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RECOVERY FUND, L’ULTIMO DI UNA SERIE DI FALLIMENTI

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Il “Recovery Find”,  o “Next Generation Fund”, non è altro che l’ultimo possibile capitolo di una serie di fallimenti europei che continuano a ripetersi e che presentano sempre  gli stessi difetti strutturali. Sembra che non si riesca ad uscire da un loop devastante di errori, principalmente basati sui soliti preconcetti ideologici e vincoli strutturali, questi si, molto più farraginosi di quelli che spesso si imputano all’ultracentenario stato italiano.

Non pensiamo che gli stimoli non siano stati presenti  nella zona euro negli scorsi anni. Il  piano di riacquisto dei titoli pubblici e privati da parte della BCE di Draghi .in aggiunta ai programmi di liquidità TLTRO,  ha portato le obbligazioni sovrane ai rendimenti più bassi della storia e la BCE aveva già acquistato quasi il 20% del debito totale dei principali Stati. Questo era un piano di espansione del bilancio così eccessivo che, alla fine di maggio 2020, l’eccesso di liquidità emesso da parte della BCE è stato 2,1 miliardi di euro, cifra che quando il TLTRO inizio nel 2014 erano solo pari a 175 miliardi.

Nessuno può negare che l’impatto su questi enormi piani  sulla crescita, sulla produttività e sull’occupazione sia stato più che deludente. Tranne un breve periodo di euforia nel 2017, le revisioni al ribasso della crescita dell’eurozona sono state costanti, culminando nel quarto trimestre del 2019 con Francia e Italia in stagnazione, Germania sull’orlo della recessione e un significativo rallentamento in Spagna, il tutto ben prima che esplodesse il problema del Covid-19. Le scuse periodiche utilizzate, dalla Brexit alla congiuntura internazionale a Trump brutto e cattivo non riuscivano già a nascondere una politica di stimoli fallimentare.

Poi i piani di investimento europei sono sempre da prendere con le molle. Prendiamo ad esempio il  “Piano Juncker” o “Piano di investimenti per l’Europa”, considerato come  la soluzione alla mancanza di crescita dell’Unione europea, che ha avuto, in realtà, un risultato veramente scarso. Ha mobilitato teorici 360 miliardi di euro, molti per progetti senza un reale significato economico o effetti reali sulla crescita. Il risultato di questo piano quale è stato? Le stime di crescita nell’area dell’euro hanno continuato a diminuire, la crescita della produttività è rimasta stagnante, dato che non c’è stato stimolo alla domanda interna,  e la produzione industriale è scesa a dicembre 2019 al livello più basso degli ultimi anni. Un completo fallimento.

Però il Green Deal stimolato dal Next Generation Fund europeo si annuncia ben peggiore degli interventi precedenti: infatti riuscirà a sommare una propensione allo spreco di denaro senza un obiettivo preciso con investimenti nell’economia Verde che, come verificato con le varie campagne iniziate nel 2004 ed in corso sino al 2018, non hanno portato nessun  vero stimolo nè alla crescita nè all’occupazione. Miliardi bruciati, letteralmente, come se fossero stati messi sull’altare di un malefico Dio Malthusiano e distrutti in nome del “Viviamo al di sopra delle nostre possibilità”, quando, anche se fosse vero, questo significherebbe che dobbiamo accelerare, non rallentare, il nostro sviluppo, proprio per prima ottimizzare la produzione di risorse e quindi per lasciare il nostro pianeta e farne una riserva naturale.

Senza considerare l’ossessione per la gestione centralizzata dei fondi, con i famosi “Piani”che devono ricevere l’approvazione da parte della Commissione, dei commissari, del Consiglio. Una smania di controllo e di pianificazione politica effettuata da persone che sono ancora meno pratiche dei dirigenti di sovietica memoria che spesso, almeno loro, venivano veramente dalle classi operaie ed avevano toccato i problemi con mano.

Un altro grosso problema di questi  stimoli europei  è che vengono stimolati i settori sbagliati mentre muoiono migliaia di piccole aziende che non hanno accesso al credito o ai favori politici. Non è una coincidenza che la zona euro distrugga aziende più innovative o impedisca loro di crescere quando la regolamentazione impone l’80% dell’economia reale di essere finanziata attraverso il canale bancario mentre negli Stati Uniti non raggiunge il 30%. Riuscite ad immaginare una Apple o Netflix che crescono attraverso i prestiti bancari? Impossibile. Eppure si fa di tutto per bloccare l’accesso diretto agli strumenti finanziari e si vuole incanalare tutto tramite banche, finanziarie etc.

Tutto questo ci rende molto pessimisti sul successo di questo ennesimo piano europeo. Riuscirà la Commissione a reggere all’ennesima delusione? Non farà la fine dell’Unione Sovietica, quando scopriremo che gli stimoli costosi e generati dalle tasse in realtà non stimolano nulla?


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