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Venerdi 27 il ministro Urso sarà a Portovesme contro la chiusura dell’impianto Glencore

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I sindacati chiamano, e il Governo risponde presente: il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, venerdì 27 dicembre sarà davanti ai cancelli della Portovesme Srl, società del gruppo Glencore, che ieri ha fermato la linea zinco in anticipo rispetto alla data annunciata del 31 dicembre. «Noi non molliamo. Mai», ha sottolineato l’esponente del Governo Meloni in un messaggio su X. «Ho comunicato alla presidente della Regione che ritengo doveroso far sentire la presenza e l’impegno delle Istituzioni a chi teme di perdere il proprio lavoro. Noi ci saremo, insieme, venerdì mattina a Portovesme», ha aggiunto poi.

Un gesto forse anche eclatante, ma che mostra ancora una volta come l’impegno del ministro Urso, per risolvere le tante controversie aziendali nel nostro paese, vada forse anche al di là del suo semplice dovere istituzionale. Così come con la vertenza Stellantis e il settore automotive, la sua pervicacia nel cercare di arrivare ad una soluzione che possa essere condivisa da tutte le parti in causa, sta portando risultati anche li dove la situazione sembrava disperata.

Ma Urso non sarà il solo membro del governo Meloni a scendere Venerdì in Sardegna, perché anche la ministra del lavoro Marina Calderone ha deciso di accompagnare il ministro Urso in questa clamorosa forma di protesta contro i vertici dell’azienda Glencore: «Saremo davanti ai cancelli di Portovesme, con la presidente della Regione, Alessandra Todde, e tutti i sindaci del Sulcis, confermando l’attenzione del Governo per la vicenda e l’impegno per ogni singolo lavoratore in difficoltà, in armonia con le istituzioni del territorio». Ha affermato la ministra.

 

Per il segretario della Cgil Sardegna Fausto Durante, che ha apprezzato la pronta risposta del ministro Urso, al richiamo dei sindacati verso la situazione delicata dal punto di vista occupazione, «la visita del ministro non deve essere né una passerella né l’occasione per impegni generici e dilazionati nel tempo, il tempo delle attese è finito, il board della Glencore lo ha chiarito in modo inequivocabile. Lo schiaffo della Glencore ai lavoratori non può restare impunito. Dalla forza della risposta che arriverà dalle istituzioni si misurerà la loro coerenza rispetto agli impegni presi».

La situazione difficile dell’impianto sardo della società mineraria  anglo svizzera, d’altra parte è nota da tempo, e sembra ormai arrivata ad un punto di non ritorno. La società dopo gli utili record del 2022, la compagnia mineraria anglo-svizzera Glencore ha fatto sapere che il calo dei prezzi delle materie prime ha causato un dimezzamento degli utili nel 2023. Di conseguenza, ha dovuto ridurre i pagamenti agli azionisti in modo da garantirsi le risorse necessarie all’acquisizione di una quota del 77 per cento della divisione di Teck Resources, un’azienda canadese, dedicata al carbone metallurgico.

Glencore è una delle più grandi società minerarie al mondo: è presente in più di trentacinque paesi e conta oltre 135.000 dipendenti. Risulta coinvolta in diversi casi di corruzione in Africa e in America latina, e nel 2022 ha accettato di pagare multe per oltre 1,6 miliardi di dollari. Nel maggio di quell’anno ammise infatti di aver pagato tangenti milionarie a funzionari in Brasile, Camerun, Congo, Costa d’Avorio, Guinea equatoriale, Nigeria, Sudan del sud e Venezuela.

La società aveva gia fatto sapere al ministero la sua intenzione di chiudere la linea di produzione di zinco entro il 31 dicembre. Ecco invece arrivare come regalo sotto l’albero, per gli oltre 1000 lavoratori sardi, la notizia della chiusura, da ieri, della linea di produzione, con una settimana di anticipo rispetto alla chiusura annunciata. Ufficialmente lo stop è dovuto a un problema tecnico. Questo stabilimento, operativo da dieci anni, ha rappresentato un punto di riferimento fondamentale per la produzione di zinco, ma la chiusura della sala elettrolisi e dell’impianto di fusione ha acceso i riflettori sulle sorti future dei dipendenti. La linea di produzione, quindi, è ferma e la situazione si fa sempre più critica.

 

La multinazionale negli ultimi incontri con il ministero aveva presentato il progetto litio che però è ancora solo nelle idee dell’azienda. “Aspettiamo ora le mosse del governo – ha dichiarato Emanuele Madeddu, segretario Filctem Cgil al giornale Cagliari Today – il ministro il 5 dicembre aveva anticipato che subito dopo l’incontro del tavolo tecnico del Mimit, presente in stabilimento il 20 dicembre, avrebbe convocato un tavolo per affrontare proprio l’esito di quell’incontro e capire se ci sono le condizioni per cui un nuovo player possa decidere di investire su Portovesme”.

Resta da vedere se anche questa volta il ministro Urso riuscire, come già accaduto in altre vertenze in passato, a trovare una qualche via d’uscita per arrivare ad un equo compromesso, che possa mettere in salvo i lavoratori dello stabilimento sardo.


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