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Economia

La UE minaccia 95 miliardi di dai contro Trump: pugno di ferro o castello di carte?

L’UE minaccia Trump con ritorsioni da 95 miliardi sui dazi, ma le divisioni interne e il realismo dei negoziatori rischiano di trasformare la mossa in un bluff.

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L’Unione Europea si prepara allo scontro finale con Donald Trump. Con la scadenza dei negoziati commerciali fissata per il 9 luglio, da Bruxelles arriva un avvertimento che suona come un ultimatum: per ottenere un accordo vantaggioso, l‘UE deve brandire una “minaccia credibile” di ritorsioni pesantissime, come rivelato dal Financial Times

La rivelazione, che infiamma il clima già teso, arriva direttamente dal cuore della Commissione. Bjoern Seibert, potente capo di gabinetto della presidente Ursula von der Leyen, ha parlato senza mezzi termini agli ambasciatori dei 27 dopo il G7: solo la prospettiva di una risposta durissima convincerà il presidente USA a fare un passo indietro sui dazi.

Un approccio muscolare che trova sponda a Berlino. Il Cancelliere tedesco Friedrich Merz ha già chiarito la posizione del suo governo: “Siamo pronti a usare una varietà di opzioni se non ci sarà un accordo. Possiamo e difenderemo i nostri interessi”, ha dichiarato al Bundestag.

La Minaccia di Trump e il Pugno di Ferro della UE

Dall’altra parte dell’Atlantico, Trump non usa mezzi termini. Ha minacciato di imporre una tariffa “reciproca” del 50% sull’import europeo se i colloqui falliranno. L’obiettivo dichiarato è riportare la produzione manifatturiera in America e ridurre un deficit commerciale monstre da 198 miliardi di euro che gli USA hanno con il blocco.

La risposta della Commissione, secondo le direttive di von der Leyen, è pronta e devastante. Seibert ha chiesto il via libera a un pacchetto di dazi su 95 miliardi di euro di merci statunitensi. Ma non è tutto. Sul tavolo ci sono anche misure contro i servizi, con possibili prelievi fiscali sui giganti tecnologici americani e la limitazione dell’accesso delle imprese USA agli appalti pubblici europei.

“Abbiamo bisogno di una leva negoziale con un pacchetto di riequilibrio credibile”, ha confidato uno dei funzionari presenti all’incontro.

Le Solite Crepe nel Fronte Europeo

Ma è proprio sulla credibilità di questa minaccia che si addensano i dubbi più grandi. Il fronte europeo, come spesso accade, è tutt’altro che compatto.

Un primo pacchetto di ritorsioni da 21 miliardi di euro è già stato congelato fino al 14 luglio per dare spazio ai negoziati. Questo pacchetto era stato a sua volta ridotto dai 26 miliardi iniziali dopo le proteste di Francia e Italia. I due paesi, preoccupati per i loro settori vitivinicoli, temevano che colpire whiskey e vino americani avrebbe scatenato contromisure di Trump fino al 200% sui loro prodotti.

Le pressioni per ammorbidire la linea non si fermano. La Commissione teme che anche le nuove misure proposte vengano “smantellate” dagli interessi nazionali. L’Irlanda ha già chiesto di esentare aerei e attrezzature mediche, mentre il Belgio è riuscito a tenere i diamanti fuori dalla lista iniziale. Un copione già visto, che rischia di trasformare la “minaccia credibile” in un’arma spuntata.

Il Realismo Crudele dei Negoziatori

In privato, i negoziatori dell’UE ammettono una sconfitta di partenza: non riusciranno a far eliminare a Trump il dazio base del 10% su tutte le importazioni. La vera battaglia è sulla riduzione dei dazi aggiuntivi su acciaio, auto e, potenzialmente, su semiconduttori e farmaceutici.

Matthias Jørgensen, un alto funzionario della Commissione coinvolto nei colloqui, ha gettato acqua sul fuoco davanti al Parlamento europeo. Pur definendo un “linea rossa” la modifica delle normative europee per compiacere Washington, ha espresso scetticismo sulla possibilità di eliminare tutte le tariffe USA.

“Ottenere entrate è un fattore importante per gli Stati Uniti”, così come il desiderio di “rilocalizzare la produzione”, ha ammesso Jørgensen agli eurodeputati. La sua conclusione è quasi una sentenza: “Dobbiamo considerare la possibilità, uno scenario molto realistico, in cui le tariffe, o alcune delle tariffe, degli Stati Uniti verranno mantenute”.

Mentre un portavoce della Commissione ribadisce che “tutti gli strumenti e le opzioni rimangono sul tavolo”, la domanda resta una sola: l’Unione Europea sta preparando un vero contrattacco o sta solo mettendo in scena un colossale bluff destinato a essere smascherato? Con la scadenza del 9 luglio, la risposta è drammaticamente vicina. Viste le discussioni in corso la seconda opzione è più probabile. Tutto si risolverà nel solito enorme buco nell’acqua in salsa brussellese. 


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