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TALK SHOCK

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Nella notte del cambio della guardia – poco dopo la raggiunta quadra tra Di Maio, Salvini e Mattarella e il via libera al cosiddetto Governo del cambiamento – mi sono gustato una serie di talk show fenomenali. Talk show significa letteralmente ‘spettacolo della parola’. Eppure, ho assistito a uno spettacolo dove la parola non c’entrava quasi niente. Contava un altro tipo di linguaggio: quello del corpo. Se silenziavo il televisore, non sarebbe cambiato nulla. Perché avrei capito tutto lo stesso, semplicemente osservando le facce impietrite, i tic nervosi, i trattenuti gesti di stizza.

C’era un parterre di lusso di convinti europeisti sparpagliato in due o tre trasmissioni: un ex sindacalista faceva training autogeno sbuffando ansia dalle labbra tese, un grande direttore guardava fisso in camera, lo sguardo vitreo, un illustre giornalista si agitava scomposto sulla seggiola, le guance rosso bordeaux. A un certo punto, ho tolto davvero il sonoro, poi l’ho rimesso, poi l’ho ritolto. Quando lo toglievo, era come se parlassero le emozioni, ed era un bel vedere (ma a godere della sofferenza altrui – in taluni rarissimi casi, come quello di specie – non si fa peccato): una ricchezza espressiva e sentimentale a tratti commovente.

Quando riaccendevo l’audio, invece, si riaffacciava la monotonia monotematica di un monopensiero; questo: l’Italia ha un enorme debito pubblico che deve rifinanziare sui mercati e questo governo rischia di mandarci in default se perde la fiducia dei partner comunitari e delle borse mondiali. Declinato, magari, in modo diverso (tipo: questo governo rischia di mandarci in default se perde la fiducia dei partner comunitari e delle borse mondiali perchè l’Italia ha un enorme debito pubblico che deve rifinanziare sui mercati; oppure: l’Italia perde la fiducia dei partner comunitari e delle borse mondiali perché ha un enorme debito pubblico che deve rifinanziare sui mercati e questo governo rischia di mandarci in default), ma dal succo sempre uguale.

Al che, mi sono chiesto perché diavolo con il popò di intellettuali che ci troviamo (tutta gente super colta, iper studiata, pure poliglotta), l’unica ideuzza dotata di senso partorita da cotante cervella sia quella di cui sopra. Alla fine, sono giunto a una conclusione: hanno ragione loro. Mi spiego: in questo contesto politico ed economico, è verissimo che l’Italia è sotto schiaffo delle istituzioni comunitarie, ma soprattutto dei mercati.

Se ci fermiamo qui, è assolutamente giusto fare la sola cosa logica, date le premesse date: un Governo obbediente, servizievole, prono alla UE e ai Mercati che contenga il deficit sul PIL. Ma perché ci fermiamo qui? Perché non ci chiediamo se un altro mondo è possibile? Infine, perché non se lo chiedono i sublimi intelletti nazionali così gettonati nei talk show, molti dei quali tiravano persino le molotov in piazza negli anni Settanta o discettavano, dai megafoni di piazza o nei giornaletti d’assalto, su come ‘servire il popolo’? Ecco il tema per un grande e appassionante processo mediatico. Che però, nei talk show alla moda, non si aprirà mai; perché il primo a finire sotto accusa sarebbe chi li conduce e chi li frequenta.

Francesco Carraro
www.francescocarraro.com


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