Economia
Tredici anni dopo, Buti cambia rotta: dall’austerità alla spesa. Qualcuno conosceva l’errore dall’epoca
Ci sono voluti ben 13 anni prima che i professoroni e il Sole 24 Ore capisse che con l’austerità non si va da nessuno parte. Ora è tardi
Tredici anni. Tanto è servito a Marco Buti, economista e professore, per riconsiderare la sua posizione sull’austerità, come ha giustamente notato oggi il sempre ottimo Giuseppe Liturri su La Verità. Nel 2012, dalle colonne di un suo editoriale, ne esaltava la necessità, contribuendo a fornire una giustificazione teorica alle politiche di rigore che hanno colpito duramente l’Italia tra il 2011 e il 2017. Ora, dalle pagine del Sole 24 Ore, riconosce quell’approccio come un “errore” e propone soluzioni alternative.
Ovviamente c’erano economisti e politici che già dicevano, da anni, questo. Borghi e Bagnai lo dicono almeno dal 2013, e questo tema è stato un leit motiv anche noi a Scenarieconomici. Eppure il potere era in mano a quelli della “Austerità espansiva”, dei autorevolezza guadagnata a suon di povertà, il tutto ignorando ogni basilare principio democratico e infilando un errore dopo l’altro. Monti è ancora fra noi, rudere di questa politica.
Quello di Buti è stato un cambio di rotta significativo, soprattutto se si considera il suo ruolo. Durante gli anni più duri dell’austerità, ha ricoperto posizioni di rilievo all’interno delle istituzioni europee, prima come Direttore generale della Direzione Affari Economici della Commissione, poi come capo di gabinetto del Commissario per l’economia Paolo Gentiloni.
Le sue nuove proposte, definite come “tre strade” sulle colonne de La Verità, prevedono:
- taglio di spese correnti a “vantaggio di interessi protetti” (quali non è dato sapere con certezza, ma sicurameente quelli degli amici di Buti, visto quello che è successo alla sanità durante l’austerità),
- una “capacità fiscale centrale permanente” della UE per finanziare non meglio precisati “beni pubblici europei”, cioè tasse, tasse, e e tasse. Europee, ma sempre tasse. Oppure
- l’introduzione di stabilizzatori semi-automatici legati allo stato dell’economia, cioè l’autorizzazione a fare spesa pubblica e debito in caso di crisi. Peccato che questo contraddica completamente quello che dicevasino a pochi anni fa
La costante di queste proposte, pur nella loro diversità, è la necessità di superare i rigidi vincoli del Patto di Stabilità riformato, aprendo di fatto la strada a un aumento del debito pubblico. Un’opzione, questa, in netto contrasto con le prescrizioni di austerità del 2012, quando Buti riteneva che, sebbene la crescita debole fosse un problema, questa non avrebbe dovuto far cambiare idea circa la necessità dell’austerità.
Il cambio di prospettiva, sia di Buti che del Sole 24 Ore, che nel 2011 lanciò l’appello del “Fate presto” a sostegno delle misure di rigore, arriva dopo tredici anni. Anni segnati, in Italia, da una profonda recessione, da una crisi bancaria e da una crescita economica asfittica, diretta conseguenza, secondo l’articolo de La Verità e ora apparentemente anche secondo Buti, proprio di quelle politiche di austerità allora tanto sostenute. La conversione è servita. Meglio tardi che mai.
Grazie al nostro canale Telegram potete rimanere aggiornati sulla pubblicazione di nuovi articoli di Scenari Economici.
You must be logged in to post a comment Login