Seguici su

DifesaIsraeleUSA

Trump all’Iran: “Se riprendete il nucleare, vi bombardiamo di nuovo. Non aspetteremo”

Trump non usa mezzi termini: un nuovo avvertimento all’Iran scatena tensioni. Se Teheran riavvierà il programma nucleare, un attacco USA sarà immediato. Sullo sfondo, il ruolo di Israele e una diplomazia al palo.

Pubblicato

il

In un’atmosfera che doveva essere celebrativa, quella per il 250° anniversario della Marina statunitense, il Presidente Donald Trump non ha perso l’occasione per inviare un messaggio tutt’altro che festoso a Teheran. Parlando dalla base navale di Norfolk, in Virginia, ha avvertito l’Iran con toni inequivocabili: se il programma nucleare verrà riavviato, la risposta militare degli Stati Uniti sarà non solo certa, ma anche molto più rapida del passato.

“Non aspetteremo così a lungo questa volta”, ha dichiarato Trump, riferendosi al presunto raid aereo del 22 giugno scorso contro le installazioni nucleari iraniane. Un attacco che, a suo dire, fu un successo chirurgico: “I B-2, quello che hanno fatto. Quelle bellissime ali volanti, hanno colpito ogni singolo bersaglio. E per sicurezza, abbiamo lanciato 30 Tomahawk da un sottomarino”.

La narrazione del Presidente dipinge uno scenario da film d’azione, quasi a voler rassicurare l’elettorato sulla prontezza e l’efficacia delle forze armate USA. Ma è la giustificazione a suscitare più di qualche perplessità. Secondo Trump, l’Iran era “a un mese dall’avere un’arma nucleare”, un’affermazione che non vedeva tutti i servizi d’informazione d’accordo.

Il Presidente ha poi aggiunto un dettaglio interessante, quasi a rivendicare una decisione che i suoi predecessori non ebbero il coraggio di prendere. Ha raccontato di aver incontrato i piloti dei B-2 nello Studio Ovale, i quali gli avrebbero confidato che i piani per colpire gli impianti iraniani erano pronti da ben 22 anni, ma nessun presidente prima di lui aveva dato il via libera.

Un’operazione “per conto di Israele”

La franchezza di Trump, come spesso accade, arriva a svelare anche le dinamiche geopolitiche sottostanti. In una precedente intervista del 1° settembre, aveva ammesso senza troppi giri di parole il movente principale dell’operazione: “Guardate, nessuno ha fatto più di Israele di me, compresi i recenti attacchi all’Iran, spazzando via quella roba”. Un’ammissione che conferma come le priorità di sicurezza di Tel Aviv siano state pienamente integrate nell’agenda strategica di Washington.

Questa politica del “bastone e della carota”, dove il bastone è decisamente più visibile, si manifesta in una duplice strategia:

  • Minaccia militare: Le continue dichiarazioni sulla possibilità di nuovi raid fungono da deterrente e da pressione costante sul governo iraniano.
  • Richiesta di negoziati: Contemporaneamente, l’amministrazione Trump chiede all’Iran di sedersi a un tavolo per negoziare un accordo che preveda la rinuncia totale all’arricchimento dell’uranio e l’imposizione di limiti stringenti al suo programma di missili balistici.

Richieste che Teheran considera inaccettabili ancora in questa fase e con questo regime. La Guida Suprema, l’Ayatollah Ali Khamenei, ha recentemente ribadito la fatwa che proibisce lo sviluppo di armi nucleari, ma ha anche giurato che il paese non rinuncerà al suo programma di arricchimento a scopi civili, definendolo una questione di orgoglio e sovranità nazionale. Allo stesso modo, ha respinto qualsiasi ipotesi di limitazione del proprio arsenale missilistico.

La situazione resta quindi in un pericoloso stallo. Da una parte, un’amministrazione americana che brandisce la minaccia militare come principale strumento di diplomazia; dall’altra, un regime iraniano che non intende cedere su quelli che considera pilastri della propria autonomia strategica. In mezzo, un Medio Oriente che osserva con il fiato sospeso, ben consapevole che basta una scintilla per incendiare la prateria.

Domande e Risposte per il Lettore

1) Ma è vero che l’Iran era a un passo dalla bomba atomica come sostiene Trump?

Le fondi d’informazione sono contrastanti: gli israeliani ritenevano che la costruzione di armi nucleari fosse imminente, mentre altre fonti d’intelligence pensavano che invece fossero necessari ancora mesi o anni per la loro realizzazione.

2) Perché Trump sottolinea di aver agito anche per conto di Israele?

Trump evidenzia il suo sostegno a Israele per diverse ragioni strategiche. In primo luogo, consolida il rapporto con un alleato chiave in Medio Oriente, le cui preoccupazioni per il programma nucleare iraniano sono note. In secondo luogo, si rivolge a una parte importante del suo elettorato interno, in particolare gli evangelici e i conservatori pro-Israele, mostrando di essere un presidente che agisce con decisione per proteggere gli alleati. Infine, usa questa leva per presentarsi come l’unico leader che ha avuto il coraggio di affrontare direttamente la “minaccia” iraniana, a differenza dei suoi predecessori.

3) Qual è la posizione ufficiale dell’Iran di fronte a queste minacce e richieste?

La posizione di Teheran è di netta opposizione. La Guida Suprema, l’Ayatollah Khamenei, pur ribadendo il divieto religioso (fatwa) di sviluppare armi di distruzione di massa, ha chiarito due punti non negoziabili. Primo, l’Iran non rinuncerà al suo programma di arricchimento dell’uranio per scopi civili (es. produzione di energia), considerandolo un diritto sovrano e una questione di orgoglio nazionale. Secondo, non accetterà alcuna limitazione al suo programma di missili balistici, ritenuto fondamentale per la propria difesa in una regione altamente instabile. Le richieste USA sono quindi viste come un pretesto per smantellare le difese del paese.

E tu cosa ne pensi?

You must be logged in to post a comment Login

Lascia un commento