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Economia

Somalia sull’orlo del baratro: L’Avanzata di Al-Shabaab minaccia di inghiottire la nazione

Mentre l’attenzione è altrove, in Somalia si consuma una crisi drammatica. L’offensiva di Al-Shabaab, la fragilità politica e il ritiro internazionale spingono il Paese verso un possibile collasso. L’analisi della situazione nel Corno d’Africa.

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Mentre tutti gli occhi sono puntati verso il Medio Oriente, la situazione è complessa in una zona che conoscevamo molto bene: il Corno d’Africa. Una tempesta perfetta di violenza jihadista, fragilità politica e disimpegno internazionale sta spingendo la Somalia verso il baratro. In una drammatica inversione di tendenza, il gruppo militante affiliato ad al-Qaeda, Al-Shabaab, ha lanciato la sua offensiva più ambiziosa degli ultimi anni, riconquistando ampie fasce di territorio e arrivando a minacciare la stessa capitale, Mogadiscio. Mentre il governo centrale si sfalda sotto il peso di lotte intestine e il sostegno degli alleati internazionali vacilla, la nazione del Corno d’Africa affronta la sua ora più buia, con il rischio concreto di un collasso statale totale.

La situazione sul campo è precipitata alla fine di febbraio 2025, quando Al-Shabaab ha scatenato un’offensiva su vasta scala, coordinando attacchi fulminei nelle regioni del Medio e Basso Shabelle e in Hiran. Città strategiche come Jowhar, Adan Yabal, Bulo Burde (o Biloburte) e la simbolica El Qohle sono cadute sotto il controllo dei miliziani, vanificando i guadagni territoriali ottenuti a fatica dal governo e dai suoi alleati negli anni precedenti. La caduta di El Qohle, epicentro di una significativa rivolta di clan contro il gruppo nel 2022, è un colpo morale devastante e un simbolo della rapida erosione del controllo governativo.

La situazionenella prima metà del 2025. Nel circolo rosso l’area degli ultimi scontri.

L’avanzata è inesorabile e si combatte ora alle porte della capitale. Questa recrudescenza non è solo militare, ma riflette la capacità di Al-Shabaab di sfruttare le profonde debolezze strutturali dello stato somalo.

Chi è Al-Shabaab: Più di un Gruppo Terroristico

Per comprendere la crisi attuale, è fondamentale capire la natura di Al-Shabaab (“La Gioventù” in arabo). Nato come ala giovanile dell’Unione delle Corti Islamiche, il gruppo si è trasformato in una potente organizzazione jihadista affiliata ad al-Qaeda, con l’obiettivo di instaurare un emirato islamico in Somalia. La sua forza non risiede solo nella brutalità militare, ma in una sofisticata strategia di governance.

Nei territori che controlla, Al-Shabaab amministra la giustizia attraverso le corti della Sharia, riscuote tasse e gestisce i conflitti tra clan con una efficienza che il governo centrale, percepito come corrotto e distante, non riesce a eguagliare. Questa capacità di offrire un’alternativa, per quanto autoritaria e violenta, ha permesso al gruppo di radicarsi nel tessuto sociale ed economico rurale della Somalia.

Dopo un periodo di relativa calma, l’offensiva del 2025 dimostra che il gruppo ha sapientemente atteso il momento di massima debolezza dell’avversario. Ha sfruttato il risentimento delle popolazioni locali, deluse dalle promesse non mantenute dal governo nelle aree “liberate”. Anziché sicurezza e servizi, i residenti hanno spesso subito estorsioni da parte di milizie claniche alleate del governo, finendo per rimpiangere l’ordine, seppur rigido, imposto da Al-Shabaab.

Combattente Somalo

Il crollo interno: un governo che divora sé stesso

La principale causa della resilienza di Al-Shabaab è la fragilità del suo nemico. Il governo federale somalo, guidato dal presidente Hassan Sheikh Mohamud, è paralizzato da tensioni interne e da una pericolosa deriva autoritaria. Il presidente sta spingendo per un controverso sistema elettorale “una persona, un voto” per le elezioni statali e federali previste tra il 2025 e il 2026, il primo tentativo dal 1969.

