Washington.

La Germania fa i conti: danni per 6,5 miliardi di euro

A tradurre in cifre concrete le conseguenze dell’accordo è il prestigioso Kiel Institute for the World Economy (IfW), con uno studio pubblicato in esclusiva per il quotidiano tedesco Handelsblatt. L’analisi è impietosa: l‘impatto sull’economia più forte d’Europa sarà devastante.

Secondo i calcoli dell’istituto, i dazi generalizzati al 15% e quelli specifici al 50% su acciaio e alluminio causeranno una riduzione del Prodotto Interno Lordo (PIL) tedesco dello 0,15% in un solo anno. In termini monetari, si tratta di una perdita secca di circa 6,5 miliardi di euro.

L’impatto, seppur negativo per l’intera Unione (-0,1% del PIL comunitario), si concentra in modo sproporzionato su Berlino. Altri grandi paesi, come la Francia e l’Italia, sembrano essere colpiti in misura molto minore, con perdite stimate rispettivamente dello 0,01% e dello 0,02% del PIL. Un dato che rischia di alimentare ulteriori tensioni e recriminazioni tra i partner europei.

Al termine di questa vicenda la sensazione diffusa nei vari stati è che ciascuno avrebbe potuto raggiungere accordi più vantaggiosi rispetto a quello concluso dalla von der Leyen, che riesce nella capacità di non andare bene a nessuno. Alla fine il dazio è muguale a quello di un paese con un potente surplus commerciale, come il Giappone, ma si applica anche a paesi come Francia, Spagna e Portogallo che sono in deficit commerciale e che avrebbero potuto, facilmente, trattare condizioni di favore con Trump.


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