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Stop superbonus? 33 mila aziende e 150 mila posti di lavoro a rischio. Non basta la crisi, Draghi ci mette del suo

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Il Superbonus, o meglio il continuo apri e chiudi del bonus,  rischia di essere la pietra tombale per migliaia di aziende artigiane e decine di migliaia di posti di lavori. Aver aperto e chiuso la cessione dei crediti lascia le aziende, sane, bloccate con un’enormità di crediti in mano, senza nessuna possibilità di cessione e quindi di recupero della liquidità necessaria ad operare. La CNA concorda con questa previsione, e lancia un accorato allarme:

33mila imprese artigiane a rischio fallimento e perdita di 150mila posti di lavoro nella filiera delle costruzioni a causa del blocco della cessione dei crediti legati ai bonus edilizi. È l’allarme che lancia CNA sulla base dei risultati di una indagine presso circa 2mila imprese che rappresentano un campione altamente rappresentativo dei comparti dell’edilizia, delle costruzioni e dei serramenti.

La Confederazione sollecita il Governo a trovare rapidamente una soluzione per disinnescare una bomba economica e sociale, generata da una serie di provvedimenti normativi che hanno alimentato confusione e profonda incertezza.

La CNA stima che i crediti fiscali delle imprese che hanno riconosciuto lo sconto in fattura e non monetizzati attraverso una cessione ammontano a quasi 2,6 miliardi di euro. La consistenza dei crediti bloccati (circa il 15% del totale) sta mettendo in crisi migliaia di imprese.

Infatti, oltre 60mila le imprese artigiane si trovano con cassetto fiscale pieno di crediti ma senza liquidità e con impatti gravissimi. Il 48,6% del campione parla di rischio fallimento mentre il 68,4% prospetta il blocco dei cantieri attivati.

Per non essere schiacciate dalla mancata cessione dei crediti, quasi un’impresa su due sta pagando in ritardo i fornitori, il 30,6% rinvia tasse e imposte e una su cinque non riesce a pagare i collaboratori. Dall’analisi dei fatturati e della consistenza media dei crediti emerge che le imprese con giro d’affari di 150mila euro detengono 57mila euro di crediti nel proprio cassetto fiscale (38,2%). Alla crescita del fatturato l’incidenza tende a scendere pur restando rilevante: un’impresa con 750mila euro di ricavi sconta 200mila euro di crediti bloccati. Il 47,2% delle imprese dichiara di non trovare soggetti disposti ad acquisire i crediti mentre il 34,4% lamenta tempi di accettazione dei documenti contrattuali eccessivamente lunghi. Per la cessione dei crediti, le imprese della filiera si sono rivolte principalmente alle banche (63,7%), a seguire Poste (22,6%), poi società di intermediazione finanziaria (5,1%).

Il Governo Conte ha creato un’enorme trappola che poi il governo Draghi ha chiuso: migliaia di aziende hanno creduto nelle parole e nelle leggi del governo, hanno svolto lavori necessari di ammodernamento immobiliare, che aumenterà il valore degli immobili, si sono caricate di legittimi crediti fiscali pensando poi di cederli, pagando il dovuto, e riprendere la propria attività, e sono rimaste fregate. Non hanno sbagliato nulla, si sono solo fidate dello Stato, ma questo, in Italia, è un errore madornale. A un certo punto il Governo ha pensato di spendere troppo e ha chiuso i rubinetti della cessione del credito, e a rimanere fregate sono state le aziende. Ora il 47,2% delle aziende ha il proprio capitale congelato in crediti buoni, ma INCEDIBILI. Quali la metà delle aziende è congelata, non riuscirà a svolgere lavori prima di aver recuperato questo credito e rimarrà tale per anni o fallirà. 

Eppure, come abbiamo scritto più volte, la soluzione sarebbe stata semplice. contingentare i crediti e i lavori relativi, in più anni, evitando così picchi dei prezzi e favorendo la programmazione aziendale. Però sembrava chiedere troppo ad un governo alla cui guida dovrebbe esserci un esperto economista…

 


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