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Dal grande Seneca un vaccino contro i feticisti della vaccinazione

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Nella Medea di Seneca troviamo una delle domande più utili della storia: sia della storia umana universale sia della nostra piccola biografia individuale. Il quesito è: cui prodest? A chi giova? E il grande filosofo latino ci fornisce, a ruota, anche la risposta: cui prodest scelus, is fecit. Ovvero: «Il delitto l’ha commesso colui al quale esso giova». Ora, sostituite la parola “delitto” con il vocabolo “impresa”, o “iniziativa”, e declinate il tutto al futuro (“la commetterà” anziché “l’ha commesso”) e avrete un’ottima bussola per orientarvi nel dibattito sul vaccino anti-Covid.

I semi di quel dibattito daranno i loro frutti sia nella grande storia mondiale sia nella piccola storia privata di ciascuno di noi. A chi giovano i vaccini? E chi li produce, quali e quanti vantaggi ne trarrà?  Perché c’è un dato di fatto con cui non possiamo esimerci dal confrontarci. È vero che un vaccino, in quanto antidoto alla malattia, ha potenzialità benefiche. Ma qualsiasi vaccino – nella misura in cui è prodotto da chi su di esso lucra – presenta anche enormi rischi di “inquinamento” business to business. Altrimenti detto, fino a che punto c’è buona fede in chi invoca un vaccino subito, indiscriminato e obbligatorio?

Il sospetto è l’anticamera della verità, diceva quel tale. Il vaccino (qualsiasi vaccino) è anche la miccia di innesco di un ciclopico giro di affari e, quindi, reca seco (anche) un gigantesco conflitto di interessi. Un ottimo e documentato pezzo del 2015, su “La Stampa”, richiamava un’inchiesta de “L’Economist” così informandoci: “Nel 2005 i vaccini ad uso umano avevano fruttato alle aziende produttrici circa 8.9 miliardi di dollari ma nel 2009 quella stessa voce era schizzata alle stelle, portando gli introiti a 22.2 miliardi di dollari, proprio in coincidenza con l’esplosione della pandemia da virus H1N1 (la febbre suina)”.

Ergo, l’attuale discorso sulla vaccinazione potrà condurci a conclusioni (e decisioni) “politiche” – non solo “economiche” e non solo “scientifiche” – purchè muoviamo da due premesse non rinunciabili. Primo: ascoltare anche chi, tra gli scienziati, ci mette in guardia sui rischi dei vaccini (come tutti i farmaci, forieri di controindicazioni) e sulla loro effettiva utilità contro virus mutaforma. Secondo: interrogarci sistematicamente sulla “convenienza” economica del vaccino e sulla pressioni indebite esercitabili da chi il vaccino produce (le grandi corporation di Big Pharma)  su chi il vaccino lo vuole imporre per il “nostro bene” (la politica).

Seguendo la pista indicataci da Seneca duemila anni fa potremmo anche giungere a una conclusione inattesa. L’unica seria soluzione sarebbe quella di sganciare completamente la filiera della produzione e commercializzazione dei vaccini da interessi privati e affidarla al pieno e totale controllo pubblico.

C’è una norma pressochè inattuata della nostra Costituzione (art. 43) in grado di fornirci ottime indicazioni in proposito: “Ai fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, (…) determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali (…) abbiano carattere di preminente interesse generale”. Seneca, forse, aggiungerebbe: se vaccino deve essere, vaccino sia purchè faccia solo gli interessi della nostra salute e non del capitale altrui.

Francesco Carraro

www.francescocarraro.com


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