Attualità
Un Sogno Illusorio: “Facciamo a meno degli americani”
Dopo le sanzioni di Trump qualcuno pensa che si possano organizzare degli accordi internazionali commerciali escludendo gli USA, ignorando che questi sono il maggior acquirente mondiale, il miglior cliente, di tutti. Tranne che i venditori non si trasformino in clienti, non c’è uscita da questa situazione, se non trattando.
L’era del libero scambio, almeno come l’abbiamo conosciuta negli ultimi decenni, sembra tramontare sotto i colpi del protezionismo. L’amministrazione Trump prima, e la crescente tendenza alla deglobalizzazione poi, hanno innescato una serie di risposte da parte di diversi paesi, spesso incentrate sull’idea di rafforzare i legami commerciali con altri partner, aggirando gli Stati Uniti e i loro dazi. Ad esempio Trudeau ha minacciato anche di sviluppare “Altre partnership” commerciali oltre che quella con gli USA, che importano per il 17% del PIL del Canada.
Tuttavia, questa strategia, per quanto allettante possa sembrare sulla carta, si scontra con una realtà economica ben più complessa, trasformandosi in un sogno illusorio, una chimera che ignora le fondamenta stesse del commercio internazionale.
L’idea di poter semplicemente sostituire il mercato americano con altri, come se si trattasse di interscambiare pedine su una scacchiera, è frutto di una semplificazione eccessiva e irrealistica. I dati parlano chiaro: la Cina gode di un surplus commerciale massiccio, così come il Canada, seppur in misura minore.
L’Unione Europea e il Messico, pur con un deficit complessivo, vantano un surplus considerevole proprio nei confronti degli Stati Uniti. Questo scenario pone immediatamente un interrogativo cruciale: escludere gli USA dal quadro, significa pretendere che paesi strutturalmente venditori, come la Cina, si trasformino improvvisamente in compratori netti? Oppure si immagina un mondo utopico dove tutti, magicamente, riescono ad avere un surplus commerciale? Verso chi, esattamente?
La realtà è che la bilancia commerciale non è un gioco a somma zero dove tutti possono vincere contemporaneamente. Se un paese ha un surplus, significa che un altro, o più di uno, deve avere un deficit. Pretendere che la Cina, con il suo surplus di oltre 800 miliardi di dollari verso gli US e 105 miliardi complessivi, possa assorbire improvvisamente una quantità di beni e servizi tale da compensare l’esclusione del mercato americano, è pura utopia.
La struttura produttiva cinese, fortemente orientata all’export, non può essere riconvertita dall’oggi al domani. E anche se ciò fosse possibile, a chi venderebbero gli altri paesi attualmente in surplus verso gli Stati Uniti, come Canada, Messico e la stessa UE?
L’ipotesi di un blocco commerciale alternativo agli USA si scontra anche con la dimensione del mercato americano e il suo potere d’acquisto. Gli Stati Uniti rappresentano la più grande economia mondiale e un mercato di consumatori con un’elevata propensione alla spesa. Sostituire un mercato di tale portata non è un’impresa realizzabile nel breve o medio termine, né tantomeno auspicabile, dato che significherebbe rinunciare a un partner commerciale fondamentale per molti paesi. Tanto più che sono il più grande mercanto fdi consumatori, in deficit commerciale, dal 1982, non da ieri. Tutta la struttura del commercio internazionale è
Inoltre, l’interconnessione delle catene di approvvigionamento globali rende estremamente difficile isolare completamente un’economia come quella statunitense.
Molte aziende, anche quelle con sede al di fuori degli USA, dipendono in qualche misura dal mercato americano, sia come destinazione finale dei loro prodotti, sia come fonte di componenti o materie prime. Un’esclusione forzata degli Stati Uniti genererebbe inevitabilmente distorsioni e inefficienze, con costi che ricadrebbero su tutti gli attori coinvolti.
L’atteggiamento dell’amministrazione Trump, per quanto controverso e criticabile, ha avuto il merito di riportare l’attenzione su un principio fondamentale del commercio: “il cliente ha sempre ragione”. Gli Stati Uniti, con il loro enorme deficit commerciale, sono, di fatto, il “grande cliente” del mondo.
Se un cliente decide di cambiare fornitore, magari per ragioni non strettamente economiche, non si può semplicemente ignorare la sua decisione o sperare che cambi idea. Bisogna invece comprenderne le motivazioni e cercare di adattarsi alle nuove condizioni.
Quindi pensare di costruire un Mondo commerciale senza gli USA è, per lo meno irrelaistico. Perché, volere o volare, gli Stati Uniti sono quelli che permettono a tanti altri di fare surplus commerciale e quindi, anche, di risolvere i propri problemi economici interni. Sono quelli che ancora sostengono l’economia tedesca e quella italiana. Quelli che permettono, con i loro acquisti, alla Cina di costruire infrastrutture e anche di riarmare in modo moderno il proprio esercito. Non sono una variabile che possa essere eliminata dal gioco, a meno che non riusciamo ad esportare tutti su Marte (ma anche per questo ci vorrebbe Elon Musk..).
I governi intelligenti lo capiranno e scendereanno a patti con la realtà dei fatti. La Cina, ad esempio, non ha reagito, per ora, alle sanzioni. Paesi che hanno equilibri meno difficoltosi, rispetto a Pechino come l’Italia, dovrebbero farsi altre domande: ad esempio ENI potrebbe iniziare a chiedersi se non sia proficuo investire, nell’interesse dell’Italia, non solo nei biocarburanti con PBF, ma anche nella liqufazione del gas con qualche altro partner. L’energia comunque dobbiamo comprarla da qualche parte, tanto vale farlo nell’interesse della nazione…
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