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Via della seta o via stelle e strisce? (di Indira Fabbro)

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Poco più di un anno fa venivano stipulati gli importanti accordi tra Italia e Cina de “La via della seta” il (23 marzo 2019) con la pagina del memorandum di adesione alla Belt and Road Initiative di Pechino. L’Italia è stato il primo paese del G7 ad aderire al colossale progetto di Pechino, l’anello di congiunzione tra il mito dell’antica via della seta e quello del nuovo “sogno cinese” portando così all’avvio d’investimenti diretti di Pechino verso l’Italia con in primis la possibilità di rinnovare alcune infrastrutture necessarie per il paese… Sappiamo tutti che la nostra economia è stata gradualmente appesantita dall’invecchiamento della popolazione, dagli eccessivi oneri fiscali e burocratici, come anche dai livelli di indebitamento, oltre ad essere paralizzata dalle divisioni politiche. Si prospettava un futuro ottimistico per molti politici e imprenditori che vedevano in questi accordi un aumento degli scambi commerciali verso la Cina (da non dimenticare il ruolo strategico che avrebbe avuto il porto di Triste permettendo alla “via della seta” di raggiungere facilmente il nord Europa). Ora però la crisi generata a livello globale dall’emergenza covid-19 ha sconvolto tutti gli equilibri economici e avrà forti ripercussioni sul futuro a breve e lungo termine in special modo per chi ha investito in progetti come “la Via della Seta”. Siamo di fronte a una psicosi collettiva globale, simile a quella del 1929, con conseguenze imprevedibili per il nostro mondo dove si prevede che il PIL mondiale nel 2020 scenderà del 3 % (con la crisi del 2008 calò del 0.1 %).

Chi rischierà di più tra due super potenze quali USA e Cina ? Possiamo definire questo nuovo periodo come la nuova guerra fredda tra USA e CINA partita all’inizio di questo 2020?

Trump da una parte ha lanciato un gigantesco piano di 2000 miliardi di dollari di dollari per sostenere e rilanciare l’economia, perderanno un’importante fonte di beni economici a basso reddito e vedranno intaccato l’export (visto che la Cina è diventata il suo terzo mercato per dimensioni) e dall’altra, la Cina che non sarà più l’unico produttore mondiale, perché fondamentalmente i costi aumenteranno e nazioni come USA, Giappone o sud Corea andranno a velocizzare il processo che porterà fuori dalla Cina produzioni e tecnologie.

Per questi motivi, ci sarà una rimodulazione del mercato del lavoro mondiale e si punterà su quello interno, si studieranno nuove vie d’espansione e molto tornerà ad essere prodotto in casa; vedremo una globalizzazione di ritorno con un cambio di modello che potrà avere impatti positivi sui mercati interni.

I Paesi occidentali riporteranno a casa parte della produzione poiché è palese la vulnerabilità delle catene globali del valore e così si accentuerà la tendenza al “re-shoring” delle industrie in Europa.

Infine, con la crisi in atto, di positivo sono emerse a pieno le problematiche di alcuni paesi ed in particolare, analizzando due paesi fondamentali per “la via della seta” notiamo che la Cina in questi mesi, ha esposto chiaramente la sua dittatura comunista sopprimendo in vari modi la verità, mentre l’Italia ha dimostrato a pieno la sua scarsa capacità amministrativa. Interessante poi notare che sulla scena geopolitica compare un nuovo paese, determinante per la prosecuzione del progetto economico “via della seta”: l’Iran, un paese che ha esposto chiaramente il suo fanatismo religioso.

Ecco che come Europa, siamo nuovamente l’ago della bilancia tra due super potenze: non più Russia e USA ma tra Cina e USA, tra paesi che si alleeranno con le due super potenze, si dovrà decidere a chi dare sostegno e credibilità….Scelte non facili da fare nei prossimi mesi in cui giocano molte variabili, dalle elezioni americane, a quelle russe, dal ruolo di Taiwan e Vietnam.


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