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Dal crollo di Wall Street all’ascesa di Hitler: i dati su disoccupazione e inflazione

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Tutti hanno almeno una volta sentito parlare grande depressione, la crisi cominciata con il crollo della borsa americana che in poco tempo aveva investito tutto il mondo.

Ma in quanti ne conoscono i dettagli sulle peculiarità di quella terribile recessione? In questo pezzo analizzeremo i documenti storici originali riguardo disoccupazione e inflazione, in particolare sulla situazione tedesca (ma anche italiana).

Cominciamo dall’inizio dello scoppio della crisi finanziaria, ecco un articolo de “La Stampa” datato 31 ottobre 1929, dal titolo “La bufera su Wall Street” (FONTE)

« Ricchissime famiglie travolte dalle speculazioni borsistiche – numerosi suicidi – centinaia di migliaia di falliti – Le perdite salgono a 20 miliardi di sterline – I ristoranti deserti »

L’impatto nell’immediato è stato molto duro, in Italia e nel mondo, quali furono invece le conseguenza nel medio periodo?

Nel giro di neanche un anno, sempre La Stampa titola la prima pagina dell’8 agosto 1930 in questo modo: “La disoccupazione nel mondo” (FONTE)


« Cifre paurose. Stati Uniti 6 milioni – Germania 3 milioni – Inghilterra 2 milioni – Giappone 806 mila – Australia e Canada immersi nella più grave crisi della loro storia. »

E si era appena agli inizi, andiamo avanti. Dal rapporto annuale Banca d’Italia sul 1932, a pagina 9 leggiamo:

« Nello scorso anno si sono accentuati, nella situazione mondiale, i due fenomeni più impres­sionanti della crisi: diminuzione dei prezzi delle merci ed aumento della disoccupazione (1)


(1) I prezzi delle merci, espressi in oro, sono diminuiti, in generale, di un terzo circa rispetto a quelli anteriori all’ottobre del 1929, e quelli delle materie prime dal 50 al 60 per cento in media. La disoccupazione, secondo i dati dell’Ufficio internazionale del lavoro, si è estesa a circa 30 milioni di lavoratori, senza tener conto delle famiglie e delle altre persone a carico. »

LA DISOCCUPAZIONE IN ITALIA

Guardiamo la situazione in Italia, descritta a pagina 16 sempre nel rapporto annuale sul 1932.

« La disoccupazione operaia, pur avendo regi­strato un ulteriore aumento (2), continua a mante­nersi, rispetto a quasi tutti i maggiori Paesi indu­striali, a un livello proporzionalmente meno elevato, efficacemente a ciò contribuendo la vasta politica di lavori pubblici attuata dallo Stato.

Il lavoro, assistito e tutelato dalle organizza­zioni sindacali, si svolge con ordine e disciplina, e le riduzioni salariali, contenute nei limiti imposti dalle indeclinabili necessità dell’industria, sono state accettate dagli operai con schietto spirito di colla­borazione e di comprensione delle difficoltà del momento presente (3). »

Il numero di disoccupati si trova nella seconda nota, della medesima pagina


« (2) Secondo le rilevazioni della Cassa Nazionale per le Assicurazioni sociali, al 31 dicembre 1932 risultavano totalmente disoccupate 1.129.654 persone, contro 982.321 al 31 dicembre 1931. La disoccupazione parziale registrava, alla fine dello scorso anno, 37.644 unità, contro 32.949 alla fine dell’anno precedente. Nel primo bimestre del corrente anno il numero dei totalmente disoccupati si è accresciuto di 99.733 unità (8,11 %), mentre nello stesso periodo del 1932 l’aumento fu di 165.624 unità (14,43 %). »

LA DISOCCUPAZIONE IN GERMANIA

Vediamo ora la situazione in Germania nei primi anni ’30, per i dati sulla disoccupazione torniamo sull’archivio de La Stampa.

Nella prima pagina del 31 dicembre 1929, leggiamo l’articolo “Due milioni di disoccupati in Germania – quotidiani sanguinosi conflitti” (FONTE)


« Vengono pubblicate le cifre della disoccupazione dell’ultima quindicina, cioè della prima metà del dicembre, e segnano un impressionante aumento sulla quindicina precedente.