Gli oppositori politici vedono questa mossa come un tentativo di accentrare il potere, minando il delicato equilibrio federale basato sui clan. Questa spinta ha alienato alleati cruciali, spingendo alcuni leader di clan, un tempo baluardi nella lotta contro Al-Shabaab, a una neutralità attendista o persino a taciti accordi con i miliziani. La legittimità del governo si sta riducendo a una stretta cerchia di alleanze transazionali, mentre il suo controllo territoriale si contrae.

L’esercito nazionale somalo è in uno stato disastroso: fratturato, infiltrato da Al-Shabaab e con il morale a terra, eroso da tagli agli aiuti e da una sfiducia diffusa. La situazione è così grave che alcuni elementi dell’élite politica e militare non sembrano più considerare Al-Shabaab una minaccia esistenziale, ma semplicemente un altro attore con cui, al momento opportuno, si potrà negoziare per mantenere i propri privilegi.

L’abbandono internazionale e il dramma della Missione Africana

A complicare uno scenario già critico interviene il progressivo disimpegno della comunità internazionale. La nuova missione dell’Unione Africana, AUSSOM, è partita a inizio 2025 con gravi problemi di finanziamento e organico. Il recente attacco in cui sono morti sette soldati ugandesi nella regione del Basso Shabelle evidenzia la vulnerabilità delle forze di pace. La missione necessita di quasi un miliardo di dollari per funzionare, ma i fondi sono in dubbio, soprattutto dopo che gli Stati Uniti si sono opposti a un finanziamento stabile tramite i contributi ONU.

A Washington, l’umore è cupo. Senatori repubblicani hanno proposto di congelare i fondi per la Somalia, e secondo indiscrezioni del Washington Post, alcuni funzionari della Casa Bianca avrebbero persino contemplato l’idea di “lasciare che la Somalia bruci”. Un ritiro americano potrebbe innescare un effetto domino, portando al disimpegno anche di Unione Europea e Turchia, lasciando il governo di Mogadiscio al suo destino.

Salme dei soldati ugandesi caduti inSomalia rietrate in patria

In questo complesso teatro, gli Stati Uniti continuano a condurre operazioni mirate. In un’azione separata dalla lotta ad Al-Shabaab, un massiccio attacco aereo della Marina USA, partito dalla portaerei Harry S. Truman, ha colpito l’ISIS-Somalia il 1° febbraio 2025, uccidendo circa 14 miliziani, tra cui un leader operativo, vicino a Bosaso. Questo dimostra la complessità delle minacce terroristiche nel Paese, ma non sposta l’equilibrio nella lotta esistenziale contro Al-Shabaab.

Cosa è in ballo: la prospettiva di un nuovo Afghanistan

Non esiste un percorso militare che possa portare alla sconfitta di Al-Shabaab nelle condizioni attuali. Il gruppo è troppo radicato, il governo troppo diviso e il supporto internazionale troppo incerto. Se la traiettoria attuale continuerà, lo scenario di un crollo governativo simile a quello visto a Kabul non è più un’ipotesi remota. Al-Shabaab potrebbe attendere che i suoi nemici si sfaldino dall’interno, per poi entrare a Mogadiscio senza quasi combattere.

L’alternativa sarebbe un accordo politico con Al-Shabaab. Tuttavia, questa opzione è piena di incognite. Quali concessioni potrebbe ottenere il gruppo al tavolo dei negoziati che non stia già conquistando con la forza? E con quale governo unito e credibile potrebbe negoziare?

Intanto la parte ettentrionale del Puntland sta sempre più separandosi dal governo centrale e a rinascere una sorta di economia attorno al porto di Berbera, in accordo con l’Etiopia, che guadagnerebbe una sorta di sbocco al mare, ma rompendo un equilibrio regionale complesso e irritando l’Egitto, che si propone come potenza regionale, ma senza intervenire direttamente a difesa della Somalia.

La finestra per evitare il disastro si sta chiudendo rapidamente. Solo un’inversione di rotta da parte del presidente Sheikh, volta a ricostruire un consenso politico interno tra gli stati federali e i clan, potrebbe riaccendere una resistenza coesa. Senza questa svolta, e senza una riconsiderazione strategica da parte dei partner internazionali, la Somalia rischia di diventare la prossima grande vittoria del jihadismo globale, con conseguenze devastanti per l’intera regione e oltre. Un peccato per una regione che, storicamente, aveva stretti legami con l’Italia e per il quale, sino a che abbiamo potuto, ci siamo fortemente impegnati.


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