Attualità
Bilancio italiano: il braccio di ferro in atto con l’Unione Europea di Jacques Sapir (Traduzione di Viola Ferrante)
La presentazione del DEF italiano sta sollevando un problema di compatibilità con le istituzioni europee (sull’ampiezza del deficit) così come una polemica vivace in Italia. È ormai chiaro che si va’ verso una grande crisi tra l’Unione Europea e l’italia.
Il Ministro dell’Interno italiano e Vice-primo ministro Matteo Salvini aveva dichiarato alla fine del mese di settembre che avrebbe sostenuto una proposta di “limitazione del deficit” intorno al 2%. Questa dichiarazione era importante, perché pronunciata da un dirigente che aveva fatto propaganda su una rottura sincera con le regole dell’Unione Europea. In più, i sondaggi realizzati in Italia mostravano (e continuano a mostrare) che Salvini gode di un’incontestabile popolarità (tra il 60% e 75% di opinioni favorevoli) e che il suo partito, la Lega, sembra avere il vento in poppa. Ha ottenuto il 17% dei suffragi alle ultime elezioni, ma attualmente è accreditato a più del 32% nei sondaggi.
Questa dichiarazione aveva suscitato naturalmente numerosi commenti. Infatti, certuni si sono rallegrati e altri si sono preoccupati che Matteo Salvini abbia fatto ciò che appare come dichiarazioni rassicuranti su un eventuale deficit per il 2019 prima dell’incontro previsto da lunga data tra Giovanni Tria ed i membri dell’ECOFIN e dell’EUROGRUPPO. Ciò poteva sembrare accomodante per gli altri dirigenti europei ed i dirigenti dell’UE.
In realtà non era così. Innanzitutto, conviene notare che queste dichiarazioni erano solamente l’inizio di un negoziato sulle cifre che l’Italia doveva mettere nel documento di pianificazione di bilancio. Inoltre, questa dichiarazione è stata determinata da un gioco delicato condotto dalle parti in seno all’élite politica italiana. Le cifre ora sono state pubblicate e indicano che il governo italiano si orienta molto verso una prova di forza con l’Unione Europea.
L’ampiezza e le cause del deficit
Di fatto, il governo italiano ha finito per optare per una soglia di deficit del 3,0% del PIL, fermandosi solamente al 2,4% per il 2019. Questo obiettivo è in completa contraddizione con il quadro di bilancio delle finanze pubbliche fissate dall’Unione europea per l’Italia, che fissa il deficit massimale intorno al 0,7%. Ancora più importante è che nelle dichiarazioni del governo italiano non si fa menzione alcuna di raggiungere un equilibrio di bilancio per i tre anni successivi. Nei fatti ciò significa che ca. 24 miliardi di euro dovrebbero essere finanziati se ci si atteneva alle regole di bilancio dell’UE e non lo sono nella realtà. Di questa somma, 12,4 Mld saranno utilizzati per ridurre molto l’IVA, ciò che corrisponde ad una promessa della campagna elettorale; 1,5 Mld dovrebbero essere destinati alla ristrutturazione bancaria al fine di compensare le perdite dei risparmiatori; per finanziare l’abolizione della legge sulle pensioni e i pensionamenti anticipati per ca.400 000 lavoratori sono previsti 8 Mld. Peraltro, 10 Mld saranno destinati al reddito (di cittadinanza) di 6,5 milioni di persone su 10 anni; infine bisogna tenere conto della riduzione delle tasse ciò che equivarrà ad una diminuzione del gettito fiscale da 3,5 a 4,5 Mld.
La decisione del governo è importante. Questa decisione è stata convalidata interamente dal Ministro dell’economia Giovanni Tria, il quale veniva presentato come un sostenitore delle regole dell’UE. O ci si è sbagliati sulle idee di Tria oppure lui sembra aver ceduto alla volontà di Di Maio e Salvini. Questa previsione di spesa è chiaramente un bilancio di rilancio che combina un sostegno alla domanda con una riduzione delle tasse. Il fatto che l’essenziale di queste diminuzioni porta sull’IVA mostra bene la dinamica sociale di questo budget. Su 24 Mld di deficit supplementare previsto nel progetto di bilancio, quasi 20 miliardi dovrebbero andare verso le famiglie più povere così come verso le classi medie.