Secondo queste cifre, il numero dei disoccupati in tutta la Germania ascende a due milioni, comprese in queste cifre tutte le varie categorie di sussidiati. Basta a dare la misura del progressivo aumento il confronto con le cifre dei disoccupati dell’anno scorso alla stessa data, che era di soli 1.100 mila.

La disoccupazione è, dunque, poco meno che raddoppiata. Nella città di Berlino i disoccupati ascendono a 271.330. I motivi di questo forte aumento sono da attribuire tanto ai licenziamenti per causa di riduzione di esercizi quanto all’impossibilità da parte dei medesimi esercizi di assorbire le nuove generazioni di lavoratori.

L’impressionante aumento di queste cifre sempre più nel centro e nel vivo delle preoccupazioni politiche del momento, non solo per il forte gravame al bilancio sociale e statale che esso rappresenta, ma più ancora per il fatto che questa massa di disoccupati diventa sempre più massa di manovra, nella quale l’attività rivoluzionaria sovvertitrice del partito comunista sempre più accenna a fare presa.

I comunisti vedono con gioia accrescere questa popolazione di disoccupati come altrettante reclute destinate ad aumentare nelle mani loro in maniera immediata il loro esercito di manovra. Sono ogni giorno cortei su cortei, dimostrazioni su dimostrazioni in tutte le parti del paese. »

Sempre su La Stampa esisteva una rubrica di economia e finanza chiamata “giorno per giorno“, prendiamo l’edizione del 26 dicembre 1931 (FONTE), dove una breve nota parlava della congiuntura tedesca.


« Germania: In novembre l’esportazione è diminuita da 879 (ottobre) a 748 milioni di marchi. La esportazione tedesca rappresenta ancora oggi il 12 per cento sul totale dell’esportazione mondiale. Date le recenti misure doganali in Europa e nel Sud America si prevede per i prossimi mesi un sensibile ribasso nelle vendite all’Estero. Se si tiene conto che almeno il venticinque per cento della popolazione tedesca vive dell’esportazione la probabile riduzione delle vendite provocherà un nuovo aumento dei senza lavoro che ha già raggiunto cinque milioni e 349 mila unità. »

Nonostante l’immagine sia un po’ sbiadita si legge chiaramente che a metà nel 30 la disoccupazione in Germania è passata dai 2.656.000 del maggio 1930 ai 5.349.000 di dicembre 1931.

INFLAZIONE E PREZZI

Come anticipato, gli anni successivi alla crisi del 1929 si caratterizzarono per un’inflazione negativa, ovvero la deflazione, pressoché ovunque nel mondo.

È opinone diffusa che, fra le cause dell’ascesa di Hitler, ci fu l’iperinflazione.

Fu una delle ragioni del successo di Hitler e dei nazisti“, affermava un ex-governatore della Bundesbank, Karl Otto Pohl, in questo documentario RAI del 2011, dal min 9:45

https://www.youtube.com/watch?v=kLTUgXTtIgM
Ma come stavano realmente le cose?

Com’era la situazione in Germania e nel mondo nei primi anni 30? Sempre dalla rubrica “giorno per giorno”, dal numero del 26 marzo 1932 (FONTE) leggiamo:

« L’indice de prezzi dal 1° marzo del ’31 al 1° marzo del ’32 segnala i seguenti ribassi: S.U. (NDR – Stati Uniti) da 110 a 95, Germania da 114 a 100, Francia da 109 a 91, Italia da 92 a 85. In Inghilterra dal 18 settembre del ’31 ad oggi il numero indice è sceso da 83 a 69. Tutti i calcoli sono stati fatti sulla base oro e raggruppano tutte le merci, dalla materie prime ai manufatti. »


Il pezzo riportato si trova in basso a sinistra nella foto, ora leggiamo il pezzo al centro intitolato “i suggerimenti della depressione“, quando Hilter rappresentava la seconda forza politica del Paese (più avanti i dettagli).

« Influenze diverse cooperano in Germania per conseguire la sua indipendenza dal mercato mondiale. Hitler insiste nell’affermare che la Germania deve rendersi economicamente indipendente, abbandonando la valuta aurea e restringendo gli impegni con i gruppi capitalisti esteri.

