Attualità
SOMMARIO DI FINE ANNO TRA TTIP E GRECIA: IN ATTESA DEL “RISVEGLIO CULTURALE”
Post da Orizzonte48, blog di cui raccomandiamo la lettura
A tutti i lettori faccio gli auguri per un 2015 di cambiamenti positivi.
E mi potrei fermare qui: non c’è altro che il wishful thinking per avvalorare questa prospettiva.
Tutto, ma proprio tutto, ciò che ostacola un ritorno del benessere e della democrazia in Italia è ancora saldamente lì, avvolgendo ogni aspetto dal pubblico dibattito, attraverso un’informazione monoliticamente votata a diffondere idee e soluzioni che possono solo finire di distruggere il Paese.
Sarebbe persino inutile, in questa sede, ripercorrere le analisi che abbiamo cercato di offrirvi per smascherare di questa orripilante ed opprimente cappa di livore, autorazzismo e malafede mista a irremovibile ignoranza.
Oggi l’attenzione è calamitata dalla vicenda greca: tra cancellazione del debito (non ben precisata), moratoria del pagamento degli interessi e “piano di ricostruzione nazionale” (cioè di immediato allargamento della spesa pubblica e di sgravio fiscale, per assistere i vari debitori disperati), da applicare in attesa che la trattativa sul debito giunga a buon fine, il programma Siryza ci pare nulla più che un libro dei sogni, senza particolare preoccupazione di mostrarsi attendibile.
Chiunque sia al governo in Grecia, – e qualunque politica economico-fiscale intenda seguire-, infatti, deve finanziare un deficit ed un debito pubblico (inteso come onere degli interessi che vanno a comporre tale deficit) che non lasciano scampo, e che implicano un ricorso ai creditori di ultima istanza; cioè a coloro che, in sostituzione dei “mercati” – i quali esigerebbero rendimenti immediatamente insostenibili-, concedono la provvista monetaria per mandare avanti la baracca (di quel che rimane) di uno Stato, in cambio di pesantissime condizionalità.
(http://frontediliberazionedaibanchieri.it/2014/07/il-discorso-di-pericle-l-ateniese-ai-troikani-bce-ue-fmi.html.
Un saluto e un augurio a Maurizio Gustinicchi…)
L’accettazione di queste condizionalità, contestualmente alla concessione del credito, è quindi l’oggetto di un accordo: ora Tsipras, ove vincesse le elezioni, non intenderebbe più rispettare tale accordo (o serie di accordi).
Come al solito, dobbiamo rammentare che uno Stato indebitato e sull’orlo di un’insolvenza è, per definizione, la parte debole di qualunque accordo coi creditori, diretti o indiretti.
Se tale parte debole vuole dunque mutare a proprio favore un trattato internazionale economico (perchè questo è l’accordo creditizio che intercorre tra uno Stato e istituzioni finanziarie internazionali come la trojka), le concrete speranze di riuscita sono pari a 0,00forse qualcosina.
L’alternativa al mancato accordo è il default unilaterale del debito pubblico e la conseguente preclusione di accesso ai mercati per un periodo proporzionale:
a) al tipo di “concordato” sul recovery rate che si dovrebbe poi necessariamente concludere coi creditori internazionali (soggetti finanziari privati e pubblici);
b) più ancora, al ripristino di affidabili condizioni di crescita economica del Paese interessato, ed in particolare al risanamento della sua posizione netta sull’estero.
Queste conseguenze e queste prospettive sarebbero realisticamente gestibili solo se la Grecia uscisse dall’euro e riacquistasse la propria sovranità monetaria (cioè il potere di stampare moneta secondo i bisogni e la quantità necessaria nell’apprezzamento delle sue istituzioni democratiche nazionali).
Siccome, Siryza esclude in partenza di uscire dall’euro, l’unica prospettiva realistica della sua strategia è un fallimento del tentativo di rinegoziare in posizione di parte debole e un poco dignitiso retromarcia sul “piano di ricostruzione nazionale“.
Anche perchè, come sappiamo, se si rimane dentro l’euro, l’austerità ha il preciso obiettivo (obbligato) di riequilibrio dei conti con l’estero e la strategia di Siryza non pare tenerne conto:
Non occorre neppure dilungarsi ulteriormente sulla questione greca.
Quello che ci interessava era, ancora una volta, porre l’attenzione sul fatto che, in Grecia come in Italia, non esista una rappresentanza politica della sovranità costituzionale.
La propaganda-grancassa mediatica ha stordito troppo a lungo la massa degli elettori perchè ci si renda conto che la Costituzione, coi suoi obiettivi e diritti non negoziabili, è già, ora e subito, l’unico argine efficace per respingere l’attacco €uropeo, che vuole distruggere le democrazie, la dignità dei lavoratori e le prospettive delle future generazioni, in tutti gli Stati coinvolti nell’euro.
L’unico auspicio residuale che possiamo fare, a fronte di questa tragica situazione, è che ci possa essere un RISVEGLIO CULTURALE. Magari da questo 2015.
E magari fino al punto da portare prima alla coscienza diffusa della legalità costituzionale come soluzione e poi alla nascita di una rappresentanza politica altrettanto consistente e duratura di questa coscienza.
Non abbiamo alternative.
Anche se ammettessimo che il TTIP è un “destino” inevitabile, nell’ennesimo “rilancio liberoscambista”, perpetuandosi “l’incubo internazionalista senza fine“, non dobbiamo dimenticare che QUALSIASI NEGOZIATO LASCIA UN MARGINE DI USCITA, E/O DI CONVENIENZA, SE CONDOTTO AVENDO DI MIRA I PRESUPPOSTI E I LIMITI PREVISTI DALLA COSTITUZIONE IN TEMA DI TRATTATI.
Ma ovviamente, anche questo modo – costituzionalmente legalitario– di condurre un negoziato (altrimenti disastroso e “tombale” per l’Italia), richiede che si recuperino le famose “risorse culturali“…
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