Un’agenda molto densa
La presentazione degli obiettivi di bilancio è tuttavia solamente il primo passo in un processo più complesso. L’ufficio parlamentare del bilancio, l’UPB che è un’agenzia indipendente del governo, deve esprimere il suo parere. Sarà probabilmente negativo. Ma il governo può non tenerne conto. Ben più importante sarà la reazione dell’Unione Europea. In quest’ottica conviene avere bene in vista le scadenze delle relazioni tra il governo italiano e l’UE. Il 15 ottobre il governo dovrà mandare il progetto di legge di bilancio a Bruxelles. Il 20 ottobre, il bilancio sarà reso pubblico nella sua interezza e non solo negli obiettivi di deficit. Il 22 ottobre, la Commissione manderà una prima lettera al governo italiano in cui si dichiarerà probabilmente preoccupata per l’evoluzione della situazione e proporrà una settimana di proroga per procedere agli aggiustamenti necessari e sottomettere di nuovo il progetto. Se il governo modificherà il DEF (come è accaduto nel 2014) la situazione ridiverrebbe normale e conforme. Se tuttavia il governo mantiene il suo progetto di bilancio, e le ultime dichiarazioni vanno in questo direzione, il conflitto sarà inevitabile. Se dunque il governo italiano non dà seguito alle riserve della commissione europea e mantiene gli obiettivi e il bilancio iniziale, il 29 ottobre ci sarà un rigetto ufficiale da parte della Commissione. Durante le tre settimane successive il governo avrà tuttavia sempre la possibilità di modificare il bilancio ma sembra ferma la volontà del governo di mettere in esecuzione i suoi piani qualunque sia il parere della Commissione europea. Conseguentemente il 21 novembre saranno presentati i pareri ufficiali sui progetti di bilancio dei paesi membri al Comitato economico e finanziario, il comitato junior dell’Ecofin. Il Comitato potrebbe formulare allora una raccomandazione formale come è richiamato dall’articolo 126, paragrafo 3 che costituisce la prima tappa per mettere l’Italia in procedura di deficit eccessivo. Altri passi ufficiali dovrebbero seguire. In caso di dibattito politico, e ci sarà certamente un dibattito importante dato che l’Italia ha degli alleati in seno al Comitato economico e finanziario, il tempo dovrebbe essere sufficiente tale da permettere ai ministri di prendere le loro decisioni all’inizio di dicembre e poi al Consiglio europeo alla fine dell’anno. Ma la decisione dovrebbe essere la stessa all’inizio del 2019: una dichiarazione di mancanza di conformità e il probabile avvio della procedura di deficit eccessivo. Allo stesso tempo, il parlamento italiano approverà probabilmente il bilancio, visto che il governo beneficia di una maggioranza sufficiente. Il presidente Mattarella che ha lanciato già un avvertimento dovrebbe allora dire che il bilancio non è compatibile con il quadro di bilancio nazionale (che in realtà non è che una fotocopia del bilancio europeo) e dovrebbe rigettarlo. La procedura prevede tuttavia che il governo può chiedere un nuovo voto al Parlamento. Quest’ultimo dovrebbe allora riaffermare il suo sostegno al DEF. A questo punto il presidente non avrebbe altra scelta che firmarlo. È solamente in un momento successivo che la Corte costituzionale potrebbe rigettare il DEF dichiarandolo incostituzionale. Tuttavia, ciò richiederebbe parecchi mesi per ragioni pratiche ma soprattutto provocherebbe una grave crisi politica in Italia che potrebbe portare probabilmente a nuove elezioni. Queste ultime potrebbero, se si crede ai sondaggi fatti di recente, vedere una vittoria massiccia del M5S e della Lega (accreditati rispettivamente al 27% e al 33% delle intenzioni di voto). Questo potrebbe tradursi in una maggioranza dei due-terzi alla Camera e al Senato, cosa che permetterebbe al governo di procedere a modifiche della Costituzione.
Il futuro in forse
Occorre, beninteso, aggiungere a ciò il comportamento delle agenzie di rating e i probabili aumenti dei tassi di interessi sul debito italiano che rappresenta il 133% del PIL. Questo aumento del debito potrebbe condurre del resto ad un aggravamento della crisi tra l’Unione Europea e l’Italia. Il governo di quest’ultimo potrebbe decidere di utilizzare dei buoni del Tesoro di piccolo taglio (Minibot) come moneta parallela, avviando così il processo di uscita dall’Euro.
L’Italia sarà sottoposta dunque ad una forte pressione, tanto dalle autorità dell’UE che al suo interno (la stampa attualmete è scatenata contro il governo) e pressione proveniente dai mercati finanziari. Ma il governo italiano sembra essere preparato a resistere. Può contare sui presidenti delle due commissioni economiche della Camera e del Senato (Claudio Borghi e Alberto Bagnai) le cui convinzioni euroscettiche sono ben note, su membri del governo (da Salvini a Savona) ma anche su sostegni esterni e, più importante ancora, sulla maggioranza degli italiani.
Il fatto che la riunione annuale del Centro di ricerca dell’Università di Pescara (che Alberto Bagnai ha diretto fino alla sua entrata in politica) che avrà luogo il 10 e 11 novembre si annuncia molto seguita (più di 600 partecipanti paganti si sono iscritti in appena 5 giorni) è anche una buona indicazione del sostegno che incontra il governo italiano nel suo braccio di ferro con l’Unione Europea. Il fatto che Stefano Fassina, un dirigente storico del sinistra italiana che si era dimesso dal governo (Letta) e rotto col PD di Matteo Renzi e che eletto all’assemblea di Liberi ed Uguali, abbia annunciato la sua partecipazione a questa riunione è anche un segno che questo sostegno potrebbe ben trascendere dalle divergenze politiche.
Traduzione di Viola Ferrante
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