Meno in vista di Hitler, ma pure potenti, sono i grandi interessi agrari nelle provincie orientali della Germania, che esercitano esse la loro influenza in favore d’un’economia nazionale che basti a se stessa. La politica degli agrari vorrebbe eliminare la concorrenza dei paesi agricoli stranieri sul mercato germanico.

Mentre gl’interessi agrari favorirono sempre una politica di riduzione al minimo degli scambi con l’estero, l’industria germanica seguiva invece la via opposta. Gl’interessi industriali favorivano sempre la conclusione di trattati di commercio con la clausola della Nazione più favorita, così da aumentare le esportazioni ma aprendo anche le porte alle importazioni dall’estero. »

Sempre riguardo i prezzi, adesso prendiamo i documenti storici della Federal Reserve, liberamente consultabili online.

Prendiamo in esame alcune tabelle pubblicate in alcune edizioni del “bollettino mensile” degli anni 30.

L’indice dei prezzi all’ingrosso – prendendo 100 un anno di riferimento – notiamo un trend discesa pressoché ovunque

FONTE: Bollettino mensile FED febbraio 1932 – pag 38 pdf

FONTE: Bollettino mensile FED maggio 1933 – pag 44 pdf
Interessante anche l’andamento di “prezzi del cibo al dettaglio” e “Costo della vita” anche in questo caso indici in discesa per tutti, compresa la Germania.

FONTE: Bollettino mensile FED febbraio 1932 – pag 38 pdf

FONTE: Bollettino mensile FED maggio 1933 – pag 45 pdf
Per quanto riguarda la situazione in Italia, riprendiamo il rapporto Banca d’Italia sul 1932, andando nella sezione “tavole statistiche”.

A pag 135 troviamo questa tabella “Indici dei prezzi all’ingrosso, del costo della vita e dei salari


La situazione dei prezzi all’ingrosso è stata già analizzata nei bollettini della Federal Reserve, quindi nessun ulteriore commento.

Il documento della Banca d’Italia mette in luce i dati italiani sul costo della vita e l’indice dei salari, la fonte è l’Istituto Centrale Statistica, cioè l’attuale ISTAT. Riassumiamo in una tabella i valori di fine anno.

Come avete visto, alla discesa del costo della vita corrisponde anche una riduzione dei salari: questo è il magico mondo della deflazione.

LE ESPORTAZIONI TEDESCHE

Com’era la situazione economica negli ultimi mesi della repubblica di Weimar? Ancora una volta da “giorno per giorno” leggiamo il numero del 7 ottobre 1932 (FONTE)


« Suicidio dell’esportazione

Con questo titolo la Frankfurter Zeitung (vedi n. 6 ottobre) espone i pericoli che minacciano l’esportazione tedesca in seguito alla politica dei contingentamenti agricoli decisi dal Governo.

Nel 1931 la Germania ha esportato merci per il valore di circa dieci miliardi di marchi (oltre 45 miliardi di lire) dei quali circa otto nei Paesi europei. La Germania è il solo grande Paese industriale con una bilancia commerciale attiva ed ora il Governo colpisce proprio i migliori clienti, quelli che annualmente comperano dai tedeschi molta più merce di quanta ne vendano.

Un principio di guerra economica già esiste tra Germania ed Italia; l’Olanda, il Belgio, la Francia stanno preparando il boicottaggio dei prodotti tedeschi. E si è appena agli inizi. Mentre il Governo di von Papen lancia il suo progetto per vincere la crisi prepara la fame per milioni di operai industriali che vivono grazie all’esportazione, Il giornale scongiura von Papen di fermarsi mentre è ancora in tempo.

Sin qui la Frankfurter Zeitung.

Negli scambi con quasi tutti i Paesi del mondo la Germania ha una bilancia attiva (con la Francia nel ’31 le vendite superarono gli acquisti di tre miliardi di franchi francesi), malgrado si comprenda che la situazione economica imponga alla Germania determinate restrizioni, le brutali misure che essa ha preso non corrispondono ai suoi interessi, perché, per le ragioni suesposte, essa è più vulnerabile dei suoi avversari.

In realtà si tratta soprattutto di un episodio di politica interna; una rivincita delle classi agrarie, sempre difese ma non nella misura desiderato, su quelle industriali. Ma l’industria d’esportazione in Germania, come in Inghilterra, è un fattore dominante nella vita del Paese: da essa dipende il pane quotidiano di almeno un terzo della popolazione.

