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LO STREAMING IN POLITICA

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 Con una sorta di gioco demoscopico “Affaritaliani” chiede: “Rendiamo obbligatorio lo streaming per tutti gli incontri politici?” e la risposta è sì al 68,2%. Più di due italiani su tre sono a favore di questa totale trasparenza. Evidentemente si reputa che la politica sia poco onesta e che sia necessario controllare personalmente negoziati, incontri, accordi. Ma si tratta di un errore.

Non si nasconde soltanto ciò che è poco onesto, si nasconde anche ciò che, pur essendo perfettamente normale, sembra poco dignitoso o addirittura indecente. Diversamente non si chiuderebbe la porta del bagno. Non c’è niente di male nel liberarsi d’un po’ d’orina, ma è di cattivo gusto anche solo accennarvi. Per non dire che sembrerebbe oltraggioso chiedere: “Ma come se la cava il Papa, durante le sue uscite pubbliche, se deve fare pipì?” Eppure sicuramente i suoi accompagnatori si preoccupano del problema.

Un’altra cosa che tutti nascondono o almeno edulcorano è la morte. Essa non ha nulla d’immorale e tuttavia in alcuni posti alle salme mettono il rosso per guance perché deve sembrare che il defunto dorma, non che sia morto. E infatti la preghiera latina diceva: “requiescat in pace”, riposi in pace. In realtà i cadaveri presto puzzano e vanno incontro a orrende trasformazioni. E infatti bisogna sotterrarli molto presto. Ma ciò non impedisce che siamo obbligati a strizzare gli occhi per non vedere una realtà che chi studia tanatologia conosce benissimo. Se qualcuno, sentendosi chiedere notizie del padre, rispondesse: “Sta facendo i vermi da un paio di mesi”, sarebbe considerato un figlio indegno. I nostri morti non fanno vermi, volano in Paradiso.

Non tutto ciò che è onesto e perfino necessario può essere esposto al pubblico. E infatti da un lato facciamo finta che alcune cose non esistano, dall’altro permettiamo che il realismo imponga ben altri comportamenti. È vietato descrivere ciò che avviene in un cadavere dopo uno o due mesi ma, se si tratta di un sospetto di veneficio, si pretende che il medico legale con quel cadavere abbia da fare molto da vicino, che lo maneggi, lo sezioni e lo analizzi.

Nella politica – attività essenzialmente aliena dalla morale – imperano gli interessi, che a volte sono personali e miserelli (l’ambizione dell’assessore di un microscopico comune), a volte sono grandiosi, come fare il bene del Paese dal punto di vista economico o salvarlo da una guerra rovinosa, ma tutti sono portati avanti con gli stessi sistemi. Cioè senza tener conto della morale, degli impegni assunti, della parola data. Se la gente non lo sa, o non lo vuole sapere, ciò non cambia la politica. Lo stesso De Gaulle – persona assolutamente per bene – andò al potere nel nome dell’ “Algérie Française” e poi le concesse l’indipendenza.

Quale che sia il loro livello, tutti i politici hanno da fare con colleghi senza scrupoli. Dunque anche quelli che hanno scopi nobili, se vogliono farli prevalere, devono all’occasione essere anche loro senza scrupoli. Diversamente lascerebbero ai peggiori un indebito vantaggio e perderebbero. In politica devono essere nobili gli scopi: i mezzi non sempre sarebbe utile confessarli in streaming.

Per non entrare nel gioco della faziosità, ecco un esempio tratto dalla politica internazionale. La vicenda dei nostri marò detenuti in India è indubbiamente scandalosa. Probabilmente i politici locali si servono dell’episodio per scopi di sconcia demagogia nazionale. Dunque non si può dire che meritino rispetto. Per conseguenza, conoscendoli, ammesso che al momento del fatto la Enrica Lexie si trovasse in acque di competenza dell’India, sarebbe stato opportuno che le autorità italiane ordinassero al capitano di tornare in Italia, senza obbedire all’ingiunzione indiana di far rotta verso il porto. Al limite contrastando l’eventuale reazione indiana con le armi. Poi avremmo noi stessi potuto processare i nostri militari. È stato un errore lasciarli nelle mani di una magistratura e di un Paese in cui si tiene la gente in galera a tempo indeterminato e senza processo.

Ma chiunque sia d’accordo con questa tesi deve notare quanto segue: 1° se la nave italiana era in acque di competenza indiana, non aveva il diritto di andarsene e basta; 2° se l’Italia le avesse ordinato di non obbedire agli indiani, avrebbe violato la legge internazionale; 3° se avesse minacciato di affondare i guardacoste indiani che avessero inteso costringerla a tornare, si sarebbe trattato di un comportamento da bulli. E se rimangono d’accordo con la linea di comportamento ipotizzata, coloro che invocano la legalità e la trasparenza devono ammettere che certe cose non sta bene dirle ad alta voce ma si fanno. Anche in politica, prima di fare pipì, è meglio chiudere la porta.

Gianni Pardo, [email protected]

30 giugno 2014


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