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UE: Bilancio 2028-2034 nel Caos? La Mega Tassa sulle aziende scatena la rivolta
Il nuovo bilancio UE 2028-2034 di Ursula von der Leyen, con una mega tassa sulle aziende, è sotto attacco. Scopri perché Germania, Paesi Bassi e Parlamento UE bocciano il piano e le prospettive future. Un’analisi completa su Scenari Economici.

Il nuovo piano settennale della Commissione Europea per il bilancio 2028-2034, presentato dalla Presidente Ursula von der Leyen, sta incontrando un’opposizione così veemente da far temere un fallimento ancor prima di iniziare il lungo processo di negoziazione.
Il budget, che ammonterebbe a circa 2.000 miliardi di euro in sette anni, si propone di introdurre nuove forme di entrate, tra cui una controversa tassa sulle aziende con fatturato elevato, la quale è stata quasi universalmente respinta. Alla fine il piano sembra un prodotto autoritario sovietico-europeista, il peggio di quanto possa essere creato a Bruxelles.
La controversa tassa sulle imprese
Al centro del dibattito vi è la proposta di imporre una tassa annuale alle aziende con un fatturato superiore ai 100 milioni di euro. L’idea è generare circa 6,8 miliardi di euro all’anno per finanziare i programmi dell’UE e ripagare i debiti contratti durante la pandemia. Tuttavia, la misura è stata accolta con scetticismo e aperta ostilità.
La Germania, tradizionalmente uno dei maggiori contributori al bilancio UE, ha espresso un netto rifiuto. Friedrich Merz, leader dei Cristiano Democratici tedeschi (lo stesso partito di von der Leyen), ha dichiarato in modo inequivocabile che “non c’è alcuna questione che l’Unione Europea tassi le aziende, poiché l’Unione Europea non ha alcuna base legale per questo”. Anche i Paesi Bassi si sono uniti al coro delle critiche, insistendo sulla necessità di ridurre il bilancio dell’UE piuttosto che aumentarlo. .
L’opposizione non proviene solo dai paesi “frugali” del Nord Europa. Anche diplomatici di paesi del Sud, solitamente più propensi a una maggiore spesa europea, hanno definito il piano “difficile da far sopravvivere”. All’interno del Parlamento Europeo, l’accoglienza è stata altrettanto fredda. Monika Hohlmeier, vicepresidente della commissione Bilancio e membro del Partito Popolare Europeo (EPP), ha sottolineato come la tassa “contrasti nettamente con i nostri sforzi per rafforzare la competitività delle aziende europee, in particolare le medie imprese”. Ha aggiunto che tali aziende sono già sostenute da un Fondo per la Competitività significativo, volto a promuovere innovazione e produttività. Difficilmente il presidente del PPE Weber, teoricamente dello stesso partito della von der Leyen, si impegnerà nella sua difesa.
Anche Alessandro Ciriani, eurodeputato di Fratelli d’Italia, ha criticato la proposta, definendola “in contrasto con la volontà della maggioranza del Parlamento”, evidenziando il paradosso di voler sostenere il settore produttivo per poi “falciarlo con la lama fiscale”.
Le associazioni imprenditoriali europee e nazionali hanno espresso un forte dissenso. Markus J. Beyrer, direttore generale di BusinessEurope, ha definito la proposta “totalmente controproducente”, mentre Stefan Pan, vicepresidente di Confindustria, ha avvertito che la soglia dei 100 milioni di euro di fatturato “rischia di ostacolare la crescita delle aziende innovative”.
Esperti economici, come Zsolt Darvas del think tank Bruegel, hanno definito l’idea di tassare il fatturato anziché i profitti “molto sbagliata” e regressiva, poiché colpisce in modo indiscriminato settori con margini di profitto diversi e aziende in diverse condizioni finanziarie.
Alla fine la “Tassa europea” sulle aziende è una pessima idea, superficiale e senza base legale.
Un processo decisionale controverso e pasticciato
Oltre alle questioni di merito, il piano è stato oggetto di forti critiche per le modalità con cui è stato elaborato. Sembra che la stesura del bilancio sia avvenuta in modo quasi segreto, ignorando molti commissari e centralizzando le decisioni nella mani della Presidente von der Leyen e del suo capo di gabinetto, Björn Seibert. Questo approccio ha generato un malcontento diffuso all’interno della stessa Commissione.
Fonti diplomatiche e funzionari europei hanno parlato di una “rivolta” interna, che ha costretto a significative concessioni poche ore prima della pubblicazione del piano. Un diplomatico senior ha affermato di non aver “mai visto una situazione così grave” nelle precedenti negoziazioni di bilancio, con nessuno che sapesse cosa avrebbero ricevuto o pagato fino all’ultimo minuto.
Il processo di approvazione finale del bilancio a Bruxelles è stato caotico, con riunioni protrattesi per ore e rinvii improvvisi. Il commissario al Bilancio, Piotr Serafin, sembra non fosse a conoscenza della complessa formula per determinare i fondi per ciascun paese, ricevendo i dati definitivi solo pochi minuti prima di una riunione cruciale, iniziata con quattro ore di ritardo. Immaginate un ministro delle Finanze nazionale che si rechi a un Consiglio dei Ministri senza avere idea delle entrate dello Stato: sarebbe cacciato a calci. Invece questo è possibile nella Commissione UE.
Questa condotta ha portato alcuni commissari a chiedere apertamente a von der Leyen perché stessero ricevendo solo un “debriefing” anziché partecipare attivamente al processo, perché, alla fine, si sono sentiti dettare dei numeri sui quali non hanno potuto esercitare nessuna influenza.
Nonostante von der Leyen abbia difeso il suo stile di gestione, affermando di aver parlato con ogni commissario e che “c’era molta contesa… non tutti erano soddisfatti”, il risentimento per la sua leadership accentrata è palpabile. Funzionari senior segnalano un ulteriore restringimento della cerchia decisionale nel suo secondo mandato, con voci dissenzienti che non sono tornate a far parte della sua squadra. La von der Leyen non ha idea di come funzioni non solo una democrazia, ma anche un team efficiente, e i risultati sono evidenti.
Prospettive future
L’opposizione sia da parte degli Stati membri che del Parlamento Europeo, unita alle tensioni interne alla Commissione, rende la sopravvivenza della proposta di tassa sulle aziende e, più in generale, del super bilancio da 2.000 miliardi di euro, estremamente improbabile nella sua forma attuale.
I prossimi due anni di discussione si preannunciano durissimi, con la Germania in particolare che ha già dichiarato di non poter accettare un aumento così sostanziale del bilancio UE in un momento in cui gli Stati membri sono impegnati nel consolidamento dei propri bilanci nazionali.
L’intero processo sembra destinato a un confronto aspro, mettendo in evidenza le profonde divisioni e la difficile ricerca di un consenso all’interno dell’Unione Europea. Questo bilancio è stata una provocazione bella e buona, una improvvida spinta verso un federalismo che ora nessuno vuole, ma il risultato rischia di essere il rifiuto delle istituzioni europee.
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