A chi conta di vendere von Papen i dieci miliardi di marchi di merce esportati nel ’31? Ai contadini prussiani? Ci pare poco probabile… »

Oggi come allora la Germania aveva un modello economico fortemente mercantilista, ma se basi il tuo modello principalmente sull’export e a un certo punto gli altri Paesi decidono di non comprare più i tuoi prodotti, finisci nei guai…

Ecco perché nel giro di tre anni dallo scoppio della crisi la disoccupazione in Germania esplose!

LE ELEZIONI NELLA REPUBBLICA DI WEIMAR

Quando si pensa alla repubblica d Weimar si pensa alla carriola di marchi. L’iperinflazione toccò il suo picco nel 1923, l’anno successivo venne risolto attuando una riforma monetaria.

FONTE: Bollettino mensile FED – febbraio 1924 (pag 74 del PDF)

Quanto consenso avevano riscosso i nazisti all’indomani del picco inflazionistico?

Il parlamento tedesco, il Bundestag, ha messo a disposizione questo documento riassuntivo – tre paginette in inglese – che riassume i risultati delle elezioni parlamentari della repubblica di Weimar.

Riporto in una tabella i risultati del partito nazista ad ogni elezione in cui si è presentato, cioè tutte tranne la prima del 6 giugno 1920.


Vale la pena analizzare anche l’estrema sinistra, cioè il Partito comunista di Germania (KPD) e il Partito Socialdemocratico di Germania (SPD), lo stesso che tutt’oggi siede nel governo tedesco nella cosiddetta “larga coalizione“.

Arriviamo al dunque, leggiamo la sezione sulle elezioni del 4 maggio 1924:


« I vincitori delle seconde elezioni del Reichstag del 4 maggio 1924, note come le “elezioni dell’inflazione“, furono i partiti anti-repubblicani di estrema sinistra e destra, che ricevettero una considerevole ondata di sostegno a causa della terribile situazione economica e di un diffuso senso di insicurezza. I guadagni maggiori sono stati realizzati dal KPD, la cui quota di voti è passata dal 10,5% al ​​12,6%

Il Partito Popolare Nazionale Tedesco (DNVP) conservatore di destra e l’alleanza fra il Partito popolare tedesco per la libertà (Deutsch-Völkische Freiheitspartei) e il Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori (NSDAP) hanno approfittato di un’ondata di propaganda nazionalista sciovinista contro l’occupazione dell’area della Ruhr e del Piano Dawes: il DNVP ha realizzato ulteriori guadagni sostanziali fino a diventare il secondo più grande gruppo parlamentare con una quota del 19,5% dei voti e 95 deputati.

La coalizione del Partito popolare per la libertà e dei nazionalsocialisti ha ottenuto il 6,5%, stabilendo così per la prima volta lo spettro dell’estrema destra come forza parlamentare. (…) »
Ci furono nuove elezioni anche alla fine del 1924: quella medesima coalizione di estrema destra scese al 3% mentre il consenso dei comunisti calò al 9%.

Il 1923 fu un anno difficile per la Germania, ci mancherebbe, ma il fatto che l’anno successivo i partiti “estremi” furono stati ridimensionati nell’arco di sei mesi (da un’elezione all’altra) fu la prova di un miglioramento delle condizioni economiche.

Secondo la ricostruzione del PIL reale fatta dal FMI nel 1923 la Germania fece -16,9% e l’anno successivo +17,1% e il PIL rimase in “positivo” fino al 1928.


Sapete invece quanto consenso aveva raccolto il fuhrer negli anni della recessione globale? Leggiamo la sezione sulle elezioni del 1930, cioè dopo quasi un anno dall’inizio della crisi.


« Le elezioni del 14 settembre 1930 furono indette presto nella speranza che fornissero l’appoggio parlamentare al gabinetto di Heinrich Brüning (Centro), che aveva governato con l’ausilio di decreti presidenziali di emergenza; queste elezioni sono state interamente dominate dalla Grande Depressione. L’impoverimento e la radicalizzazione di ampie fasce della popolazione e l’aumento della violenza politica hanno favorito principalmente i partiti estremisti di sinistra e di destra.

