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Thailandia-Cambogia: una mina fa saltare (per ora) la pace di Trump
Tregua a rischio tra Thailandia e Cambogia: Bangkok sospende l’accordo di pace dopo l’esplosione di una mina che ha ferito due soldati. Congelato il rilascio dei prigionieri.

Nel delicato scacchiere geopolitico del Sud-est asiatico, basta poco per far deragliare un processo di pace. Questa volta, “poco” ha la forma di una mina antiuomo. La Thailandia ha annunciato lunedì la sospensione dell’implementazione di un accordo di pace faticosamente raggiunto con la vicina Cambogia, dopo che un’esplosione nella provincia di Sisaket ha ferito due soldati thailandesi.
Uno dei soldati ha riportato gravi ferite a una gamba, mentre l’altro ha subito dolori al petto a causa della violenza dell’onda d’urto. Un brusco ritorno alla realtà.
L’accordo, ora congelato, era un’intesa complessa. Era stato supervisionato dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, con il sostegno diplomatico di attori regionali come la Cina e la Malesia di Anwar Ibrahim (attuale presidente dell’ASEAN). L’obiettivo era mettere fine alle ostilità dopo gli aspri scontri di confine di luglio, che avevano causato almeno 43 morti e oltre 300.000 sfollati tra le popolazioni civili di entrambi i lati.
Ma, come ha dichiarato il Primo Ministro thailandese Anutin Charnvirakul: “Pensavamo che la minaccia alla sicurezza fosse diminuita, ma in realtà non è così”.
Cosa prevedeva l’accordo (ora in pausa)
Il portavoce del governo di Bangkok, Siripong Angkasakulkiat, ha confermato che la Thailandia cesserà “il seguito della dichiarazione congiunta” siglata a Kuala Lumpur a fine ottobre. Questa mossa blocca diversi passaggi cruciali, che includevano:
- Il rilascio di 18 soldati cambogiani attualmente detenuti in Thailandia.
- L’organizzazione di sforzi congiunti di sminamento lungo il confine (il punto dolente, a quanto pare).
- Il ritiro delle armi pesanti da entrambe le parti della frontiera.
- L’accesso nell’area a squadre di monitoraggio del cessate il fuoco organizzate dal blocco regionale ASEAN.
Un conflitto mai sopito
La disputa tra Thailandia e Cambogia per porzioni del loro confine ha radici che affondano in oltre un secolo di storia. Gli stessi combattimenti di luglio erano stati innescati da accuse thailandesi secondo cui la Cambogia aveva piazzato nuove mine che avevano ferito le sue truppe.
Le autorità cambogiane, che in passato hanno sempre negato di aver piazzato nuovi ordigni, non hanno commentato immediatamente l’incidente. Tuttavia, proprio lunedì il Ministero della Difesa di Phnom Penh aveva diffuso una nota ribadendo un “impegno incrollabile” per la pace.
Sebbene la tregua siglata a luglio avesse sostanzialmente retto, gli analisti sottolineano che, finché la disputa territoriale alla base del conflitto non sarà risolta in modo definitivo, qualsiasi accordo di pace rimane estremamente fragile. L’esplosione di una mina non solo ha ferito due soldati, ma ha fatto deflagrare l’intera, delicata, impalcatura diplomatica.
Domande e risposte
Perché la Thailandia ha sospeso l’accordo per un singolo incidente? La sospensione è una reazione diretta a una violazione percepita della sicurezza fondamentale. L’esplosione della mina è vista da Bangkok non come un incidente isolato, ma come la prova che la minaccia sul terreno non è diminuita, nonostante gli impegni presi. Per la Thailandia, procedere con l’accordo (ad esempio, rilasciando i prigionieri) mentre i propri soldati vengono ancora feriti dalle mine sarebbe politicamente e militarmente insostenibile. È una questione di fiducia.
Qual è il vero problema tra Thailandia e Cambogia? Al di là delle mine e degli scontri recenti, il conflitto ha radici storiche profonde. I due paesi hanno una disputa territoriale irrisolta che risale all’epoca coloniale francese (trattati del 1907) e riguarda diverse aree lungo il confine. Il punto più famoso di questa disputa è l’antico tempio di Preah Vihear, che la Corte Internazionale di Giustizia ha assegnato alla Cambogia nel 1962, una decisione che la Thailandia ha faticato ad accettare. Finché questa disputa territoriale non sarà risolta, la pace resterà precaria.
Cosa succederà ora ai 18 soldati cambogiani prigionieri? Il loro rilascio era un punto chiave dell’accordo di Kuala Lumpur, un gesto fondamentale per costruire la fiducia. Con la decisione della Thailandia di sospendere “il seguito della dichiarazione congiunta”, la loro liberazione è, al momento, congelata. Il loro destino è ora legato alla capacità dei due paesi – e forse dei mediatori internazionali come l’ASEAN – di superare questa nuova crisi e ripristinare le condizioni minime di sicurezza necessarie per riattivare il processo di pace.








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