Economia
USA e OPEC hanno “Armato” il prezzo del petrolio per forzare le Pace?
Trump si è lasciato scappare la vera probabile ragione dell’ultimo aumeento della produzione OPEC+: dare una spinta ulteriore verso la Pace nel conflitto fra Russia e Ucraina, facneod capire chi controlla i prezzi del petrolio

Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump potrebbe aver appena detto la parte silenziosa ad alta voce, rispondendo alle domande degli analisti sulle motivazioni alla base della decisione dell’OPEC di ridurre i tagli alla produzione più del previsto, aumetando l’output, in un momento in cui i prezzi del petrolio sono già bassi.
“Siamo in una buona posizione per trovare un accordo con la Russia, visto che i prezzi del petrolio sono scesi”, ha dichiarato il Presidente Donald Trump , riportato da Bloomberg, lunedì 5 maggio, riferendosi ai negoziati in corso relativi alla guerra in Ucraina.
Il commento è arrivato pochi giorni dopo che l’OPEC ha scioccato i mercati annunciando che avrebbe annullato i tagli alla produzione per il mese di giugno, tre volte di più di quanto previsto dalla maggior parte degli analisti. La mossa ha fatto crollare i prezzi del petrolio, già bassi, e ha lasciato gli operatori a grattarsi la testa sulle motivazioni alla base di una simile mossa.
Ora, alcuni osservatori stanno collegando i puntini: un aumento delle quote ha più senso se fa parte di una manovra orchestrata da Trump per spremere Mosca colpendo le entrate petrolifere. Se fosse vero, il dolore non si fermerebbe alla porta del Cremlino: i prezzi più bassi colpirebbero tutti i produttori, compresi gli stessi membri dell’OPEC e persino le supermajor statunitensi.
In questo caso però vi sarebbe una differenza: se i produttori OPEC+, soprattutto i “Big 8”, hanno comunque la possibilità di esportare liberamente ovunque, e quindi di cogliere i migliori prezzi sul mercato, Russia, Iraan e Venezuela devono offrir forti sconti per poter vendere il proprio ptrolio, oltr ad affrontare costi di trasporto e assicurazione superiori. Quindi il “Dolore” per produttori USA e OPEC+ normali diventa insostenibile per gli altri.
Trump ha ripetutamente sostenuto che ridurre il flusso di denaro della Russia è il modo più rapido per porre fine alla guerra in Ucraina. Appoggiandosi a Riyadh per aumentare la produzione – nonostante i prezzi già bassi – alcuni potrebbero vedere questo come un tentativo di Washington di tagliare alla fonte il principale flusso di finanziamenti del Cremlino.
L’Arabia Saudita, nel frattempo, ha insistito che le sue azioni sono basate sui fondamentali del mercato: solo un’altra oscillazione del pendolo domanda-offerta. Ma la storia suggerisce il contrario.
Nel 2020, la Russia si è rifiutata di aderire a tagli più profondi dell’OPEC. L’Arabia Saudita ha aperto i rubinetti per rappresaglia, scatenando una brutale guerra dei prezzi. Il greggio è crollato di quasi il 70%, facendo precipitare brevemente il WTI in territorio negativo.
Si è trattato di un promemoria non troppo velato del fatto che Riyadh è più che disposta ad armare il petrolio quando la geopolitica lo richiede – e se l’amministrazione Trump sta chiamando i giochi dallo stesso libro, la Russia potrebbe trovarsi ancora una volta nel mirino.
Mosca in questo momento non può armare il proprio petrolio: non può permettersi di combattere una guerra su troppi fronti. Forse non è un caso che i colloqui petroliferi si sono svolti proprio a Riad: i Sauditi hanno toccto con mano chi sta ora rallentando il processo di pace.
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