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Cina: l’inflazione ai massimi dal post covid. Qui la politica della FED non fa scuola

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SHANGHAI, CHINA – AUGUST 31: (CHINA OUT) A Chinese man identifies a new issued 100 yuan note with an old one issued in 1999, at a bank on August 31, 2005 in Shanghai, China. Authorities issued new yuan notes today that largely resemble bills in circulation but with new marks meant to foil currency counterfeiters. New 100, 50, 20, 10 and 5 yuan notes, as well as a 1 jiao coin (10 Chinese cents), were available from the People’s Bank of China. The design of the new bills, bearing a portrait of former Chinese leader Mao Zedong, remains the same as the last-issued 1999 series but incorporate new watermarks and other minor changes that will make it harder to duplicate, according to state media. (Photo by China Photos/Getty Images)

L’inflazione annuale cinese è salita al 2,8% a/a nel settembre 2022 dal 2,5% del mese precedente, in linea con il consenso del mercato, cifra che bisogna comunque prendere con le pinze per i dubbi che circondano le rilevazioni statistiche cinesi. Si tratta della lettura più alta dall’aprile 2020, soprattutto a causa di un forte aumento del costo dei generi alimentari. I dati dell’agenzia statistica hanno mostrato che l’inflazione alimentare cinese è salita ai massimi degli ultimi 25 mesi (8,8% rispetto al 6,1% di agosto), con un’ulteriore accelerazione dei prezzi della carne di maiale nonostante gli sforzi delle autorità per immettere sul mercato le riserve nazionali, “Strategica”, di carne. Nel frattempo, l’inflazione non alimentare è diminuita (1,5% vs 1,7%), tra un rallentamento dei prezzi dei trasporti e delle comunicazioni (4,5% vs 4,9%), delle abitazioni (0,3% vs 0,6%), dell’abbigliamento (0,5% vs 0,6%) e dell’istruzione e cultura (1,2% vs 1,6%); mentre l’inflazione dell’assistenza sanitaria è rimasta stabile (allo 0,7%) e quella dei beni e servizi per la casa è salita (1,4% vs 1,3%). La Cina ha fissato un obiettivo di CPI intorno al 3% per il 2022, lo stesso del 2021. Su base mensile, i prezzi al consumo sono aumentati dello 0,3% a settembre, rispetto alle stime dello 0,4% e al calo dello 0,1% di agosto.

Ecco il relativo grafico

La Cina ha deciso di non seguire gli USa nella lotta contro l’inflazione e non sta compiendo nessuna stretta monetaria, nel timore di danneggiare un’economia in questo momento sicuramente non brillante. Il risultato, anche per una corretta politica energetica, è quella di riuscire a controllare comunque la crescita dei prezzi agendo sull’economia reale, anche se controllare l’inflazione alimentare in questo contesto non è assolutamente facile. Alzare gli interessi non avrebbe portato più carne sulle tavole dei cinesi, come l’aumento dei tassi della BCE non produce gas, e, in modo empirico e pratico, la Cina cerca di controllare l’inflazione sul piano dell’economia reale, non della finanza. Per ora ci riesce meglio dell’Europa.

 

 


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