I comunisti del KPD hanno guadagnato 2,5 punti percentuali, portando la loro quota di voti al 13,1%. Ancora più drammatico è stato l’ascesa del NSDAP, che ha registrato successi schiaccianti e ha visto la sua quota di voti salire dal 2,6% al 18,3%. Questi due partiti estremisti avevano ora un totale combinato di 184 seggi al Reichstag, in altre parole il 32% di tutti i seggi. Le perdite più pesanti sono state sostenute dalla SPD, la cui quota di solo il 24,5% era inferiore di 5,3 punti percentuali rispetto al 1928.

Anche gli altri partiti tradizionali hanno perso terreno. Il Centro ha ottenuto l’11,8% dei voti (in calo di 0,3 punti percentuali), il Partito dello Stato tedesco (Deutsche Staatspartei), ex DDP, è sceso dell’1,1% al 3,8% e il DVP (Partito Popolare Tedesco) ha conquistato solo il 4,7% dei voti, in calo del 4%. Poiché il governo non era riuscito a ottenere una maggioranza di lavoro in Parlamento, il gabinetto di Brüning è rimasto dipendente dai decreti presidenziali di emergenza per l’attuazione delle sue politiche. »
Nel 1931 e nel 32 la stima del crollo del PIL fu rispettivamente del -7,6 e -7,5%. Ecco come si tradusse questo disagio economico in termini elettorali:


« Le ultime due elezioni democratiche del 31 luglio 1932 e del 6 novembre 1932, convocate anche in anticipo al fine di garantire una maggioranza parlamentare per il governo presidenziale guidato da Franz von Papen (Centro), si sono svolte in un clima di depressione economica e radicalizzazione.

In entrambe le elezioni, il NSDAP è emerso come il partito più forte rispettivamente con il 37,4% (230 seggi) e il 33,1% (196 seggi). Nelle elezioni di luglio, ha inviato onde d’urto che si sono riverberate nel panorama politico raddoppiando il suo numero di voti; la sua relativamente piccola perdita di 4,3 punti percentuali nelle elezioni di novembre ha fatto poco per attenuare l’impatto del voto di luglio.

Il KPD ha aumentato la sua quota di voti in entrambe le elezioni, ottenendo il suo miglior risultato in assoluto con il 14,5% e 89 seggi, per poi migliorarlo con il 16,9% e 100 seggi. Con 319 seggi su 608 e poi 296 su 584, i comunisti ed i nazionalsocialisti avevano effettivamente un potere di veto congiunto al Reichstag. (…)


L’elezione del Reichstag nel novembre 1932 fu l’ultima elezione nazionale democratica. Al momento delle successive elezioni al Reichstag nel marzo 1933, il processo elettorale era soggetto alla politica di repressione e intimidazione dei nazionalsocialisti; date le numerose irregolarità e violazioni dei diritti verificatesi, l’elezione del 1933 non può essere considerata veramente democratica. »

LA SALITA AL POTERE DI HITLER

FONTE: Archivio La Stampa – 31 gennaio 1933

Quanti erano i disoccupati nei giorni in cui Hitler fu nominato cancelliere?

Riprendiamo la prima pagina de “La Stampa della Sera” del 13-14 febbraio 1933 (FONTE). In basso a destra leggiamo:


« Al 1° febbraio 1933 i disoccupati in Germania sono tornati sei milioni e quattordicimila, trentamila in meno che nel febbraio del 1932. Comunicati ufficiali informano che si è già soddisfatti che la situazione non sia peggiorata rispetto al 1932. Ci si accontenta di poco; sei milioni di senza lavoro, senza contare i “disoccupati invisibili”, sono una cifra tragica. »

IL PUNTO DI VISTA DELLA REICHSBANK

Ultimo documento in esame, ma non per questo meno importante, le considerazioni della banca centrale tedesca dell’epoca, ovvero la Reichsbank attiva dal 1876 al 1945.

Ecco il suo rapporto annuale sul 1932, ricopiato nel bollettino mensile della FED di maggio 1933, il testo in inglese si trova a pagina 28 del PDF (288 del documento).

The annual report of the German Reichsbank for the year ended December 31, 1932, was submitted to the general meeting of share-holders on April 7, 1933. The main text of the report is given herewith.

