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UE-Cina: Bruxelles prepara una valanga di dazi. La pazienza è finita?
L’UE prepara una raffica di dazi contro la Cina per proteggere le proprie industrie. Tra sovraccapacità, terre rare e timori legati a Trump, Bruxelles alza la voce e si prepara a una nuova guerra commerciale.

A Bruxelles, a quanto pare, la pazienza è finita. L’Unione Europea si sta preparando a intensificare drasticamente le sue difese commerciali contro la Cina nelle prossime settimane, nel tentativo di proteggere le proprie industrie da una concorrenza a prezzi stracciati e dalle distorsioni create dalla seconda economia mondiale. Già da tempo parlavamo dell’enorme, crescente e devastante surplus commerciale cinese verso la UE.
La notizia non arriva da un politico in cerca di visibilità, ma da una fonte più che autorevole: l’ex commissario per il Commercio, Cecilia Malmstrom. Parlando durante un evento a Dublino, la Malmstrom ha rivelato che sono in corso “preparativi per altre 20 indagini anti-dumping in una varietà di settori“. Ha poi aggiunto, senza troppi giri di parole: “Penso che verranno aperte consecutivamente nelle prossime settimane”.
L’ex commissario svedese, in carica dal 2014 al 2019, ha descritto Pechino come “un partner complicato”, che ha “sfruttato molto abilmente i paesi di tutto il mondo delusi dagli Stati Uniti” dal ritorno del presidente Donald Trump all’inizio dell’anno. È interessante notare la sua analisi sulle dinamiche geopolitiche: “Molti dicevano che, con le crescenti tensioni tra UE e USA, questo avrebbe spinto l’UE verso la Cina. Ma non è successo”, ha affermato. “Altri paesi sono stati spinti verso la Cina, ma non l’UE – noi continuiamo ad avere queste enormi preoccupazioni”.
Le ragioni dell’offensiva europea
Sebbene la Commissione Europea non abbia confermato ufficialmente queste cifre, la frustrazione a Bruxelles è palpabile. I vertici europei lamentano da tempo la riluttanza di Pechino ad affrontare le preoccupazioni dell’UE. Questa frustrazione è stata amplificata da un fattore esterno ben preciso: i dazi di Trump. Il timore è che gli esportatori cinesi, sotto pressione negli USA, possano dirottare le loro merci verso l’Europa a prezzi scontati, mettendo in ginocchio i produttori locali.
I punti di attrito sono ormai noti e si accumulano da tempo:
- Sovraccapacità industriale: La produzione cinese, sostenuta da politiche statali, supera di gran lunga la domanda interna, riversandosi sui mercati globali a prezzi insostenibili per la concorrenza.
- “Arma” delle materie prime: L’UE accusa la Cina di aver “militarizzato” il suo dominio di mercato su terre rare e magneti, introducendo ad aprile nuove regole che richiedono licenze per l’esportazione. Risultato? Decine di chiusure industriali in Europa.
- Dazi ritorsivi: L’UE ha contestato i dazi provvisori imposti dalla Cina sulle importazioni di carne suina europea, definiti dal capo del commercio UE Sabine Weyand come una misura con “significative carenze” secondo le regole del commercio globale.
Gli strumenti nel cassetto di Bruxelles
L’arsenale europeo non si limita alle classiche indagini anti-dumping. Quest’anno, per la prima volta, l’UE ha utilizzato il suo Strumento per gli Appalti Internazionali (IPI) contro la Cina, bloccando le sue imprese da lucrose gare d’appalto pubbliche nel mercato unico. Si parla inoltre di “discussioni serie” sull’attivazione, anche in questo caso per la prima volta, dello Strumento Anti-Coercizione contro Pechino.
A questo si aggiunge la notizia, riportata dal quotidiano tedesco Handelsblatt, che la Commissione sarebbe pronta a imporre dazi dal 25% al 50% sui prodotti siderurgici cinesi. Addirittura si parla d’introduzione di regole “Buy European” in diversi settori, in modo da limitare l’incredibile invadenza dei prodotti cinesi.
