Attualità
Solidarietà alla tedesca: voi mandate le armi all’Ucraina, io in cambio vi mando dei rottami
La Germania si vanta di essere un paese che sta aiutando l’Ucraina con invii di armi. Oggi addirittura si vanta di aver mandato ben tre, dicasi tre, carri antiearei Gepard, dopo mesi di attesa. Però il cancelliere Scholz sembra un pesce nel barile, soprattutto quando si tratta di essere fedele alla parola data.
Spieghiamoci meglio: la Germania si è detta da mesi favorevole a una campagna non di consegna diretta di armi pesanti all’Ucraina, date sinora con il contagocce, ma di “Sostituzione” delle armi fornite dai paesi dell’ex blocco sovietico, con la scusa che queste, già in uso all’Ucraina, sarebbero state più utili. Con questa politica Slovacchia, Repubbliche baltiche, Cechia e soprattutto Polonia hanno inviato grosse quantità di armi pesanti e anti-aeree. In questo invio hanno avuto un ruolo attivo anche altri paesi NATO, come Paesi Bassi e USA, che, ad esempio, hanno inviato batterie Patriot in Slovacchia.
La Germania aveva promesso di sostituire i T 72 polacchi con Leopard 2A4, già in uso a Varsavia, peccato che poi questa promessa si sia rivelata ingannevole: prima non ha mandato proprio niente, accampando come scusa che i polacchi avrebbero chiesto le versioni più aggiornate del carro non la vecchiotta A4. Quando poi il ministro degli esteri polacco, Mariusz Blaszczak, ha smentito la notizia, affermando che a loro bastavano 44 carri della vecchia versione, già in uso, anzi in dismissione, dall’esercito tedesco. Allora il ministro della difesa tedesco Christine Lambrecht ha offerto 20 carri, ma in condizioni talmente cattive da essere inutilizzabili e necessitare un anno di lavori per poter entrare in servizio. Praticamente dei rottami che si trovavano dallo sfasciacarrozze.
La situazione sta svoltando verso il ridicolo e la CDU minaccia di portare tutto in parlamento. Non si capisce se questa situazione sia dovuta al naturale doppiogiochismo della SPD o alla totale inefficienza della macchina militare e dell’industria tedesca. Comunque una cosa è sicura: l’affidabilità di Berlino ne esce fortemente offuscata proprio mentre richiede uno sforzo di solidarietà sull’energia agli altri paesi.
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