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Argentina: crisi profonda di un paese prigioniero del massimalismo di sinistra

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Manifestazione a Buonos Aires da Prensa Obreira

Le proteste sono scoppiate a Buenos Aires negli ultimi 90 giorni e continuano a crescere all’interno della capitale, mentre i residenti si scontrano con il governo di centro-sinistra per i consistenti emendamenti di taglio ai  programmi sociali.

Membri di organizzazioni sociali e sindacali hanno manifestato il 20 luglio 2022 a Buenos Aires per chiedere un reddito di base universale. L’impoverito Paese sudamericano lotta per ripagare il suo debito di 44 miliardi di dollari con il Fondo Monetario Internazionale (FMI), tra inflazione dilagante e disordini sociali.

Nelle ultime settimane il governo di centro sinistra ha tagliato fortemente i contributi ai costi energetici ed ha anche ridotto gli aiuti legati al welfare che erano uno dei vanti della nuova amministrazione Fernandez. Negli ultimi 20 anni gli aiuti statali ai civili sono aumentati in modo vertiginoso, tanto che 22 milioni di argentini dipendono da una qualche forma di assistenza governativa.

Nel primo trimestre del 2022, il tasso di occupazione nazionale era del 43%, secondo i dati del governo. I programmi statali del Paese si estendono a quasi tutti gli aspetti dell’economia, dai salari ai servizi pubblici, all’istruzione e all’assistenza sanitaria.Si stima che l’Argentina spenda già 800 milioni di pesos al giorno, una somma superiore a 6 milioni di dollari, per i programmi di beneficenza statale.

Contemporaneamente, l’inflazione nel Paese sudamericano ha raggiunto il 58% a maggio e ha superato il 60% a luglio. Un record che non si vederva da tempo

Ecco l’inflazione in una prospettiva di più lungo periodo

Si parla di un tassi di inflazione che potrebbe arrivare al 90% nei prossimi mesi. Una cifra che metterebbe in crisi la solidità di paesi ben più solidi di quelli sud americani, e che nel caso specifico provoca un disastro sociale ed economico.

Il problema è che il governo Fernandez è vittima dello stesso massimalismo di sinistra che lo ha portato al potere e che ha moltiplicato i già presenti contributi pubblici ai redditi dei cittadini. Le richieste di maggiori fondi statali, di liberazione dal debito del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e di dimissioni del presidente Alberto Fernandez sono risuonate tra la folla inferocita radunata vicino all’ufficio del presidente – Casa Rosada – durante la celebrazione del giorno dell’indipendenza della nazione, il 9 luglio. Da allora, le manifestazioni programmate sono continuate, guidate da organizzatori di protesta professionisti o “piqueteros” che chiedono l’abolizione dei tagli ai sussidi proposti e un aumento dei salari.

Intanto il PIL del paese, quello reale , precipita, aprendo la porta ad un caos ancora maggiore:

Gli stipendi reali degli argentini sono oggettivamente bassissimi. Se vedete il grafico delle paghe medie mensili nel settore privato in Pesos Argentini vi sembrano in crescita

Peccato che 16000 Pesos corrispondano a 120 Euro al cambio di oggi. Sono paghe da terzo mondo per una forza lavoro relativamente adeguata, ma inquinata da preconcetti ideologici e da una estrema sinistra che ha fatto della protesta massimalista di piazza, che non porta a niente, il proprio credo.  L’Argentina è anche un paese che ha risorse naturali enormi, come i depositi di gas di vaca Muerta, ma non riesce neanche a sfruttarli per la mancanza di capitali che non arrivano proprio per le pessime esperienze legate ai governi di sinistra del passato.

Mercoledì il nuovo ministro dell’economia presenterà i suoi piani di intervento, ma con il governo Fernandez c’è poco da sperare. nello stesso tempo anche l’adesione al ai BRICS possa cambiare qualcosa perchè, comunque, i prestiti saranno condizionali come quelli del FMI. La soluzione dei problemi dell’Argentina può solo venire dagli argentini.

 

 


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