Attualità
Breve storia sui brogli elettorali dei Democratici: il caso Lyndon Johnson
Per i Democratici USA, come per gli italici piddini, la Democrazia, quella con la “D” maiuscola, fatta di veri voti di persone vere, di conteggi verificabili, di onestà, è sempre stata una sorta di intralcio burocratico da aggirare. Quando del resto ci si sente investiti di una sorta di missione superiore il volere popolare è una formalità burocratica da aggirare in ogni modo.
Negli USA i Democratici sono stati sempre molto abili in questo tipo di attività. Un caso clamoroso, che ha influenzato profondamente la storia americana, è quello delle elezioni di Lyndon B. Johnson a senatore del Texas.
Questo super broglio avvenne nel 1948, quando LBJ si candidò per i democratici al Senato degli Stati Uniti contro il governatore del Texas Coke Stevenson, fra i più ammirati e rispettati nella storia dello Stella Solitaria.
Al primo turno elettorale Stevenson superò Johnson di 70.000 voti, ma non avendo la maggioranza assoluta dei voti, fu costretto al ballottaggio che si tenne un sabato. La domenica mattina dopo il ballottaggio, Stevenson era in testa per 854 voti.
il giorno dopo lo spareggio elettorale fu “scoperto” che non erano ancora stati conteggiati i dati di una determinata contea e la maggioranza dei nuovi voti era a favore di Johnson. Poi il lunedì, dopo due giorni, arrivarono dei dati dalla Rio Grande Valley.
Nonostante tutte queste aggiunte tardive il martedì, l’Ufficio elettorale di Stato annunciava che che Stevenson aveva vinto per 349 voti. Nulla cambiò il mercoledì e il giovedì, ma il venerdì i distretti della Rio Grande Valley apportarono “correzioni” ai loro conteggi, riducendo il vantaggio di Stevenson a 157.
Il venerdì arrivò la sorpresa: la contea di Jim Wells, che era governata come feudo personale da un potente allevatore del Sud del Texas di nome George Parr, presentò delle “correzioni” per quello che diventò famoso come “Box 13” che diede a Johnson altri 200 voti. Alla fine, Johnson “Vinse” le elezioni con 87 voti.
In seguito si è scoperto che uno degli uomini di Parr aveva cambiato il conteggio totale di Johnson da 765 a 965, semplicemente correggendo il 7 in un 9.
Da dove erano venuti i 200 voti in più?
Gli ultimi 202 nomi presenti sul registro elettorale nel riquadro 13 erano in un inchiostro di colore diverso dal resto dei nomi, erano in ordine alfabetico ed erano tutti scritti con la stessa calligrafia. Un giornalista del NYT che scriveva un libro sulla faccenda registrò una dichiarazione di Luis Salas, un giudice elettorale della contea di Jim Wells, che riconobbe la frode e ha confessò il suo ruolo nella sua realizzazione.
Naturalmente Stevenson protestò e fece indagini in cui si avvalse dell’assistenza di Frank Hamer, il Texas Ranger che aveva intrappolato e ucciso Bonnie e Clyde. Non è servì a nulla: Johnson ottenne che un giudice di stato amico emettesse un’ingiunzione per preservare lo status quo e non ci fosse riconteggio, dopo di che il comitato esecutivo democratico, con un solo voto, ha dichiarato Johnson vincitore.
Stevenson portò la questione alla corte federale, ma la Corte Suprema si astenne dal pronunciarsi, dichiarando che non aveva alcun diritto di interferire con un’elezione statale.
Pensiamo alle conseguenze di questo broglio elettorale. Se LBJ non fosse diventato senatore per il Texas non si sarebbe fatto notare a Washington, non sarebbe stato scelto da Kennedy come vicepresidente e quindi non sarebbe diventato presidente prima al posto dei John Fitzgerald, quindi facendosi eleggere. Non avremmo avuto le politiche sociali, ma probabilmente non avremmo avuto neppure neanche l’ampio intervento nel Vietnam.
L’unica vera differenza fra Trump e Stevenson è che Trump ha nominato tre giudici della Corte Suprema. Per il resto i brogli saranno anche peggiori che nel 1948.
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