Un problema sistemico, non solo commerciale
Secondo Bruxelles i dazi sono solo un palliativo. Denis Redonnet, il massimo responsabile UE per l’applicazione delle norme commerciali, ha spiegato al Parlamento Europeo che queste misure possono essere solo un cerotto. Il problema, secondo lui, è molto più profondo.
“La difesa commerciale è una risposta imperfetta ai problemi che abbiamo con la sovraccapacità, in primo luogo perché arriva piuttosto tardi nel ciclo di distorsione”, ha affermato Redonnet. “Il vero problema risiede nell’origine, nella fonte della sovraccapacità, che deriva dalla natura stessa del sistema capitalista di stato in Cina”.
La vera soluzione, secondo il funzionario francese, “richiederebbe un certo riequilibrio nel modello cinese. Senza di esso, la sovraccapacità rimarrà un problema, e questo richiederà misure di protezione a lungo termine”. Peccato che il modello cinese venga deciso dai cittadini cinesi, non da quelli europei, e imporre qualcosa di diverso ha un sapore vagamente coloniale.
Anche la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, incontrando il premier cinese Li Qiang a New York, ha sollevato le preoccupazioni europee, pur usando un linguaggio più conciliante del solito: “Apprezzo la volontà della Cina di impegnarsi con noi in uno spirito di reciproca comprensione”. Un ramoscello d’ulivo che mostra la denbolezza di una leader, quando invece la situazione richiederebbe na risposta decisa.
Domande e Risposte
1) Perché l’Unione Europea sta decidendo di agire in modo così deciso proprio adesso?
La decisione dell’UE è il risultato di una combinazione di fattori accumulatisi nel tempo. La causa principale è la frustrazione per la sovraccapacità industriale cinese, che danneggia le imprese europee con prodotti a basso costo. A questo si aggiungono le recenti mosse di Pechino, come le restrizioni sull’export di terre rare. L’elemento scatenante, però, è l’effetto dei dazi imposti dagli Stati Uniti di Trump alla Cina: Bruxelles teme che un’enorme quantità di merci cinesi, non più dirette in America, venga dirottata sul mercato europeo, creando una concorrenza insostenibile. È un’azione preventiva e reattiva al tempo stesso.
2) Quali sono i settori che rischiano di più in questa “guerra commerciale”?
Sebbene non siano stati specificati tutti i settori, le tensioni si concentrano su aree strategiche. L’acciaio è da tempo nel mirino a causa della sovraccapacità cinese. Il settore automobilistico, specialmente quello dei veicoli elettrici, è un altro campo di battaglia cruciale. Inoltre, le industrie che dipendono fortemente dalle terre rare e dai magneti importati dalla Cina sono vulnerabili alle restrizioni di Pechino. Infine, il settore agroalimentare, come dimostrano i recenti dazi cinesi sulla carne suina europea, è spesso usato come pedina nelle dispute commerciali. Si tratta di settori ad alto valore e ad alta intensità di lavoro per l’Europa.
3) Queste misure dell’UE potrebbero portare a un aumento dei prezzi per i consumatori europei?
Sì, è un rischio concreto. I dazi anti-dumping e le tariffe protettive aumentano il costo dei prodotti importati dalla Cina. Se le aziende europee non riescono a coprire la domanda con la produzione interna a prezzi competitivi, il costo finale per i consumatori potrebbe salire. L’obiettivo dell’UE è proteggere l’industria e l’occupazione nel lungo termine, ma nel breve periodo l’impatto potrebbe essere un’inflazione su specifici beni, come l’elettronica, i pannelli solari o altri prodotti di largo consumo dove la produzione cinese è dominante. L’equilibrio tra protezione industriale e costi per i consumatori è la vera sfida.

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