Politica
A CHE SERVIRA’ LA MORTE DEL PILOTA
Coloro che agiscono in nome dello Stato Islamico hanno bruciato vivo il pilota d’aereo militare giordano che avevano catturato. Dal punto di vista umano, è inutile fare commenti. Dunque saltiamo le manifestazioni di indignazione ed esaminiamo l’episodio dal punto di vista bellico e politico.
Suscitando l’orrore del mondo, i tagliagole dell’Isis si credono forti. Vogliono incutere terrore, dando quasi la sensazione che ciò che hanno fatto ad un loro prigioniero potrebbero poi farlo a tutti, ma il loro punto di vista è simile a quello dei bambini che cercano di prendere a calci gli adulti. I piccoli lo fanno perché – sulla base delle precedenti esperienze – sono certi che l’aggredito non risponderà con un calcio “da adulto”. Gli assassini dell’Isis sembrano credere che soltanto loro siano capaci di essere crudeli e che gli altri non oserebbero mai esserlo altrettanto. Non soltanto dimenticano che tutti gli uomini sono capaci del peggio, anche quelli che non lo sanno (la famosa “banalità del male” di Hannah Arendt) ma che, se in guerra ci si trattiene dal commettere azioni atroci, è per evitare che il nemico si comporti nello stesso modo. In questo caso c’è l’aggravante che i sostenitori dell’Isis abbiano votato via internet per quel crimine orrendo. Ciò rende colpevoli anche i civili. Con conseguenze che potrebbero essere tremende.
Nella Prima Guerra Mondiale, chi ebbe l’idea dei gas probabilmente pensava a quanti nemici avrebbe ucciso senza che i soldati della sua parte pagassero alcun prezzo. Poi invece si vide che anche la controparte poteva servirsi di quell’arma orribile, e che il vento, cambiando direzione, uccideva addirittura i soldati che l’avevano usata. Dunque si rinunciò ai gas non per umanità ma per non pagare lo scotto di subirne le conseguenze. Nello stesso modo i fanatici dell’Isis dovrebbero immaginare che le parti che hanno subito le loro nefandezze ne prendono buona nota e pensano di restituirle con gli interessi.
Se ancora l’Isis fosse uno Stato tanto potente e tecnologicamente avanzato da non dover temere nessuno, la sua ferocia sarebbe certo inammissibile ma potrebbe rimanere impunita. Invece, scontrandosi con un esercito serio, le sue bande di facinorosi criminali sarebbero spazzate via come mosche, e sterminate con la più totale indifferenza. Che corrano questo rischio è assolutamente vero. Basta vedere chi potrebbero domani trovarsi di fronte. Nella guerra contro l’Iraq, l’esercito iraniano mandava avanti i bambini affinché saltassero (e morissero) sulle mine, in modo che sopravvivessero i soldati che li seguivano e che erano più utili per vincere la battaglia. Come credono che reagirebbe un Paese che ha questo rispetto per la vita umana, se poi volesse sterminare i terroristi a migliaia, senza fare prigionieri, magari trasformandoli in torce umane col napalm, dopo che essi hanno bruciato vivo uno dei loro?
La barbarie è comune a tutti, ma quella degli Stati raggiunge picchi industriali. Senza ricordare la Shoah, basta porsi il problema di Hiroshima. Per l’uso della bomba atomica la giustificazione fu duplice. Da un lato, visto che i giapponesi erano disposti a morire fino all’ultimo pur di difendere il loro territorio, anche senza avere nessuna speranza di evitare l’inevitabile, si trattò di non pagare con decine di migliaia di morti una vittoria che tecnicamente era già stata conseguita. Dall’altro, uccidendo magari centomila persone innocenti in un solo colpo, si evitava di uccidere un milione di altri giapponesi pur di costringere Tokyo alla resa. Ma, se il Giappone fosse stato in possesso della bomba atomica, gli americani avrebbero sganciato le bombe su Hiroshima e Nagasaki?
Ecco l’errore dell’Isis. La tecnologia di cui si servono per ottenere i grandi titoli dei giornali è costituita da qualche coltello, da qualche pietra e ora da qualche fiammifero. La Giordania, ad ogni buon conto, dopo anni di clemenza, ha impiccato la donna di cui l’Isis aveva chiesto il rilascio, e per far buon peso qualche altro terrorista. E andrà bene, a questi amici dell’isis, se non saranno bruciati vivi. Non ci si può neppure contare. Quando la guerra si incattivisce, nessuno confessa le atrocità che commette. Magari rincarando la dose, per punire gli avversari, anche a spese degli innocenti.
Alle Convenzioni di Ginevra non sono giunte nazioni europee imbelli, ma nazioni che per secoli si erano fatta la guerra assolutamente senza alcuna delicatezza. Ora i furbastri dell’Isis credono di poter prescindere dalle regole, e non capiscono che se altri le hanno accettate è stato per evitare il peggio a proprio danno. Con i rilanci delle efferatezze perdono tutti.
L’Isis finirà con l’imparare un po’ di storia. Lo farà con l’esperienza. Soprattutto dal momento che dall’altra parte non avrà soltanto i compatrioti di Florence Nightingale, ma dei musulmani mediorientali arrabbiati e assetati di vendetta. Buon divertimento.
Gianni Pardo, [email protected]
4 febbraio 2015
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