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Economia

UNO STATO VAMPIRO (di Alessandro Lelli)

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Lo Stato continua a succhiare il sangue alle imprese italiane, e soprattutto a quelle che sono fornitrici della PA, senza alcun rispetto per il lavoro altrui.

Migliaia di imprese sono da anni danneggiate dal rapporto che hanno con lo Stato centrale e periferico senza, in pratica, alcun potere di rivalsa.

“I contratti qui portano sfortuna”, aveva detto il 13 marzo 2014 il premier Renzi a Porta a Porta impegnandosi a saldare entro “il 21 di settembre San Matteo” quanto i soggetti pubblici devono alle aziende.

“Se lo facciamo, lei poi va in pellegrinaggio a piedi da Firenze a Monte Senario”. Altrimenti? “So dove mi mandano gli italiani…”.

Secondo i dati riportati dalla Banca d’Italia nella relazione annuale 2013, presentata a Roma il 30 maggio scorso, alla fine del 2013 i debiti commerciali della PA ammontavano a poco più di 75 miliardi.  Una cifra probabilmente molto sottostimata perché altre valutazioni fatte convergevano tutte tra i 90 e i 100 miliardi.

Se dallo stock, dimensionato dalla Banca d’Italia, togliamo 8,4 miliardi di euro che sono stati ceduti a intermediari finanziari con la clausola del pro soluto, lo stock di debito nei confronti delle imprese ammontava a poco più di 66,5 miliardi di euro.

Alla fine di settembre 2014 dovrebbero essere stati pagati circa 31/32 miliardi di euro e quindi, per azzerare complessivamente il debito, la PA deve ancora alle imprese 35 miliardi di euro circa : sarebbe bene che qualcuno lo facesse presente al nostro Premier … mandandolo a … che per le promesse non rispettate sta entrando nel Guiness dei primati.

Una cifra imponente che nel frattempo sarà senz’altro aumentata ulteriormente a seguito del perdurare dei ritardi con cui la nostra PA continua a pagare i fornitori. Nonostante gli sforzi fatti dagli ultimi esecutivi lo Stato italiano rimane il peggiore pagatore d’Europa.

Questo è il problema madre perché, se si sanano pian piano i debiti pregressi ma se ne accumulano altri, mantenendo tempi di pagamento tra i 160 e i 180 giorni contro i 30 previsti dal 1° gennaio 2013 dalla direttiva europea 2011/7/ UE salvo il settore sanitario dove i tempi sono di 60 giorni, il totale del debito non cambia e il dramma delle imprese fornitrici non ha fine almeno fino a che saranno in grado di resistere.

Nel 2014, secondo Intrum Justitia, leader in Europa nel  settore dei servizi di gestione e recupero crediti, la media in Italia è di 165 giorni rispetto ai 65 della Francia, ai 43 del Regno Unito e ai 36 della Germania.

Ma questo non è tutto perché dal 1° gennaio di quest’anno lo Stato vampiro, non madre benigna ma matrigna, ha predisposto che fino al 16 di maggio p.v. tutte le imprese fornitrici della PA fattureranno come sempre con IVA, ma l’IVA sarà versata direttamente dalla PA all’erario.

Nella legge di Stabilità infatti ha introdotto una disposizione che prevede, nelle transazioni commerciali tra imprese private e Pubblica Amministrazione, un nuovo regime fiscale noto con il termine “split payment”.  In pratica, una volta terminata un’opera, una manutenzione, un servizio o una fornitura di beni a una Amministrazione Pubblica, l’impresa deve emettere la fattura con l’IVA con la novità che l’IVA non dovrà essere incassata dall’imprenditore, bensì dovrà essere versata all’Erario dal committente pubblico.

Qual’é il problema : è il flusso di cassa delle imprese che peggiorerà, come ha calcolato la CGIA di Mestre, di circa 1,5 miliardi in un momento in cui, oltre allo Stato che non paga, anche il sistema bancario sta erogando sempre meno credito. Le imprese continueranno a pagare l’IVA ai loro fornitori, andando a credito dallo Stato, ma non la incasseranno più, non andando quindi a debito, dalla PA con l’effetto di ridurre la loro liquidità significativamente.

L’IVA incassata fino al mese scorso, comunque, non rimaneva nelle casse delle imprese, ma veniva versata allo Stato entro il mese o il trimestre successivo al pagamento della fattura. In buona sostanza, si trattava di una partita di giro.

Tuttavia, questa “sfasatura” tra l’incasso e il pagamento consentiva alle aziende di recuperare l’IVA pagata sugli acquisti/prestazioni ricevute e di disporre con continuità di una discreta quantità di risorse finanziarie per affrontare le esigenze di pagamento più immediate.

Dal 16 maggio le imprese potranno invece compensare i crediti IVA così maturati con eventuali debiti fiscali verso l’Erario o con gli enti previdenziali/assicurativi (Irap, Irpef, Ires, Inps, Inail, ecc).

Lo scopo è chiaramente quello di contrastare l’evasione dell’IVA ma perché devono sussistere questi 5 mesi di disallineamento durante i quali i danni li pagheranno sempre i soliti noti e mai lo Stato? Perché non si poteva da subito attuare la compensazione? Viene il dubbio che anche qui la politica di austerity stia facendo altre vittime sacrificandole al rispetto dei parametri dei trattati europei visto che il rapporto deficit-Pil sta peggiorando e che il debito pubblico è in salita costante.

Il sangue sta finendo, avremmo bisogno di uno Stato libero che fa trasfusioni … e non prelievi … !!!!!

 

Alessandro Lelli

 


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