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Cina contro Difesa USA: sanzioni a raffica su 20 aziende dopo il maxi-accordo con Taiwan. Quanto efficaci?
Cina vs USA: Pechino sanziona 20 aziende della difesa americana dopo il maxi-accordo per Taiwan da 11 miliardi. Ecco perché è solo una mossa simbolica senza danni economici reali.

Pechino torna alla carica, o almeno così sembra. In risposta a quello che si preannuncia come il più grande pacchetto di vendita di armi statunitensi a Taiwan, la Cina ha annunciato una nuova ondata di sanzioni contro 20 aziende della difesa americana e i loro dirigenti.
Tuttavia, analizzando i dettagli tecnici ed economici, sorge spontanea una domanda che va oltre la retorica diplomatica: queste sanzioni hanno un impatto reale sui bilanci dei colossi americani, o stiamo assistendo all’ennesimo episodio di “Shadow Boxing”, un pugilato contro l’ombra a uso e consumo della propaganda interna?
Il casus belli: 11,1 miliardi di dollari di armamenti
La scintilla che ha riacceso le polveri è l’annuncio di Taipei riguardo alla decisione dell’amministrazione Trump di procedere con una fornitura militare storica. Se approvato dal Congresso, il pacchetto da 11,1 miliardi di dollari rappresenterebbe la singola vendita più massiccia mai effettuata verso l’isola ribelle.
Il Ministero della Difesa taiwanese ha confermato che la lista della spesa comprende equipaggiamenti “testati sul campo” in Ucraina, ideali per una strategia di difesa asimmetrica:
Lanciarazzi mobili HIMARS;
Obici semoventi ad alta potenza;
Missili anticarro Javelin e TOW;
Droni da sorveglianza e combattimento;
Supporto logistico e ricambi per l’arsenale esistente. Ricordiamo che Taiwan utilizza gli F.16 USA in varie versioni.
Per Pechino, questa mossa “viola gravemente il principio di un’unica Cina” e mina la sovranità nazionale. Da qui, la reazione immediata: colpire i fornitori.
La Lista Nera: chi è stato colpito
La Cina ha alzato la posta prendendo di mira un mix di giganti storici e nuove realtà tecnologiche nel settore dei droni e della difesa. Le misure prevedono il congelamento di beni (mobili e immobili) in Cina e il divieto assoluto per aziende e cittadini cinesi di fare affari con queste entità.
Ecco le aziende finite nel mirino del Dragone:
| Categoria | Aziende Sanzionate |
| Giganti della Difesa | Northrop Grumman Systems Corp., Boeing (St. Louis), L3Harris Maritime Services |
| Tecnologia & Droni | Red Cat Holdings, Teal Drones, Dedrone Holdings, Epirus, Area-I |
| Ingegneria & Supporto | Gibbs & Cox, VSE Corporation, Advanced Acoustic Concepts, Sierra Technical Services |
| Altre Specializzate | ReconCraft, High Point Aerotechnologies, Blue Force Technologies, Dive Technologies, Vantor, Intelligent Epitaxy Technology, Rhombus Power, Lazarus Enterprises |
Oltre alle società, sono stati colpiti 10 alti dirigenti, tra cui Palmer Luckey (fondatore di Anduril Industries) e John Cuomo (CEO di VSE Corp.), ai quali sarà negato il visto d’ingresso in Cina, inclusi Hong Kong e Macao.
L’efficacia delle sanzioni: un’arma spuntata?
Qui entra in gioco il realismo economico. Sebbene la lista sia lunga e i toni siano gravi, gli esperti notano che l’impatto pratico è minimo, se non nullo.
Il motivo è strutturale: i contractor della difesa USA non fanno affari con la Cina.
Esistono già controlli sulle esportazioni statunitensi estremamente rigidi che vietano la vendita di tecnologia militare a Pechino. Di conseguenza, aziende come Northrop Grumman o Boeing Defense hanno asset trascurabili in territorio cinese e non dipendono dalla supply chain locale per i loro prodotti sensibili.
Un dato su tutti svela il carattere simbolico dell’operazione: la reiterazione. Colossi come Lockheed Martin sono apparsi in almeno sei round di sanzioni diverse negli ultimi anni. Se le sanzioni precedenti avessero funzionato, non ci sarebbe stato bisogno di sanzionarli nuovamente. È un rituale diplomatico: Pechino finge di colpire, le aziende USA fingono di preoccuparsi, e il business prosegue altrove.
Il vero obiettivo di Pechino
Se economicamente è un buco nell’acqua, politicamente il messaggio è chiaro. Con un rapporto del Pentagono che avverte di una possibile azione di forza per la “riunificazione” entro il 2027, la Cina usa queste sanzioni per:
Segnalazione strategica: Mostrare al mondo (e non solo agli USA) che non accetterà passivamente l’interferenza su Taiwan.
Consumo interno: Dimostrare all’opinione pubblica cinese che il governo è forte e reagisce alle “provocazioni” imperialiste.
Deterrenza verso terzi: Spaventare aziende di altri paesi che potrebbero voler vendere armi a Taiwan, e che magari, a differenza delle americane, hanno interessi commerciali reali in Cina.
Mentre Washington riempie i magazzini di Taipei con HIMARS e Javelin, Pechino risponde con la carta bollata, e usa contro gli USA l’arma delle sanzioni che Washington usa con abbondanza. Per ora, la guerra è solo commerciale, e pure a bassa intensità. Ma l’orizzonte del 2027 si avvicina e con questo, secondo gli esperti USA, anche il culmine della preparazione cinese per l’invasione di Taiwan.
Domande e risposte
Perché le sanzioni cinesi non danneggiano davvero le aziende americane?
Le sanzioni sono in gran parte inefficaci perché i grandi appaltatori della difesa USA, come Boeing Defense o Northrop Grumman, hanno già pochissimi rapporti commerciali con la Cina. Le leggi americane vietano severamente l’esportazione di tecnologia militare verso Pechino, quindi queste aziende non possiedono asset significativi in Cina che possano essere sequestrati, né dipendono dal mercato cinese per i loro ricavi. Di conseguenza, il divieto di fare affari è puramente teorico.
Quali armi sono incluse nel pacchetto per Taiwan?
Il pacchetto da 11,1 miliardi di dollari comprende sistemi d’arma avanzati e, in molti casi, già testati nel conflitto in Ucraina. Tra questi spiccano i lanciarazzi mobili HIMARS, noti per la loro precisione e mobilità, obici semoventi, missili anticarro Javelin e TOW, oltre a una vasta gamma di droni per la sorveglianza e il combattimento. È incluso anche il supporto logistico e i pezzi di ricambio per mantenere operativa la flotta esistente.
Qual è lo scopo politico di queste sanzioni se non c’è danno economico?
L’obiettivo è principalmente diplomatico e di politica interna. Pechino utilizza queste sanzioni come uno strumento di “segnalazione strategica” per ribadire la propria sovranità su Taiwan e mostrare che non accetta passivamente le mosse di Washington. Serve anche come avvertimento per altri paesi terzi che potrebbero considerare di vendere armi all’isola, e per rassicurare l’opinione pubblica nazionalista cinese sulla fermezza del governo nel perseguire la riunificazione, anche a fronte delle pressioni americane.








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