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USA senza freni: il PIL del terzo trimestre 2025 vola al +4,3%. E il “bazooka” fiscale deve ancora arrivare
USA senza freni, PIL al +4,3%: l’America di Trump vola e i rimborsi fiscali devono ancora arrivare. Che diranno Bruxelles e i Dem?

L’economia americana continua a sorprendere, smentendo le cassandre e lasciando a bocca aperta gli analisti. Il Bureau of Economic Analysis (BEA) ha rilasciato le stime per il PIL del terzo trimestre 2025, e i numeri parlano chiaro: una crescita annualizzata del 4,3%.
Si tratta di un dato eccezionale, il migliore degli ultimi due anni, che polverizza le previsioni degli economisti (fermi a un pur rispettabile 3,3%) e accelera rispetto al già solido 3,8% registrato nel secondo trimestre. Chi si aspettava un rallentamento, o addirittura una recessione tecnica, dovrà rivedere i propri modelli econometrici.
Ecco il relativo grafico del PIL trimestrale:
I motori della crescita: il consumatore americano non si ferma
Cosa sta spingendo questa locomotiva? Semplice: gli americani spendono, e il resto del mondo compra prodotti USA. La crescita riflette principalmente un aumento della spesa per consumi, delle esportazioni e della spesa pubblica.
Ecco una sintesi dei dati principali che emergono dal rapporto del Dipartimento del Commercio:
Spesa dei consumatori (+3,5%): È il vero motore immobile dell’economia a stelle e strisce. L’incremento è netto rispetto al 2,5% del trimestre precedente. Si spende di più sia in beni (+3,1%) che in servizi (+3,7%), con un boom particolare nella sanità, nei viaggi internazionali e nella tecnologia.
Export (+8,8%): Dopo il calo del secondo trimestre (-1,8%), le esportazioni sono rimbalzate con violenza, trainate dai beni strumentali.
Spesa pubblica (+2,2%): Anche lo Stato ha fatto la sua parte, invertendo la tendenza negativa del trimestre precedente (-0,1%).
Importazioni (-4,7%): Un dato interessante per la bilancia commerciale. Gli USA importano meno, il che matematicamente spinge il PIL verso l’alto. I dazi stanno funzionando, e potentemente.
Luci e ombre sugli investimenti
Non tutto brilla, ma il quadro generale resta solido. Gli investimenti fissi continuano a salire (+1%), anche se rallentano rispetto al trimestre precedente.
Bene: Attrezzature (+5,4%) e prodotti di proprietà intellettuale (+5,4%). Le aziende continuano a investire in tecnologia e modernizzazione.
Male: Le strutture (-6,3%) e il residenziale (-5,1%) continuano a soffrire, probabilmente ancora zavorrati dai tassi di interesse non proprio accomodanti e da una domanda che sta profondamente cambiando.
Inflazione e prospettive politiche
Un dato che farà discutere la Federal Reserve è l’indice dei prezzi per gli acquisti interni lordi, salito al 3,4% (contro il 2% del trimestre precedente). L’indice PCE, la misura preferita dalla Fed per l’inflazione, è salito al 2,8%. Questo suggerisce che l’economia è “calda”, forse troppo per i gusti di Powell, il che potrebbe mettere in pausa ulteriori tagli dei tassi.
Tuttavia, il quadro politico ed economico è quello di un’America in piena espansione sotto l’amministrazione Trump. Nonostante i ritardi dovuti allo shutdown governativo che ha fatto slittare la pubblicazione dei dati, la realtà è innegabile. Il Segretario al Tesoro Bessent aveva promesso una crescita del 3%, e siamo ben oltre.
La cosa che dovrebbe far tremare i detrattori democratici e i burocrati di Bruxelles è un’altra: questi numeri sono stati ottenuti senza l’impatto dei maxi rimborsi fiscali già approvati. Stiamo parlando di migliaia di dollari che pioveranno nelle tasche di decine di milioni di americani nei prossimi mesi. Se l’economia corre al 4,3% ora, cosa succederà quando questa liquidità entrerà in circolo? Probabilmente assisteremo a un ulteriore boom, con buona pace di chi sperava nel declino.
Domande e risposte
Perché il PIL americano è cresciuto molto più delle aspettative? La crescita superiore alle attese (4,3% contro il 3,3% previsto) è stata guidata principalmente da un consumatore americano estremamente resiliente. La spesa per consumi è aumentata del 3,5%, accelerando sia nei beni che nei servizi. A questo si è aggiunto un rimbalzo tecnico molto forte delle esportazioni (+8,8%) e una ripresa della spesa pubblica. Anche il calo delle importazioni ha contribuito positivamente al calcolo finale del PIL, creando un mix perfetto per una crescita robusta.
Quali sono i rischi nascosti in questi dati così positivi? Il rischio principale risiede nella persistenza dell’inflazione e nella debolezza del settore immobiliare. L’indice dei prezzi PCE è salito al 2,8%, segnalando che la battaglia contro l’inflazione non è del tutto vinta; questo potrebbe costringere la Federal Reserve a mantenere i tassi di interesse alti più a lungo del previsto. Proprio i tassi alti stanno continuando a penalizzare gli investimenti residenziali, che sono scesi del 5,1%, segnando una contrazione continua che rappresenta l’unica vera nota stonata in un quadro macroeconomico altrimenti brillante.
Che ruolo gioca la politica in questo scenario economico? La politica gioca un ruolo centrale. Da un lato, le tariffe e le politiche commerciali hanno influenzato i flussi di import/export. Dall’altro, l’aspettativa e l’imminente arrivo dei rimborsi fiscali decisi dall’amministrazione Trump potrebbero agire come un ulteriore stimolo (o “benzina”) su un fuoco già acceso. Questo crea un clima di fiducia per le imprese e i consumatori, ma pone anche una sfida politica per l’opposizione e per gli osservatori internazionali (UE in primis), costretti a confrontarsi con il successo dei numeri americani. Trump sta vincendo, economicamente, e questo non piace.








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