Il rapporto annuale della Reichsbank tedesca per l’anno concluso il 31 dicembre 1932 è stato presentato all’assemblea generale degli azionisti il 7 aprile 1933. Il testo principale del rapporto viene fornito qui di seguito.

During the year under review many signs seemed to indicate that the low point of the depression had been reached in a number of countries. The most significant of these signs were the revival in markets for raw materials and the relaxation of the money markets.

Durante l’anno in esame molti segnali sembravano indicare che il punto più basso della depressione era stato raggiunto in diversi Paesi. I segnali più significativi sono stati la ripresa dei mercati delle materie prime e l’allentamento dei mercati monetari.

The negotiations at Lausanne had also demonstrated how much the restoration of sanity in the political life of nations contributes to their common victory over economic difficulties. Nevertheless, the international situation as a whole is still almost paralyzed, and it remains to be seen how far the coming World Economic Conference, for which the two meetings of experts at Geneva did preliminary work, will justify the hopes built upon it.

I negoziati a Losanna avevano anche dimostrato quanto il ripristino del buonsenso nella vita politica delle nazioni contribuisca alla loro comune vittoria sulle difficoltà economiche. Tuttavia, la situazione internazionale nel suo complesso è ancora pressoché paralizzata, e resta da vedere fino a che punto la prossima Conferenza economica mondiale, per la quale i due incontri di esperti a Ginevra hanno svolto un lavoro preliminare, giustificherà le speranze costruite su di essa.

Economic developments in Germany presented a similar unsatisfactory picture and continued to be very unfavorable. It is true that in the second half of the year a few slight indications of improvement were evident in spite of the constantly increasing tension in the political situation of the country. Industrial production and sales showed some revival.

Gli sviluppi economici in Germania hanno presentato un quadro insoddisfacente simile e hanno continuato a essere molto sfavorevoli. È vero che nella seconda metà dell’anno sono emersi alcuni lievi segnali di miglioramento nonostante le tensioni sempre crescenti nella situazione politica del Paese. La produzione industriale e le vendite hanno mostrato una certa ripresa.

For the first time in a long period, if we disregard certain seasonal fluctuations, employment at least showed no further decline. The fall in prices became more gradual. Higher quotations for stocks and bonds, the release of hoarded funds, repatriation of German capital which had taken flight abroad, all seemed to indicate a gradual restoration of confidence.

Per la prima volta da un lungo periodo, se si ignorano alcune fluttuazioni stagionali, l’occupazione almeno non ha mostrato ulteriore calo. La caduta dei prezzi è diventata più graduale. L’aumento delle quotazioni di azioni e obbligazioni, lo sblocco di fondi accumulati, il rimpatrio dei capitali tedeschi che avevano preso la fuga all’estero, tutto sembrava indicare un graduale ripristino della fiducia.

On the other hand, however, public finances were greatly strained; the export surplus in our foreign trade continued to decline; economic distress, especially in agriculture, increased almost to the limits of endurance; and the year-in-year-out pressure of widespread unemployment was an ever-growing menace to the foundations of government and the economic position of the country.

D’altra parte, tuttavia, le finanze pubbliche erano molto tese; il surplus delle esportazioni nel nostro commercio estero ha continuato a diminuire; il disagio economico, soprattutto in agricoltura, è aumentato quasi al limite della sopportazione; e la pressione annuale della disoccupazione diffusa era una minaccia sempre crescente per le fondamenta del governo e la posizione economica del paese.

CONCLUSIONI

FONTE: Bundesbank – banconote emesse dalla Reichsbank (1924-1945)

Ci sarebbe veramente ancora molto da dire, ma per ora fermiamoci qui.

Ma dovrebbe essere chiaro che l’ascesa dell’estrema in Germania destra fu causata dalla disoccupazione di massa e della deflazione.

Lo spauracchio dell’iperinflazione che avrebbe comportato la salita di Hitler al potere, si basa dunque su un clamoroso falso storico.

Così come è un altro falso storico che la libera circolazione delle merci sia salvaguardia di benessere e pace, come ricordavano bene i nostri padri costituenti dopo la fine della seconda guerra mondiale, ma questa è un altra storia.

ARTICOLO ORIGINALE https://canalesovranista.altervista.org/dal-crollo-di-wall-street-allascesa-di-hitler-i-dati-su-disoccupazione-e-inflazione/


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