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Come tutelare la minoranza uigura può far saltare i sogni green di Biden e UE

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In un momento in cui le catena di approvvigionamento globale sono ancora tese sino al limite, gli Stati Uniti stanno dando un giro di vite ai prodotti potenzialmente provenienti dai campi di lavoro forzato in Cina.

A partire dal 21 giugno, una nuova legge vieterà le merci importate che sono state prodotte in parte o interamente nello Xinjiang, a meno che le aziende non possano dimostrare che i prodotti non hanno “alcun legame con il lavoro forzato”, secondo quanto riportato da Bloomberg.

La legge è stata approvata all’unanimità dal Congresso e gode di un “forte sostegno” da parte di sindacati e attivisti. Una mozione simile  era stata approvata alla fine dello scorso anno dal parlamento europeo.

Queste misure sono importanti per segnalare la volotà di tutelare delle minoranze religiose e etniche che la Cina vorrebbe cancellare, ma rischiano da un lato di essere inefficaci, dall’altro di colpire alcune industrie chiave.

perchè, ignoto a tanti, lo Xinjoang è il cuore cinese, cioè il cuore mondiale, nella produzione di cristalli di polisilicio, materia prima necessaria per la realizzazione delle celle solari.

Oltre la metà dei cristalli di polisilicio della Cina, poco meno della metà mondiale, viene prodotto nell Xinjiang. Quindi mettersi a cercare quelli che possono essere prodotti con il lavoro servile degli uiguri potrebbe letteralmente bloccare l’industria solare mondiale. certo, avremmo potuto costruirci la nostra industria solare europea, ma costava troppo e i tedeschi non ci avrebbero guadagnato abbastanza. Meglio il lavoro servile.

Comunque la misura rischia di restare la solita buona azione scritta sulla carta: distinguere nelle produzioni cinesi le componenti fatte nello Xinjiang non è semplice, ancora meno lo è definire quali siano frutto dello sfruttamento della minoranza uigura. Però in questo modo le élite USA e UE si sono lavate la coscienza.


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