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Euro crisis

Ci siamo arresi alla UE senza neanche combattere! (di Antonio M. Rinaldi)

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La notoria mentalità rinunciataria dell’Italia nei rapporti internazionali ha radici molto lontane e basta conoscere un po’ della nostra Storia per rendersene conto e questo sostanzialmente perché ci siamo sempre affidati a uomini politici mai all’altezza del ruolo ricoperto, molto più propensi alle diatribe casalinghe che non a difendere i veri interessi nazionali, e per la radicata credenza generalizzata di noi stessi italiani per il quale tutto ciò che proviene dal di fuori dei confini sia a prescindere considerato come modello migliore da seguire e imitare. Se poi aggiungiamo anche la nostra innata propensione a parlare male di noi stessi, così come sintetizzato dal grande economista italo-americano Dominick Salvatore: “la colpa è degli italiani. Io giro il mondo e nessun popolo denigra se stesso di fronte agli stranieri come gli italiani”, il quadro si fa completo.

 

Insomma siamo sempre dalla parte di chi gioca di rimessa e mai d’attacco, con l’ovvia conseguenza di sottostare alla fine alle decisioni e alle convenienze altrui e mai che tengano conto delle nostre caratteristiche e esigenze.

Inutile rivangare i tanti errori del passato, ma la il danno più grande scaturito dal non essere stati capaci di far valere le proprie ragioni l’abbiamo subìto senza dubbio a Maastricht, dove una classe politica complice e impreparata, ha permesso che abdicassimo irreversibilmente alla nostra Sovranità intesa non solo come monetaria, ma soprattutto d’identità, verso un sistema che ci avrebbe sempre più relegato al ruolo di Colonia del Nord d’Europa.

Ma d’altronde nessuno in Italia, in pieno delirio da “euroforia” mentre distratti ci si spellava le mani dagli applausi, si rese conto che i tedeschi stavano facendo entrare dalla mattina alla sera un paese dell’est in quella che nel giro di qualche mese sarebbe diventata Unione Europea, senza che fosse sottoposto a nessuna procedura di verifica preventiva, mentre a noi continuano ancora oggi a farci le “pulci” in modo arrogante e presuntuoso, con la canzonatura poi che quell’immenso costo, non solo in termini economici, l’abbiamo pagato pesantemente anche noi!

 

Nessuno capì minimamente che non dovevamo essere bravi nel dimostrare di saper rispettare i parametri macroeconomici imposti da quel Trattato, ma che dovevamo preventivamente capire come il nuovo ordine monetario avrebbe influito e profondamente modificato il nostro sistema economico.

E le conseguenze di questa gravissima omissione le stiamo pagando e le pagheremo sempre di più, perché ormai la stessa politica ha generato una classe dirigente che si avvale e si autosostiene se non osannando il “più Europa” e continuando a non verificare obiettivamente se sia conveniente o meno rimanere in questo sistema di vincoli esterni la cui evoluzione non solo ha prodotto il disastro economico del Paese, ma esautorato i cittadini dai più elementari principi di democrazia.

 

Ci siamo affidati a un modello economico con presupposti molto lontani da quelli che supportarono la nostra rinascita economica e che ci avevano nel bene e nel male proiettato nell’Olimpo dei Paesi più industrializzati del mondo.

Paradosso dei paradossi, come giustamente sostiene Paolo Savona, per tentare di rendere sostenibile l’euro si ricorre oggi proprio a quel modello che ci hanno indotto ad abbandonare a Maastricht e definitivamente con il Trattato sulla Stabilità, in quanto ora si assiste all’aggiustamento del valore dei cambi (euro ha perso ultimamente il 25% del suo valore rispetto alle altre valute di riferimento), l’aumento del tasso d’inflazione (dopo che hanno fatto precipitare in deflazione mezza Europa per l’ossessiva stabilità dei prezzi ora si persegue il target inflattivo del 2%) e l’allentamento dell’austerity (molti paesi hanno abbandonato il vincolo del 3% di deficit) come ultimo tentativo per la sopravvivenza dell’euro.

Insomma dopo il danno la beffa, perché il rimedio al modello fallito imposto dall’ortodossia tedesca, passa dalla riesumazione del “’modello italiano”!

 

Ciò nonostante ancora non prevale nel sentimento dei cittadini italiani l’amara evidenza che anche questa volta ci siamo arresi senza neanche combattere.

Abbiamo issato la bandiera bianca della resa incondizionata senza neanche provare per un istante a ribellarci per l’unico motivo per il quale ancora vale la pena combattere: riprenderci il Paese e con esso la democrazia per poterlo riconsegnare ai nostri figli come ci è stato consegnato dai nostri Padri!

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Antonio Maria Rinaldi


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